LEGAMBIENTE Arcipelago Toscano stanzia 400 euro per interventi immediati nei paesi asiatici colpiti dal Maremoto e aderisce all’appello per un Capodanno senza botti. “le casse del nostro circolo sono da sempre magre – dice Umberto Mazzantini, portavoce di LEGAMBIENTE Arcipelago Toscano – ma davanti ad una tragedia così grande, di fronte alla sofferenza di tanta povera umanità, anche per vincere il senso di impotenza che coglie molti di noi, sentiamo il bisogno di fare qualcosa di concreto e dare quel che possiamo: una piccola goccia di 400 euro per azioni immediate, anzi per le cose più urgenti che servano a non perdere altre vite. Per questo invieremo il nostro contributo a Medici Senza Frontiere che sta già operando nei luoghi della catastrofe”. LEGAMBIENTE invita tutti i soci e i cittadini a contribuire con una donazione a Medici Senza Frontiere: § Donazioni on line con carta di credito: www.medicisenzafrontiere.it § ccp 87486007 (Causale "MAREMOTO IN ASIA") § Banca Popolare Etica: c/c 000000115000 ABI: 05018 CAB: 12100 CIN: B, Agenzia Unica (Causale "MAREMOTO IN ASIA") § Numero verde: 800 99 66 55 LEGAMBIENTE Arcipelago Toscano invita anche cittadini ed istituzioni ad aderire all’appello partito dal quotidiano xml:namespace prefix = st1 ns = "urn:schemas-microsoft-com:office:smarttags" / La Repubblica (che si allega) per un Capodanno senza botti, un silenzio per condividere. Un’iniziativa già raccolta da molti Comuni italiani che non faranno botti e fuochi d’artificio in segno di rispetto e di condivisione del lutto e del dolore di tanti esseri umani. Capodanno senza botti, un silenzio per condividere In un mondo sempre più globale, quello che è successo ci tocca da vicino. E la festa non può trascorrere come se niente fosse Ci sono momenti in cui il silenzio è una necessità più che un dovere. Momenti in cui non si può chiudere il mondo dietro la porta di casa, lui là fuori, noi qui dentro a festeggiare. Perché questo non è un Capodanno come gli altri. Il mondo, fuori, ci è entrato in casa senza bussare: è così che fa, quando la gente muore. Il mondo sfonda la porta, ci mette davanti agli occhi le tremende fotografie dei giornali, le strazianti immagini della televisione. Non è possibile restare indifferenti a quel mondo che bussa e muore, magari con una bottiglia di spumante in mano e un petardo nell'altra. Non si tratta di retorica, né di astratta carità mentale. La necessità del silenzio, come momento di riflessione sulla nostra storia e sul nostro destino di uomini - che in un attimo può trasformarsi nel destino di tutti e viceversa (il destino è capriccioso e non si cura dell'indifferenza) - riguarda chiunque abbia occhi e cuore. E allora pensiamo che stavolta sia giusto non fare rumore, non festeggiare il nuovo anno con i botti e i fuochi: sarebbe come urlare in presenza di chi soffre. Condividere un dolore non vuol dire diventare tristi, ma rispettare quel dolore e chi lo sta vivendo. Anche se si trova dall'altra parte del mondo: e poi, la tragedia del Sudest asiatico ci ha spiegato che il mondo è diventato proprio piccolo, e che lo si percorre in un attimo. Può accadere di essere turisti in vacanza esotica, e in un istante trasformarsi in vittime o testimoni di un cataclisma. Dunque, il silenzio di Capodanno è anche un modo per riflettere su di noi, non solo per essere un po' più vicini a "loro", ai lontani, agli sventurati. Una festa senza fuochi (che, tra parentesi, ogni anno mozzano mani e oscurano occhi, di bambini e ragazzi soprattutto) è un segno di profonda umanità, di semplice ma vissuta partecipazione. Aspettare il secondo che fa scoccare il nuovo anno, e pensare che chi sta male non è solo: proviamoci, stavolta. Sarà una maniera, anche, per augurarci di non essere soli quando potrebbe toccare a noi star male. Si parla tanto di globalizzazione e di confini più vicini, in questa nostra inquieta modernità, e così viviamo nel mondo che aspetta il nuovo anno. Proviamo a farlo nel silenzio e nel rispetto del dolore, così anche il nostro pensiero potrà essere un po' più globale, se riuscirà a occuparsi dell'uomo. Cioè gli altri, cioè noi.
Patong Tsunami