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A Sciambere de l'esprit de l' escalier o della lode del rompicoglioni

Scritto da : Sergio Rossi
Pubblicato in data : martedì, 30 novembre 2010

Carissimo Elbareport, nelle polemiche con le quali viene attaccata (ora, quando è quasi completamente relizzata) la piazzola di atterraggio posta sul tetto dell’ospedale c’è qualcosa che mi ricorda l’antico tragica abitudine, vizio, difetto italico, di criticare quanto realizzato quando è oramai irreversibile, avendo evitato o trascurato di intervenire al momento opportuno, quando invece si discute di come, attraverso quali interventi, si possono risolvere problemi esistenti. Può darsi che tale attitudine sia dovuta alla sedimentazione, nella nostra memoria storica, di uno stato di soggezione ai potenti o ai signori di turno dovuta ai lunghi periodi di dominio di poteri assoluti che hanno caratterizzato il nostro paese, periodi durante i quali le scelte non coinvolgevano le popolazioni locali ma erano dovute, salvo sparuti casi minoritari, a logiche estranee al bene comune, scaturite da interessi personalistici o, in molti casi, addirittura appartenenti ad altri popoli , in soldoni una specie di precolonialismo che ha interessato lo stivale, isole comprese, ad occhio e croce fin dalle invasioni barbariche. Tuttavia, dopo 65 anni di democrazia, difficile e forse incompleta quanto si vuole, ma in ogni caso tale, credo sia arrivato il tempo di comprendere che se vogliamo pesare nelle scelte che ci riguardano dobbiamo intervenire prima che le decisioni siano prese e, nel caso, prima che quel che è stato, spesso sopra buona parte delle nostre teste, deciso diventi fatto compiuto. Esempi ne abbiamo più di uno, ma, per evitare lunghi elenchi, credo sia sufficiente accennare al riassetto della rada di Portoferraio (buffamente chiamato water front, neanche fossimo in California) o alla privatizzazione di Toremar. Appare evidente che, se accettiamo passivamente che tali scelte diventino definitive prima che l’Elba abbia la possibilità di manifestare la propria volontà di costituirsi o meno quale comune unico e, conseguentemente, di esprimere una visione unitaria su decisioni importantissime per il futuro dell’isola nel suo insieme, poi, a cose fatte, non ci resterà che il mugugno e l’acrimonia di chi, per l’ennesima volta, subisce le conseguenze di decisioni sulle quali non ha voluto o saputo incidere. La regione, con ragione, ci chiede di esprimerci con voce unitaria sul futuro dell’isola: bene, porti un po’ di pazienza e ce ne dia il tempo congelando per il periodo necessario l’intervento sulla rada di Pf e la privatizzazione Toremar così come è stata impostata. L’isola, dal canto suo, si muova in fretta verso il referendum. beppe contin Beppe Carissimo Mi perdonerai se ho confinato in questo angolo talvolta giocoso un ragionamento serio (e profondamente sensato) come quello che ci hai inviato, ma mi è venuto da sorridere pensando che in fondo questa tendenza degli elbani a protestare "dopo la musica" a cose fatte, quando è più o meno tutto è deciso e incontrovertibile, è affine a quello che i nostri cugini di Francia chiamano "l'esprit de l'escalier". Lo spirito della scala, quello che ci suggerisce, per esempio dopo aver subito una partaccia alla quale non abbiamo reagito o abbiamo reagito in maniera inadeguata, le parole giuste con cui avremmo replicare, che ci vengono in mente però mentre siamo, appunto, per le scale, mentre stiamo andando via, e l'occasione è già persa. Per questo vagheggio che piano piano cresca una nuova generazione di elbani, capaci di essere degli attivi, fattivi, costanti rompicoglioni che chiedano i conti ma soprattutto si informino dei preventivi, che riescano in pratica ad esercitare quel controllo del popolo su chi governa altrimetti detto "democrazia partecipata" o forse "democrazia" tout-court, e riescano ad essere in ciò tanto sfacciati, per quanto chi li ha preceduti (noi) è stato (mediamente) capace di brontolare ma "a babbo morto" e finendo per chinare la testa.


Water Front Portoferraio

Water Front Portoferraio