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Rio Marina: Lavori dopo-alluvione ad una ditta che tratta detenuti e biciclette

Scritto da : Elena Maestrini
Pubblicato in data : giovedì, 09 ottobre 2003

Il 4 settembre del 2002 l’Elba viene stravolta da un nubifragio, a Rio Marina non accade quasi niente, ma qualche giorno dopo un nuovo acquazzone allaga pesantemente anche alcune aree di quel Comune, provocando smottamenti e frane. Il sindaco di Rio Marina Bosi, Senatore UDC e Sottosegretario del Governo Berlusconi, lancia un appello, subito accolto dal Prefetto, per fondi straordinari per intervenire sul grave dissesto idrogeologico che affligge tutte le aree delle ex miniere. I soldi arrivano ed interessano il Demanio, il Parco Minerario, il Parco Nazionale e Prefettura. C’è una gran confusione su dove, come e da chi questi soldi vengono spesi, ed a chiarire la cosa non servono nemmeno le interpellanze della Minoranza del Comune di Rio Marina, né le domande poste dai VERDI dell’Arcipelago Toscano. Anzi, dopo la risposta del Comune si continua a non capire chi e per chi lavora nelle aree minerarie e quali siano i ruoli svolti e le competenze dalle varie Amministrazioni locali e Statali. A Rio Marina sono sicuramente presenti e lavorano nell’area mineraria: la Cooperativa Terra Uomini e Ambiente, con sede a Castelnuovo Garfagnana (LU), una nota azienda di forestazione e recupero ambientale che è intervenuta sull’alluvione della Versilia e che ha da molti anni una sede distaccata all’Elba ed ha svolto lavori per la Comunità Montana, il Parco Nazionale e diversi Comuni; la MASI costruzioni s.r.l, di Pistoia, costituita a marzo 2003, Amministratore è Masi Alessandro. La MASI s.r.l. sembra la nuova ragione sociale di una ditta che ha già lavorato a Rio Marina: la MASI Livio s.n.c, di Masi Gianfranco e Masi Alessandro. Ma nelle miniere di Rio compare anche una strana impresa: la “SERVIZI PREVENZIONE E PENA”, costituita nel 1996 ed attiva dal 1.999 e la cui sede risulta essere a Castelnuovo Val di Cecina (PI) in via della Repubblica 70B, ma, a quanto ci risulta, Via della Repubblica terminerebbe al numero 60. I titolari della “SERVIZI PREVENZIONE E PENA” risultano essere Rossi Ivana e Masi Tomas, residente a Castelnuovo V.d.C., anche quest’ultimo è sicuramente un congiunto di Masi Livio. La “SERVIZI PREVENZIONE E PENA” era poco più di una scatola vuota: capitale sociale un milione di Lire e zero dipendenti, tanto che per anni non risulta nessuna attività visibile. Stranissima la ragione sociale principale: “Traduzione detenuti con mezzi privati e personale privato”, un’attività non contemplata in Italia, dove questo viene affidato alle forze dell’ordine. Gli altri codici di attività sono: Commercio autoveicoli; Commercio Ingrosso e Dettaglio Motocicli e Ciclomotori; Commercio all’Ingrosso di Articoli Sportivi e Biciclette. Ma, 20 giorni dopo l’alluvione, il 24 settembre 2002 la “SERVIZI PREVENZIONE E PENA” aggiunge stranamente altri codici di attività ad una ditta prima solo commerciale e di “servizi”: demolizione edifici e sistemazione terreno; Costruzione parziale e completa di edifici; Costruzione opere idrauliche; Aziende di utilizzazione delle foreste e dei boschi. Queste aggiunte sembrano fatte apposta per poter partecipare ai lavori per le opere di difesa idrogeologica e di recupero delle aree minerarie e forestali già in corso e di cui si sta discutendo proprio in quei giorni. Ma il misero capitale sociale e la conclamata inesperienza di una ditta operante dal 1999, dovrebbero impedire l’utilizzazione in lavori così delicati e che richiedono iscrizioni all’Albo dei Costruttori e notevoli esperienze pregresse. Invece, sembrerebbe che la “SERVIZI PREVENZIONE E PENA” abbia ottenuto in affidamento diretto e con la motivazione di somma urgenza, lavori all’interno dell’Area Mineraria, del Parco Nazionale, del Parco Minerario, del Demanio. Insomma, un intreccio di competenze e di finanziamenti, con più che probabili subappalti, un formicolare di imprese grandi e piccole, che non permette di capire cosa sta succedendo e chi e per chi lavora davvero, una situazione ideale per il lavoro nero. Un traffico di mezzi difficilmente controllabile, visto che i lavori in corso hanno provocato anche la sparizione di sbarre e recinzioni che impedivano l’accesso alle aree minerarie a chi non era autorizzato. Eppure, visto quel che sta succedendo all’Elba e che parte proprio da fatti accaduti soprattutto nel versante minerario, questo sarebbe il momento della massima chiarezza e trasparenza. LEGAMBIENTE chiede: Chi ha affidato questi lavori, la Prefettura, Il Demanio, il Parco Nazionale, il Parco Minerario, il Comune? In cosa consistono, quanto costano, quali sono gli Enti che li hanno progettati, affidati e finanziati e che devono controllare la loro corretta realizzazione? Perché sembra che alcuni lavori siano stati affidati anche ad una piccola impresa nata per trasportare detenuti e vendere biciclette e che risulta occuparsi di queste cose solo dal 24 settembre 2003?


rio marina miniera

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