Il rischio che anche la vicenda dei parchi al pari di altre finisca nel grottesco dopo le intercettazioni telefoniche è reale. Quasi non bastasse dover prendere atto che il ministro dell’ambiente non è mai stato un interlocutore credibile e affidabile, scopriamo ora che si rivolgeva al Bisignani non solo perchè lo aiutasse a farsi valere nei confronti di ministri che non se la filavano né punto né poco, ma anche per intervenire sul preside della scuola della figlia alle prese con i cinghiali. Avrebbe potuto almeno dirlo anche a quei parchi che con i cinghiali qualche problema ce l’hanno da tempo. Ma se questa è solo una conferma di quanto già sapevamo, che aggiunge tuttavia un lato ridicolo e penoso alla già nota inconsistenza e latitanza politico-istituzionale del ministro, ciò non significa che non dobbiamo preoccuparcene. E preoccuparcene significa, innanzitutto per i parchi in primo luogo, ma anche e non di meno per le altre istituzioni, non continuare di fatto a far finta di niente. Stando a quel poco che si potuto sapere, ad esempio, della recente assemblea di Federparchi a Torre Guaceto, tra le cose proposte da qualche rappresentante di parchi nazionale ci sarebbe come riuscire ad avere qualche soldo da chi cerca petrolio nei parchi o chi utilizza l’acqua sempre proveniente dei parchi. Di cosa riserva ai parchi nazionali ma anche a quelli regionali -di cui non si parla se non nelle singole regioni e non sempre bene- la politica ministeriale e dello stesso parlamento oltre che delle regioni e degli enti locali non sono riuscito finora a registrare cose degne di rilievo. Stando anche ai più recenti documenti, studi sulla stato delle foreste, della biodiversità, del mare le cose –ce lo ricorda la stessa Unione europea- vanno male. Noi –cioè in Italia- non facciamo solo tagli, ma mandiamo a picco il Santuario dei cetacei, non abbiamo ancora insediato la cabina di regia sulla biodiversità decisa da tempo, abbiamo ormai incassato senza colpo ferire le penalizzazioni dei parchi in materia paesaggistica e con la complicità della Commissione ambiente del Senato si vorrebbe addirittura far fuori le regioni da qualsiasi competenza sulle aree protette marine che vanno già a rotoli grazie al ministero. C’è qualche sede dove di queste cose si discute, ci sono proposte, documenti, idee da discutere alla luce del sole e non con Bisignani? E nelle regioni, se ne sta discutendo? E dove ciò avviene i parchi sono della partita o devono solo aspettare nuove norme che li fregano? Quello di cui si è saputo del dibattito a Torre Guaceto è solo una fuga da questi nodi che però nessuno ormai può più ignorare. Le risposte appassionate e le adesioni numerose che abbiamo registrato come Gruppo di San Rossore quando abbiamo cominciato a discutere di questi problemi, che ora possiamo trovare raccolti nel libro appena pubblicato sul ‘Rilancio dei parchi’, conferma che l’interesse c’è e pure la volontà di farsene carico senza manfrine. Davvero qualcuno pensa che possa bastare raccattare qualche spicciolo dal petrolio, dall’acqua e magari anche dal vino?
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