Ho letto con interesse il recente dibattito sulla variante alla viabilità di Rio Marina, condizione dell’approvazione del nuovo Piano del Porto, ma anche potenziale strumento di riscoperta di questa parte dell’isola, ignorata spesso nella sua straordinaria identità: il connubio irripetibile di mare e ferro. Il percorso della nuova viabilità – che sarà oggetto del tavolo tecnico tra APP, Provincia e Comune alla metà di gennaio – non coinvolge nel suo tracciato i siti di maggior pregio del compendio oggetto dei percorsi di visita organizzati dal Parco Minerario, ma permette al contrario di scoprirli e farne meta sicura del soggiorno di turisti oggi ancora ignari di cosa nasconde questo territorio. Questa importante occasione di visibilità nasce sui risultati concreti dei lavori di messa in sicurezza (ingloba in gran parte un tracciato già realizzato) e completa l’opera di restituzione alla cittadinanza di una parte di territorio che da problema deve diventare una vera opportunità (come del resto suggerito in tempi di maggiore obbiettività). L’equilibrio tra le esigenze di sviluppo e quelle di tutela di un patrimonio storico e scientifico come quello minerario, sono una questione troppo seria che meriterebbe approcci più consapevoli degli slogan che inneggiano all’immobilismo e non si preoccupano di dare risposte alle domande che la comunità pone. E meriterebbe soprattutto l’onestà intellettuale di riconoscere che – nello scandaloso silenzio di molte vestali – questo patrimonio ha rischiato di essere realmente compromesso dallo stato di incuria e di degrado ai quali è stato condannato per anni, da eredi non abbastanza orgogliosi di una generazione di padri che in quelle miniere hanno speso la loro vita. Per anni nessuno ha gridato al pericolo che incombeva sul paese, come se le pagine di storia che ci mostrano ogni giorno le conseguenze del dissesto idrogeologico in altre realtà del Paese non fossero un problema nostro. Per anni nessuno ha concretamente reagito al rischio che quei siti fossero essi stessi cancellati da frane e smottamenti, perdendosi così insieme alle numerose tracce del passato lavoro sottratte al paese come un prezzo scontato anziché difese come un diritto della nostra gente. Quando nel 2001 fui chiamata a rivestire il ruolo di Commissario Straordinario per la messa in sicurezza delle Miniere e giunsero, grazie all’intervento dell’allora sottosegretario Francesco Bosi, i finanziamenti del Ministero dell’Ambiente (guidato all’epoca dal ministro Matteoli) realizzai chiaramente un concetto: la tutela di un territorio non può essere l’inerzia e l’abbandono che spesso conseguono a vincoli tracciati sulla carta ma privi di contenuto. Oggi, dopo altri dieci anni della storia amministrativa di quest’isola e dopo che il fiume rosso di fango ha smesso di invadere il centro del paese, rimane un dato di fatto: gli unici interventi di risanamento ambientale sono stati realizzati grazie al lavoro del più amato bersaglio degli ambientalisti di casa nostra… nella contraddizione di silenziosi spettatori. Paola Mancuso Ex Commissario Straordinario per la Messa in Sicurezza delle Aree Minerarie
Miniere ocra canyon