Che il ventennale della legge quadro dovesse essere una occasione da non perdere per una riflessione seria e attenta su quanto è accaduto nei due decenni e soprattutto su cosa ci aspetta oggi lo si è ampiamente riconosciuto da più parti. Ma si è notato subito che questo interesse rimaneva e rimane al momento circoscritto ad un ambito assai limitato per le troppe assenze specialmente politico-istituzionali. Assenze tanto più preoccupanti perché mai come in questa fase la vicenda dei parchi come quella di altri ambiti –vedi i bacini idrografici- incrocia e interseca scottanti questioni ambientali ma anche di riordino istituzionale le quali sono contrassegnate da uno stato di confusione come conferma il recente decreto sulle province. Anche per questo forse le prime iniziative celebrative del ventennale sembrano avere generalmente assolto più ad un doveroso adempimento che ad un effettivo impegno e sforzo volto a mettere finalmente a fuoco una situazione di crisi che non può più essere elusa nelle sue serie e molteplici implicazioni politiche, culturali e istituzionali. Un aspetto, infatti, colpisce di questi primi appuntamenti e cioè lo sforzo talvolta persino sconcertante sia nella scelta delle persone che degli argomenti per evitare con dei veri e propri slalom temi e aspetti più scabrosi ma ineludibili. Penso, ad esempio, ai commissariamenti che continuano tranquillamente senza che qualche voce si sia levata da parte degli stessi parchi per dire che ciò è scandaloso e certamente in contrasto con le più elementari regole istituzionali. Anzi vediamo commissari svolgere ruoli del tutto impropri e tanto più stonanti nel ventennale, mentre non ha brillato finora la presenza di presidenti ‘legittimi’ dei parchi regionali e nazionali. Abbiamo registrato più voci certo non estranee, ma che ad un compleanno non possono sostituire i familiari e i parenti più stretti. Mi sarà sfuggito ma non ho registrato, ad esempio, presenze di assessori regionali, comunali e provinciali che di parchi non solo si interessano ma fanno parte delle comunità dei parchi che dove ci sono i commissari sono tagliati fuori. Ma l’aspetto più sconcertante è che discutendo della legge che dopo 20 anni si dice da più parti è bene fargli un po’ –non tanta solo un po’- di manutenzione, a nessuno sia venuto in mente di riflettere sugli effetti dovuti alla sottrazione del paesaggio dai piani dei parchi, sui piani che ormai riguardano poche realtà e che sono assenti del tutto o quasi nelle aree protette marine, della mancanza di qualsiasi politica nazionale sulle coste, l’Appennino, le Alpi, le isole minori, la classificazione. Scopo ‘nazionale’ della legge specie dopo la 426 era quello di costruire una sistema nazionale di parchi e di aree protette sulla base degli strumenti e sedi che il Decreto Bassanini prevedeva e richiedeva al ministero, il quale –sono passati oltre 10 anni- non ha fatto alcunché. Così oggi non abbiamo sedi, strumenti preposti a questo fine e la stessa Classificazione è andata a farsi benedire così la nostra anagrafe è ancora zeppa di clandestini anche questi provenienti principalmente dal mare ossia le aree protette marine. Tutto ciò è fortemente aggravato dal fatto che in questi ultimi anni ai parchi e aree protette nazionali si sono aggiunte quelle di Rete Natura 2000 di derivazione comunitaria. Non solo, ma da un decennio ossia dal 2001 con il nuovo titolo V della Costituzione alle Regioni è stato riconosciuto un ruolo più forte nella produzione e attuazione degli atti normativi comunitari (art 117) nonché la possibilità di concludere accordi internazionali. Ma come ormai sappiamo manca qualsiasi struttura di ‘dialogo’ e ‘sedi’ di concertazione che soddisfino le esigenze di cooperazione tra i vari livelli di governo. E delle Cabine di regia, sperimentate come surrogati come nel caso del santuario dei cetacei, non resta traccia apprezzabile. Stante questo contesto che per la verità non sembra interessare molto chi si affanna sulla ‘manutenzione’ –sembrano l’ANAS istituzionale- noi registriamo al Senato il tentativo sorprendente non di imboccare finalmente il percorso fissato prima dal Bassanini e poi addirittura dalla Costituzione, ma di tagliar fuori le regioni e con loro ancor più gli enti locali a partire proprio dalle aree protette marine. Sarebbe questa la manutenzione? E qui si tocca un’altra delicatissima questione che sembra allarmare giustamente talune associazioni ma assai meno le istituzioni e gli stessi parchi. Il testo del Senato, ma anche prese di posizioni recenti sul ruolo dei parchi -giustificandolo anche con il piatto che piange- propendono per accentuarne pericolosamente un ruolo diciamo così economico spostando così le finalità che la legge 394 stabiliva chiaramente nei compiti del piano e cioè la tutela di ambienti particolarmente pregiati per natura, paesaggio, cultura, storia. Una tutela non più affidata solo ai vincoli di cui l’Italia già 20 anni fa era zeppa come un uovo, ma a politiche non a caso definite un Laboratorio e cioè un realtà attiva dove al dire si unisce il fare. Ridurre questo a mero vincolismo è stato un espediente neppure tanto originale con il quale si è cercato -anche con vere e proprie bufale- di accreditare l’idea che i parchi potevano essere ‘privatizzati’, e comunque impegnarli anche per ragioni ‘etiche’ a procurarsi la grana e poco importa se per questo dovevano di fatto cessare di fare i parchi per fare altri mestieri non loro. Qui compleanno o no bisogna tornare senza trucchi e senza inganni a bomba nel senso che con i parchi 20 anni fa è stato affermato il principio ribadito tantissime volte dalla Corte costituzionale che l’ambiente nella sua configurazione delineata dalla 394 prevale su qualsiasi altro valore economico compreso. Le politiche nazionali specie negli ultimi anni hanno cercato e spesso purtroppo con successo di annacquare questo vino incoraggiando l’abusivismo anche più indecoroso da sanare poi con il condonismo più sfacciato. Oggi questo nodo si ripropone con accresciuta drammaticità dinanzi alla crisi italiana, europea e planetaria. L’ambiente senza camuffamento di sorta non solo va rimesso al primo posto ma va anche superata qualsiasi concezione volta a riproporlo come separato e distinto- l’idea dei 2 piani della legge 394 in questo senso non era priva di ambiguità-. Oggi poi che i piani dovrebbero essere addirittura tre bisogna evitare qualsiasi trucchetto. A fronte di nodi di questa portata e complessità è sorprendente come il dibattito al Senato ma anche quello avviato sul compleanno si svolgano nella più totale assenza di documenti, indagini, riflessioni che senza riandare al 91 hanno accompagnato anche in fasi successive –penso al decennale della legge- da ben altra riflessione e sforzo culturale. A dare un’idea di questo vuoto tanto più grave da parte di chi per doveri di rappresentanza istituzionale dovrebbe farsi sentire e valere sono alcuni libri recenti o imminenti della Collana sulle aree naturali protette dell’ETS. Si vedano i tre volumi sulle aree protette marine, il paesaggio e la pianificazione e non si faticherà a verificare questa sconfortante situazione. Ecco perché il Gruppo di San Rossore (www.grupposanrossore.it) al ventennale intende partecipare non limitandosi al brindisi. Ma dovrebbero farlo anche altri.
Elba bosco verso ovest