Venerdì 9 settembre ore 11 sulla spiaggia delle Prade batte un sole gentile ma ancora abbronzante, per trovare l’ombra comunque basta fare qualche passo indietro verso le tamerici che segnano il confine tra la spiaggia e le canne della zona umida. Lo scirocco ha pulito l’acqua ed il basso fondale sul quale ci fermiamo si vede in perfetta trasparenza; alcuni piccoli muggini (cefali per i foresti) curiosi ci stanno impertinentemente solleticando i piedi; davanti ai nostri occhi lo scenario da urlo della Portoferraio medicea posta su due colli come Gerusalemme, ma paganamente sorgente, come Venere, dalle acque; il silenzio è insidiato solo da un frangersi di micro-onde appena percettibile, come se fosse il respiro del mare Distribuite in più di cento metri di spiaggia ci sono 14 (quattordici) persone, tutte rigorosamente Over40, e cani 2, ci viene da pensare perfino che sia uno spreco un incanto selvaggio del genere riservato a così pochi, ci viene da compatire chi fino a qualche giorno fa, a qualche chilometro da qui, si contendeva qualche metro quadrato di litorale accalcato di chiasso, colorato sguaiatamente dall’odore degli abbrozzanti, al gusto di ultima suoneria di cellulare. Di opere dell’uomo qui se ne vedono proprio poche: in lontananza una casetta costruita sugli scogli più di un secolo fa, i ponticelli (crollati) sui due fossi il muretto che delimita la parte paludosa e poi appunto le tamerici che qualcuno deve aver messo a dimora. Questo capolavoro in cui siamo immersi insomma è frutto del lavorio della natura e dell’inerzia (o della contenuta attività) umana. E pensare che appena qualche anno fa si era demenzialmente progettato di realizzare proprio qui un porto turistico, scavando una enorme “vasca” nella zona umida e collegandola al mare con un canale che avrebbe giustiziato i bassi-fondali, e c’era pure una parte politica favorevole a quell’assassinio, che se non fu consumato fu forse solo per “mancanza di piccioli” visto gli enormi costi che comportava. Successivamente ci fu pure chi propose di realizzare un “canale navigabile” (!) tra Le Prade e il Lido di Capoliveri ma era una vaneggiamento legaiolo e nessuno dispose un ricovero in psichiatria con T.S.O. Ci viene da pensare che se vivessimo in un paese colto e civile (ma siamo al periodo ipotetico della irrealtà) a nessuno verrebbe in mente di cementificare altra costa e di water front neppure si parlarebbe, così come, se il buon gusto e l’amore per il paesaggio reggessero i destini urbanistici ferajesi, non staremmo oggi a contestare l’orrido scatolone della Gattaia, la Pardosalescafieropoli di Via Carducci – Manganaro, che dopo aver ucciso il capannone ex-ILVA giustizierà con una mega-cacata di cemento i pini e lo spazio arioso di piazza Pietri. Ma le Prade si salveranno (forse) dalla barbarie, e forse ancora tra molti anni qualcuno verrà qui, e da qui leggerà la mutata sky-line di Portoferraio confrontando l’armonia dell’antico con le fetenzie architettoniche di un secolo a cavallo tra il XX° e il XXI°: dal “grattacielo” al castagnaccione sovraospedaliero, fino alle sopra-citate schifezze, e qualcuno si domanderà forse come sia stato possibile che destra e sinistra, unite in un vincolo di continuità, siano state capaci di provocare un tale scempio.
Le Prade 2011