Blitz di Elbareport al Puntale dell’Acquaviva

Continua lo scempio al Puntale dell’Acquaviva, il piazzaletto da cui si godeva uno dei panorami più suggestivi dell’Arcipelago è stato sbancato, svuotato, massacrato. Impossibile per chi ha anche un minimo di coscienza ambientale transitarci davanti e non essere colto da rabbia ed indignazione, a vedere quella voragine assurda,i trinceroni già cementificati, i nuovi buchi destinati ad accogliere le basi delle antenne per la telefonia mobile che saranno mascherate da un posticcio bandierume di cui nessun isolano che voglia definirsi tale, con un filo di dignità, intelligenza e sentimento può sentire bisogno. Ci arrampichiamo nella macchia sullo sperone soprastrada, fotografiamo quel cruento sbudellamento di pietre dall’alto, poi ci avviciniamo alla rete. Scambiamo qualche frase con l’autista che ha condotto qui la l’autobetoniera che scaricherà altro cemento nella fossa: è un elbano con la faccia pulita e conosciuta, prima tenta una specie di difesa d’ufficio: “Beh hanno detto che tutto tornerà come prima” Reprimiamo il: “Come prima un cazzo!” che ci verrebbe su dai visceri per opporre un ragionamento più pacato, e non ci mette molto anche lui ad approdare sulla spiaggia della razionalità, del senso comune: “Certo perché le abbiano piazzate proprio qui non lo capisco”. Ma quelli che lavorano oltre la rete non gradiscono molto la nostra presenza, avevano cominciato a far battute appena ci avevano visto avvicinare con la fotocamera. Uno di loro si avvicina con piglio deciso e ci dice in un italiano stentato, ma supportato da un tono di voce perentorio, che non possiamo fotografare: “Qui cantiere!!" Contestiamo che siamo all’esterno della recinzione e su un terreno pubblico e per la prima volta da quando lo abbiamo staccato, tiriamo fuori un tesserino con una foto molto più giovanile piazzandoglielo sotto il naso, facendogli capire che il nostro diritto di cronaca vale quanto il suo diritto di lavorare. Si calma, ma prova ugualmente a fare da paravento interponendo il suo corpo tra il nostro obiettivo e la buca; troppo tardi, le foto che ci interessavano le abbiamo già scattate. Possiamo fare ritorno ma in macchina non si chiacchiera e si scherza come al solito siamo ancora imbestialiti per quello che abbiamo visto, pensiamo alle casette dei gatti che trovavano rifugio lì da anni e che erano accuditi da molti portoferraiesi, ci viene da pensare che le fusa di un gatto non valgono un msg idiota: “Mi ami? Ma quanto mi ami?” Pensiamo che non si doveva barattare quel posto com’era pieno di odori colori e silenzio, e gatti con la tecnologica elettroinquinata piazzetta bandieruta. E ci veniva in mente quello che ci ha detto qualche giorno fa un amico: “in Corsica non succedeva .. una saponetta di tritolo e gliele facevano volare in mare, le antenne” e lo diceva ben sapedo quali sarebbero stati i nostri rispettivi ruoli nel disgraziato caso: il suo, quello di mettere al più presto le manette ai polsi del deprecabile tritolardo, il nostro, quello di ribadire che la violenza non è, comunque, una soluzione. Ed in ultimo ci chiedevamo i perché originari di questo scempio, perché siamo sempre più connessi e sempre meno comunicanti. Abbiamo risolto che lo stupro del Puntale e di altri siti italiani è solo funzionale agli interessi di industrie che elargiscono moneta a topone di plastica e pelatini compiacenti che rappresentano finte realtà dagli schermi TV nelle nostre case. Questo sconcio è funzionale agli interessi di quelli pronti a scucire briciole del loro profitto a qualche amministratore di mezza tacca che le investirà, appunto in fioriere e magnificazioni di una Giunta sempre più perdente, che, troppo preoccupata di compiacere alle lobby di potere, nazionali e locali, ha smarrito il senso della comunanza con i suoi cittadini e coi loro reali interessi, se mai ce l'ha avuto.

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