Torna indietro

Controcopertina: Trasporto Marittimo e santuario dei Cetacei (2)

Scritto da : Sergio Rossi
Pubblicato in data : martedì, 20 marzo 2012

Il Mediterraneo è una via di grande traffico marittimo. Nel 2006 (dati del REMPEC, www.rempec.org) circa 10.000 navi, principalmente di grandi dimensioni, hanno attraversato il nostro bacino in rotta per destinazioni al di fuori di esso. Le navi commerciali in transito attraverso il Mediterraneo sono sempre piu’ grandi (in media 50.000 DWT-tonnellate di portata lorda, una dimensione media tre volte maggiore di quella che operano all’interno del bacino). Tale volume di carico totale che attraversa il Mar Mediterraneo è in aumento costante negli ultimi 10 anni e si prevede un aumento di un ulteriore 18 per cento nei prossimi 10 anni. Inoltre, negli ultimi dieci anni le navi battenti bandiera di Stati che si affacciano nel Mediterraneo hanno rappresentato dal 40 al 45 per cento delle navi operanti all'interno o attraverso il Mediterraneo. Quasi l'80 per cento delle navi in transito attraverso il Mediterraneo sono registrate con una bandiera non-mediterranea. Il Mar Mediterraneo, tra lo stretto di Gibilterra sul lato ovest e il Canale di Suez e lo stretto di Bosforo sul lato est, è tra le aree di attività marittima più trafficate del mondo. Ci sono 480 porti e terminal nel Mediterraneo, quasi la metà delle quali si trovano in Grecia e in Italia. Nè è pensabile ipotizzare un cambiamento nel modello di traffico marittimo, la cui densità è il risultato di una complessa interazione tra variabili economiche globali e nazionali: dimensioni delle navi e loro utilizzo, concorrenza tra strutture portuali ed interregionali, correlazione tra flussi di merci e tipi di navi etc. Una tale mole di traffico aumenta sensibilmente il rischio di incidenti con conseguenze anche gravi dal punto di vista ambientale, e il recente incidente della nave da crociera Costa Concordia ha tragicamente dimostrato che l’errore in mare può avere conseguenze gravi. La Convenzione MARPOL 73/78 (Marine Pollution) è una combinazione di 2 trattati del 1973 e del 1978 e governa le regolamentazioni internazionali con riferimento all’inquinamento marittimo legato alla navigazione. Essa è completata da due annessi obbligatori: l’Annesso 1 tratta specificatamente delle questioni dell’inquinamento da petrolio. Una nuova versione dell’Annesso 1 è entrata in vigore nel 2007, includendo le specifiche che obbligavano i doppi scapi obbligatori sulle petroliere dal 2010, cosi’ come specifiche dettagliate sulle attrezzature per il trattamento delle acque di sentina e sul limite di discarica di 15 parti per milione (ppm) di contenuto di petrolio nelle acque di sentina. Sin dai sui inizi nel 1973 la regolamentazione MARPOL includeva la identificazione delle cosiddette “Aree Speciali”, considerate particolarmente vulnerabili all’inquinamento da petrolio, nelle quali lo scarico di olii a mare di qualunque tipo è esplicitamente proibito. Queste aree includono il Mediterraneo, il Mar Nero, il Mar Baltico ed il Mar Rosso piu’ altre aree successivamente aggiunte quali le regioni intorno all’Antartide, il NordOvest dell’Europa e il Golfo di Oman, in cui le navi devono avere sistemi di contenimento di tutti gli scarichi prodotti, con sistemi di monitoraggio della percentuale di contenuto d’olio (entro le suddette 15 ppm). Purtroppo gli anni trascorsi da allora hanno evidenziato la riluttanza di molte nazioni a ratificare gli accordi MARPOL, e cioè ha posto per molto tempo una ulteriore minaccia alle aree vulnerabili, protette e di pregio ambientale Attualmente, è possibile classificare gli sversamenti di petrolio in mare in tre principali categorie: inquinamenti dovuti ad incidenti, sversamenti in aree portuali e canali navigabili, sversamenti illegali in mare, includendo in questi ultimi anche lo sversamento di liquidi di sentina o acque di zavorra. Gli sversamenti dovuti ad incidenti marini sono considerati come un evento che non si puo’ eliminare: essi continueranno ad accadere, anche se il loro numero è in continua diminuzione. Gli incidenti all’interno di porti, rade e canali possono essere provocati da molte cause, durante le operazioni di trasferimento di carburante, collisioni durante le fasi di manovra o di attracco. Le quantità di petrolio disperse a mare a seguito di sversamenti illeciti invece non ha gli effetti catastrofici del naufragio di una petroliera, per cui non è stato considerato come una delle priorità da parte dell’IMO. Negli ultimi anni pero’ essi sono stati oggetto di una attenzione crescente, anche perchè lo sviluppo delle tecnologie di monitoraggio ambientale ne permette una significativa riduzione. Il recente decreto Clini-Passera sull’allontanamento delle rotte dalle Aree Marine Protette produce come effetto immediato l’allontanamento delle rotte del traffico commerciale sia dalle Aree Marine Protette che dai Parchi costieri. Anche nel caso di una sua applicazione piu’ restrittiva, come richiesto da alcune associazioni ambientaliste, esso si scontra con i limiti della geografia del Mar Tirreno: una strettoia tra le due coste del Mediterraneo, da migliaia di anni soggette ad un intenso traffico marittimo, le cui rotte attraversano aree molto delicate al livello ambientale, e che non puo’ essere dislocato altrove. Una opportuna politica di compensazione delle ricadute di tale impatto antropico deve necessariamente contemplare l’istituzione di una rete estesa di Aree Marine Protette. Non esistono altre soluzioni. (2 - la precedente puntata è stata pubblicata su Elbareport il 7 marzo, 2012) Michele Cocco mcocco@elbalink.it twitter: @michelecocco_ http://michelecocco.blogspot.com/


Balena

Balena