La denuncia di Legambiente sulle scorribande delle moto da cross nei sentieri e nelle piste dell’Elba, e in particolare entro il territorio protetto dal Parco Nazionale, è un malcostume. Così giudicato dalle Istituzioni e dalla stragrande maggioranza dell’ opinione pubblica. L’Ente Parco ha dovuto combattere, fino dalla sua istituzione, contro questo “uso illegale“ del territorio protetto, particolarmente espletato nelle zone di Calamita e del Capanne. Un uso illegale, accompagnato da non secondari costi economici e sociali. Sentieri appena ripristinati con molto lavoro ed ingenti spese, gravemente compromessi dal transito delle moto; escursionisti giustamente “ infastiditi” dal rumore e talora, per esperienza vissuta, a rischio di incidente; disturbo sugli animali e danneggiamenti alla vegetazione; dannosi effetti ambientali dei gas di scarico. Chiaramente non si tratta di criminalizzare uno sport e tutti coloro che lo esercitano, bensì di regolare il suo esercizio nei modi e nei luoghi idonei. Il problema riveste un carattere culturale, e come tutti i problemi culturali comporta tempi lungi, chiarezza e determinazione amministrativa e la consapevolezza che la guardia non deve essere abbassata. Al tempo vennero promosse campagne di comunicazione; incisive azioni nei confronti, sia di alcune organizzazioni che promuovevano e pubblicizzavano la frequentazione dell’Elba per attività di motocross, sia degli Enti locali per una adeguata iniziativa amministrativa in una materia,quale è la classificazione della viabilità secondaria, dalle numerose incertezze e viscosità normative. Questo, accompagnato dalla messa in posto della cartellonistica del Parco dove erano bene evidenti le attività vietate, ivi compresa quella di motocross, nonché da un’azione a “tolleranza zero“ contro i trasgressori, espletata dalle forze dell’ordine ed in particolare dal CTA-CFS. Venne anche analizzata l’opportunità di posizionare dei “dissuasori“. Un’ipotesi abbandonata essendo stato evidenziato, e probabilmente con ragione, che nel caso in questione i “dissuasori “si sarebbero presto trasformati in “attrattori”. Ora il problema riemerge ed è indubbio che, come sollecitato, la denuncia circostanziata e pubblicizzata dei cittadini, anche se direttamente non può portare ad effetti sanzionatori, rappresenta un potente mezzo sociale affinché il malcostume sia contenuto nei suoi limiti fisiologici, che in tanti auspichiamo siano sempre più bassi.
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