Roberto Peria ha affermato recentemente che i destini di questa amministrazione comunale portoferraiese sono legati, come spesso accaduto in passato, alla capacità di rispondere alle esigenze di quella parte della popolazione che ha la necessità (più o meno giustificata) di edificare. Il Sindaco ha ragione ma insieme concordiamo che la Città non possa però permettersi che il dibattito politico e l'azione amministrativa siano eccessivamente assorbite dalla vicenda degli strumenti urbanistici. E posso testimoniare come il Primo Cittadino sia coerente con quest'idea nel suo agire quotidiano come capo dell'Amministrazione. E'innegabile però che nei fatti troppo tempo, troppe energie e troppa concentrazione vengano destinate al passato, presente e futuro delle norme urbanistiche. Portoferraio intanto vive ancora il dramma di coloro che non possono permettersi gli affitti del libero mercato impazzito della casa (compresi coloro che vivono nel ghetto dei prefabbricati degli Orti). Oltre duecento famiglie risultano nella graduatoria per l'assegnazione di un alloggio pubblico. Tanti anziani vivono il dramma di pensioni da fame e di un assistenza domiciliare ridotta ai minimi termini. Le nostre vie sono veri colabrodi. L'illuminazione pubblica, nonostante il milionario appalto a privati, è alquanto malconcia. I nostri bambini che utilizzano gli scuolabus comunali sono costretti a “levatacce” terribili per colpa di un servizio inefficiente. Il cinema è chiuso ed in biblioteca ci sono più dipendenti comunali che lettori. Ed alla Cala dei Frati per adesso ci si va solo a nuoto. I cassonetti non vengono lavati da anni (si, da anni, non è un modo di dire). L'ufficio anagrafe ha una sede semplicemente indecente. Questo e molto altro rappresenta l'eredità di tanti anni (ben più di cinque...) di malgoverno della città ad opera di amministrazioni che avevano perso di vista i bisogni reali dei cittadini. Questo e molto altro è il quotidiano terreno di impegno della nuova giunta,di noi assessori e dei consiglieri delegati che, spronati dal buon Peria, passiamo le giornate in Comune a cercare di raddrizzare la rotta di un ente distrutto. Sono ormai cinque mesi che governiamo questa Città. Potrà sembrare che i risultati del nostro agire siano per adesso scadenti. In realtà ritengo che sia stato raggiunto il più importante degli obbiettivi: oggi in Comune la legalità è norma quotidiana, imprescindibile e condivisa dell'azione amministrativa. E' la normalità, appunto. Nessuno più pensa o agisce al di fuori delle regole. Nessun cittadino ha più diritti degli altri. Stasera, martedì, in Consiglio comunale si è parlato ancora di urbanistica. Per oltre due ore tutti -Sindaco,assessori,consiglieri di maggioranza e di opposizione, pubblico e giornalisti- abbiamo seguito concentrati e preoccupati il dibattito. E' stato giusto e necessario. Ma esaurito l'argomento in questione, l'ordine del giorno prevedeva l'esame e l'approvazione di un documento politico riguardante la lotta alla mafia ed alla criminalità organizzata (in particolare le norme sull'utilizzo dei beni confiscati), proposto dal mondo del volontariato e che molti comuni italiani hanno già fatto proprio. Un atto importante e dal grande contenuto politico su un argomento, quello della lotta alle organizzazioni mafiose, che è oggi più che mai al centro della cronaca italiana. Ma l'Assessore Truglio ha faticato non poco a terminare il suo intervento di presentazione, costretta per due volte a fermarsi ed a richiamre i colleghi se non all'attenzione almeno a non disturbare chi stava parlando. I giornalisti erano scomparsi e molti Consiglieri erano usciti dall'aula. Quando l'assessore ha terminato ho chiesto la parola ed ho espresso il mio assoluto disappunto sull'improvviso calo di attenzione dell'intero Consiglio al termine del dibattito sull'urbanistica. Dopo tutto quello che la nostra Città e l'intera Isola hanno passato nei mesi scorsi, pensavo che il tema della legalità dovesse essere affrontato dai consiglieri almeno con la stessa passione delle disquisizioni sull' “indice zero-zero-tre” o sul fatidico “articolo sessanta”. Abbiamo visto (noi ed i nostri figli) amici, conoscenti o avversari politici portati via in manette dalle sgommanti auto della Finanza o dalle austere gazzelle dei Carabinieri. Abbiamo visto un'economia pubblica distrutta dal malgoverno, così come un'economia privata falsata dai rapporti affari-politica. Un periodo pesante della storia isolana che non è certo finito con gli arresti di giugno. Le infiltrazioni di soggetti alquanto “sospetti” sfuggono soltanto ormai ai più distratti (o che fanno finta di esserlo). Eppure ha regnato il disinteresse verso il tema “legalità”. Stanchezza o non stanchezza, l'attenzione dei rappresentanti eletti dai Cittadini doveva salire, non diminuire. E tutto il Consiglio, come istituzione, non ha fatto una bella figura. Mi sono permesso di farlo notare, certamente in maniera accalorata (faccio politica per passione, può succedere) e mi sono sentito accusare “a due voci” dai consiglieri Scelza e Fratti - frettolosamente rientrati in aula - di essere “salito in cattedra” a dare lezioni agli altri sull'etica della politica. Se la sono presa particolarmente loro due. Io non ho accusato nessuno. Anzi, come membro del Consiglio comunale mi sono sentito corresponsabile di quanto accaduto. La figuraccia l'abbiamo fatta tutti insieme. Tutti dobbiamo riflettere sull'accaduto. Niente di grave, ma un sintomo lieve in una situazione oggi finalmente sana, deve essere affrontato subito. Per non tornare al passato. Non capisco pertanto l'attacco durissimo e scomposto che ho dovuto subire, con toni inquietanti e che lasciavano trasparire forse qualche ruggine dei mesi antecedenti la campagna elettorale. Ruggini non mie. Con l'amico Alberto, dal quale pur tanto mi divide, ci siamo facilmente spiegati. Peria ha calmato gli animi (il mio era sinceramente più tranquillo di quello di Scelza e Fratti) e l'episodio è finito così. Ma resta il problema: la nostra collettività non riesce ad affrontare il tema della legalità in maniera “normale”. Tutti, proprio tutti, dobbiamo riflettere. Se esprimere questa considerazione vuol dire “salire in cattedra”...... caro Scelza e caro Alberto credo proprio di no.
palmieri daniele testina