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A Sciambere del Sopa, Pipa, Acta, Tppa, Fava

Scritto da : Elena Maestrini
Pubblicato in data : domenica, 12 febbraio 2012

SOPA, PIPA, ACTA, TPPA, FAVA cosa significano? Non quello che in molti abbiamo pensato, (almeno di pipa e fava). Questi, tutti acronimi a parte l'ultimo, altro non sono che i nomi di alcuni progetti legislativi, i primi due statunitensi, il terzo e quarto internazionali, e il quinto, per l’appunto FAVA, tutto italiano, che si propongono di salvaguardare i diritti d’autore dalla pirateria telematica. Detto così può sembrare corretto ma, dicono i critici, di fatto l’approvazione e l’applicazione di questi accordi si risolvono sostanzialmente in una grave limitazione delle libertà di informazione e di espressione da un lato e della privacy personale dall’altro. Di questi magnifici cinque quelli che ci riguardano, in quanto italiani e europei, più da vicino sono l’ACTA e il FAVA. Per il secondo possiamo dire che, essendo probabilmente nato male fin dal nome, è stato recentemente e fortunatamente bocciato dalla Camera. La norma che prende il nome dal firmatario, il leghista Fava, prevedeva che qualunque soggetto avrebbe potuto chiedere e ottenere da qualsivoglia provider la rimozione o l’inibizione all’accesso a informazioni che lo riguardavano. La sua approvazione avrebbe significato, nel nostro paese, la paralisi della rete, "FAVA NOMEN OMEN" potrebbe commentare quel fine latinista del Senatur Umberto Conrispettoparlando Bossi. L’ACTA (Anti-Counterfeiting Trade Agreement),è, come dice il nome, un accordo le cui finalità dichiarate si propongono di combattere la pirateria e la contraffazione commerciale con particolare attenzione a internet. La trattativa internazionale, in corso fin dal 2008 come fu denunciato a suo tempo da Wikileaks, è stata molto riservata fino a pochi mesi fa. Nel gennaio di quest’anno l’ACTA è stato siglato a Tokio da una quarantina di paesi, fra i quali 22 dei 27 stati della comunità europea. Il giorno antecedente la firma dell’accordo il relatore europeo, l’eurodeputato socialista francese kader Arif, si è dimesso lamentando la mancanza di trasparenza sui negoziati e affermando che «l'accordo pone problemi per l'impatto sulle libertà civili, per le responsabilità che si fanno gravare sui provider, per le conseguenze che avrà sulla fabbricazione di medicinali generici». Per diventare operativo l’accordo deve essere ratificato dai Parlamenti nazionali che lo hanno sottoscritto e dal Parlamento europeo. Al momento i parlamenti di Polonia, Repubblica Ceca e Germania, hanno sospeso la ratifica sull’onda delle manifestazioni di piazza che paventano la limitazione della libertà di espressione e l’introduzione di forme di censura inaccettabili. Gli oppositori sostengono inoltre che attraverso questo accordo si tenta di rafforzare il controllo sulla produzione di farmaci a basso costo e sull’ utilizzo di prodotti agricoli che le multinazionali stanno brevettando. Oggi, 11 febbraio, manifestazioni in questo senso si svolgono in molti paesi europei. Nello specifico si può dire che ciò che rende simili tutti questi tentativi di accordi internazionali è la volontà di bypassare la giustizia ordinaria (che già oggi può imporre la chiusura o l’oscuramento di un sito o la rimozione di contenuti contrari alla legge) rendendo legali forme di automatismi sanzionatori attivati da singoli individui o da società che intendono difendere i propri interessi, un embrione dunque di privatizzazione della giustizia.


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