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Controcopertin: Il racconto dei giorni di Marino, in Sri Lanka

Scritto da : Elena Maestrini
Pubblicato in data : venerdì, 31 dicembre 2004

Mercoledì 15 dicembre 2004 Mihiripenna, Unawatuna, Galle, Sri Lanka La capanna è sul mare. Incredibile posizione, di fronte alla spiaggia e ad un gruppo di rocce di basalto nerissime. Siamo arrivati il giorno 9 a Colombo ed è già passata una settimana. Dopo aver visto Unawatuna e Mirissa, la soluzione più bella e che ci è piaciuta di più è la capanna di Amal. Irene qui ha conosciuto Harschi, la bambina di una famiglia che vive vicino alla strada. E’ molto bella e molto affettuosa. Il posto, per ora e almeno per qualche anno è bellissimo. I prezzi sono contenuti, si mangia bene ed il mare è cristallino. Ancora per qualche anno perché tra poco il turismo finirà la sua opera, già ora è pieno di europei, anche molti italiani che si stabiliscono qui, un po’ come all’Elba, ma la cosa più grave è che si costruiscono assurdi complessi come in tanta parte del mondo, completamente avulsi dalla realtà che li circonda. E qui lo spazio oltre la strada è molto, molto diverso. Duro e difficile. Giovedì 30 dicembre 2004 Portoferraio, isola d’Elba Harschi è rimasta là con tutti gli altri, viva spero, per vivere la sua tragedia. Aspettavano tutti la luna piena perché avrebbe portato finalmente le giornate limpide che quest’anno non volevano arrivare. La luna è arrivata finalmente la notte di Natale e alle 5.00 del mattino risplendeva serena nel cielo sereno sopra le verdi colline di Kandy, almeno così io la vedevo. Dopo poche ore questa splendida poya, che per loro è grande festa, avrebbe portato con sé una delle più grandi catastrofi della storia. Erano giorni, da quando eravamo arrivati il 9 dicembre a Galawella, che regolarmente ogni pomeriggio verso le cinque pioveva; situazione insolita, perché qui a sud-ovest il monsone è presente fino a febbraio e poi comincia il tempo sereno, che quest’anno non voleva iniziare. Siamo partiti una calda e chiara mattina da Mihiripenna, abbiamo lasciato lì i nostri amici italiani, e un pezzo di cuore per tutta la famiglia di Harschi, Ranga, Amal, e Prianta con le piccole Taruschi e Harusci della quale abbiamo festeggiato il compleanno domenica 19; avevamo vissuto con loro più di 20 giorni, avevamo imparato a conoscerli e ad amarli, ci sentivamo a casa. Harschi viene nella nostra capanna ogni giorno, presto, verso le otto, non vede l’ora di stare con noi e con Irene, fa colazione con noi e poi via a giocare nella straordinaria piscina che la barriera corallina ha regalato qui a Mihiripenna. Erano tanti anni che volevamo venire e per un motivo o all’altro avevamo sempre rimandato, erano anni che volevamo costruire un progetto di pace e solideriatà per questa straordinaria terra e bellissima gente. Venerdì 17 siamo andati con Amal a visitare due orfanotrofi situati nell’interno a Kutulampitja (a pochi chilometri da Galle). Il primo oltre che di bambini, quasi 60, traboccava di soldi. Un facoltoso signore austriaco è riuscito a costruire una rete di centri di ospitalità dove i bambini possono vivere fino a 18 anni, studiano e iniziano a imparare un mestiere, alcuni hanno i genitori ma rimangono qui perché le famiglie sono povere. La cose sono molto diverse nell’altro, quello governativo. Più di 50 bambini, il più piccolo ha appena una settimana ed è stato trovato il giorno prima in una strada periferica di Galle. Quelli molto piccoli sono una ventina, gli altri sono più grandi, fino a 10 anni. Grandi stanze buie dove giocano e dormono. Odori forti di povertà e miseria. Ma loro sorridono ti prendono per mano, ti interrogano con lo sguardo, alcuni piangono. Chiediamo in cingalese -grazie alla presenza di Amal-, cosa possiamo fare, che vorremmo impegnarci insieme a loro per migliorare la condizione dei bambini. Ci rispondono che da oggi non hanno più sapone per lavarli e per lavare i loro vestiti, non possono comprarne perché non hanno più soldi, hanno già esaurito i fondi che il governo assegna loro ogni mese, lì hanno spesi tutti per il cibo, e regolarmente come succede alla fine di ogni mese, non possono più comprare saponi, vestiti, medicine. Siamo andati con Amal nel negozio vicino ed ho pensato: “cavolo ho solo 2.000 rupie”; ma i soldi sono avanzati abbiamo comprato una grande quantità di sapone per panni, sapone per bambini, creme, abbiamo preso tutto quello che c’era nel negozio solo con 15 euro abbiamo risolto il problema per almeno 15 giorni. Una delle donne che lavora lì da 28 anni ci ha detto “It’s a good things”. Ho pensato insieme ad Amal che manderemo regolarmente un po’ di soldi in fondo al mese così lui potrà comprare quello che serve ai bambini. Abbiamo chiesto anche se i bambini vengono adottati e ci hanno risposto che da un paio d’anni hanno sospeso tutte le pratiche perché si sono resi conto che il 90% erano adozioni fasulle e i bambini venivano utilizzati per il commercio degli organi. Un primo contatto positivo, l’inizio, abbiamo sperato, di una storia per aiutare i bambini. Qui l’onda furiosa non è arrivata, e sicuramente da quel triste giorno dello tsunami avranno ancora più bisogno di noi. Qualche giorno dopo siamo andati a casa di Prianta, sua figlia compiva il primo anno; grande festa e lui era orgoglioso di averci come ospiti. Abbiamo lasciato lì anche alcuni amici italiani, insieme a tutti loro, in quella chiara giornata di sole. La mattina del 23 mi sono svegliato presto ed ho visto sorgere il sole sull’acqua cristallina dell’oceano. Dopo poche ore avremmo dovuto partire, lasciare questo posto magico. E’ venuta Harschi ed abbiamo fatto insieme l’ultimo bagno, ci ha voluto in acqua tutti insieme chiamandoci mama e papa. Li abbiamo lasciati lì, sulla porta del villaggio illuminati dalla luce avvolgente dei tropici, con la promessa di tornare e con la promessa di Harsci che sarebbe venuta con noi per qualche settimana il prossimo anno sulla nostra isola. Ho trattenuto a stento le lacrime quanto ho salutato Amal e lui mi ha detto “ciao amico”. Avremmo voluto restare ancora qualche giorno con loro, ma ormai il programma era fatto e mancavano solo cinque giorni alla partenza per l’Italia. Il 26 mattina eravamo a Kandy, antica capitale nel centro dell’isola. Verso le otto Ombretta ha avvertito una vibrazione alla porta della finestra, abbiamo pensato ai lavori vicino, ma poi abbiamo sentito tutte e due un chiaro movimento, una vibrazione che è durata alcuni secondi. Molte cose ci sono venute in mente, ma non avremmo mai pensato alla catastrofe. La tarda mattinata verso le 13.00 sono arrivate le prime notizie che parlavano di alluvione nella costa est con almeno 500 morti, ma piano piano la situazione si andava delineando drammaticamente. Il 28 mattina siamo partiti alla volta di Colombo, e in aeroporto abbiamo rivisto molti volti incontrati al sud, molti italiani e abbiamo vissuto molte storie attraverso i loro racconti. Negli occhi avevamo le spiagge dorate, i luoghi splendidi e i racconti ci dicevamo che non c’erano più. Ora pensiamo a come essere utili, pensiamo a far venire, attraverso le ambasciate, i governi, le associazioni in Italia, in famiglia, i bambini rimasti soli, almeno per qualche tempo prima che le epidemie facciano altri morti Li cercheremo ancora, sperando di risentire la loro voce e di riabbracciarli, sperando che abbiano avuto un pizzico di fortuna in più, in questo triste momento di morte.


tsunami bimbo

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