Quanti di noi ricordano, quando erano ragazzi non ancora maggiorenni o non ancora autonomi economicamente, di essersi fatti “scorrazzare” dalle macchine degli amici più grandi o più benestanti? Io lo ricordo bene, più volte sono salita dietro ad una moto o in un auto, perché così potevo andare a divertirmi in un posto diverso, più lontano da dove abitavo e con la giusta compagnia. E’ stato quindi facile per i tre ragazzi dispersi in mare, partiti dall’isola di Capraia, trovarsi insieme e salire sul gommone dell’amico più grande…, ma quando sali a bordo di un natante e ti spingi in mare aperto non devi tenere conto solo di chi guida, quando sali su un auto o su una moto se il motore fa i capricci, o c’è mal tempo, ci si ferma, si aspetta o si telefona a qualcuno che ci dia una mano, basta rimanere fermi ad aspettare con in mano un telefonino. Quando sei in mezzo al mare però se ti accade un problema, appena si spenge il motore, non puoi rimanere fermo, perché il mare, le onde, continuano a spingerti lentamente ed inesorabilmente anche dove non vorresti. Se per giunta imbarchi acqua, il telefonino non prende perché sei in una zona d’ombra o perché si è bagnato, e non hai l’attrezzatura per far fronte ad una emergenza e chiamare aiuto sei veramente in un gran “casino”. Per i ragazzi che risiedono in un isola dove il traghetto arriva una volta al giorno e fa una sola rotta, l’unico mezzo di trasporto per arrivare in un posto diverso da quello in cui vivi è con una barca, o con un gommone. Di posti belli ce ne sono dove andare, da Capraia in un’ora arrivi in Corsica, se aggiungi un’altra mezzora sei all’Elba, e ancora con un’altra mezzora sei sulla costa Livornese; proprio per questo è nata da pochi anni una Marina nel porticciolo dell’isola, organizzata per l’accoglienza del diportista che da sempre viene numeroso. I residenti a maggior ragione, hanno sempre percorso queste strade del mare, sia d’estate che d’inverno. Chiunque possieda un natante, vivendo in un isola così piccola, almeno una volta nella propria vita ha voluto o dovuto percorrere le tre diverse rotte. Perché allora questi tre ragazzi, sono voluti partire ad ottobre, sapendo che dopo poco avrebbe fatto buio, con un mare ancora buono, ma che minacciava di peggiorare, con un gommone non più in ottimo stato? Forse è stata inesperienza? No, Giovanni e Tommaso sapevano, conoscevano bene quel tratto di costa e non solo quello. Una ragazzata? No, le ragazzate si fanno quando si è incoscienti del pericolo e loro lo sapevano. Forse l’abitudine? Non so se a qualcuno di voi è mai successo, cioè di percorrere una strada molte volte anche in auto o in moto, e di ricordare di essere partito, e poi più niente, fino a che arrivi e, solo in quel momento, ti rendi conto che hai percorso quel tratto di strada senza aver prestato attenzione a niente a nessuno immerso chissà in quale pensieri…Forse è andata così, forse il solo pensiero di questi tre ragazzi è stato quello di arrivare a Marina di Sisco il prima possibile per potersi divertire con i propri amici e non hanno pensato ad altro a quelle voci che hanno incontrato prima di partire e che non sono riusciti ad ascoltare.
Capraia refola di vento