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La Fiom un sindacato e il peccato di dire sempre di “no“

Scritto da : Sergio Rossi
Pubblicato in data : venerdì, 28 gennaio 2011

In merito allo sciopero della Fiom- CGIL previsto per domani, come CISL, ribadiamo i nostri convincimenti. Non voler accettare la globalizzazione e dire sempre “NO” a qualsiasi trattativa o contratto significa affrontare le problematiche in termini puramente ideologici. Ovvero, non voler vedere, né sentire, ma illudersi, non si sa di che o di cosa. Chi continua a fare peccati mortali è la Fiom. I confronti, poi, tra CGIL e Fiom sembrano, inoltre, non tener conto del contesto globale fatto di tassi di disoccupazione che ballano sul negativo spinto e che sono il segno di una situazione strutturale e non solo congiunturale. Quando hai a favore la maggior parte delle sigle sindacali dei metalmeccanici, tranne la fiom, non hai bisogno di passaggi dialettici forti, che possono essere-e sono- strumentalizzati. Quando insieme alla grande maggioranza del sindacalismo italiano, stai costruendo un percorso nuovo che mette l’Italia, per quanto concerne l’industria automobilistica, in una situazione di rilancio globale, non hai bisogno di evocare percentuali. Così facendo puoi dare solo spago a chi, a prescindere, non potrà mai accettare accordi con il “padrone”. Questi toni rischiano di esasperare una situazione già difficile e non aiutano a costruire occupazione. Ci troviamo però di fronte ad un peccatuccio veniale dettato dalla volontà di far ripartire, su binari nuovi, un’ impresa che per troppo tempo è stata lo specchio di un’ Italia facilona e tutta centrata su se stessa. I mercati di riferimento erano limitati “alla piscina di casa propria” non ci si provava proprio a lanciarci in mare aperto. Allora si poteva pure fare. Il pubblico finanziava a gogò e la globalizzazione era un termine sconosciuto ai più, compresa CIGL-e FIOM. Ha ragione Raffaele Bonanni a gridare “dieci, cento, mille Pomigliano” se, per converso, ci sono ritorni occupazionali, investimenti, rivitalizzazione dell’economia. Se, insomma, c’è la costruzione del futuro.


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