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Cosa e come si discute del PIT

Scritto da : Sergio Rossi
Pubblicato in data : lunedì, 29 novembre 2010

Appena insediata la nuova giunta regionale si è aperto in Toscana un dibattito su alcuni aspetti che già in campagna elettorale ci si era impegnati a rivedere specialmente in riferimento alle politiche ambientali e al governo del territorio. Aspetti che riguardavano e riguardano in particolare il PIT e la legge n.1 del 2005 di cui il piano è figlio, che si intersecano a loro volta con altre situazioni che da tempo erano e sono in attesa di una nuova legge –è il caso dei parchi e delle aree protette- che nonostante i ripetuti impegni assunti dalla giunta non ha mai tagliato il traguardo. Fin dalle prime battute si è visto che non tutto sarebbe filato liscio tanto più quando il presidente Rossi ha avanzato le sue proposte di riassetto uffici e tagli ai costi della politica. E la ragione è semplice perché queste proposte -talune discutibili- vanno ad interferire significativamente su situazioni che dovrebbero semmai più correttamente e coerentemente rientrare in altre partite; penso al destino della Tenuta di San Rossore e al suo ruolo per il parco più che a quello di una azienda regionale forestale. Sul PIT gravano inoltre alcune decisioni prese frettolosamente e malamente in base al nuovo codice dei beni culturali che ha penalizzato pesantemente la legge quadro 394 togliendo il paesaggio al piano dei parchi con la regione che inopinatamente ci ha messo un carico togliendo ai parchi il nulla osta ben gestito da anni. E poi ancora le cartoline sul paesaggio -38- che rendono la mappa della regione un confuso insieme di tessere dalle quali è un’impresa risalire ad una attendibile lettura del territorio regionale in rapporto soprattutto e primaditutto a quello che il nostro sistema istituzionale, inclusi parchi, aree protette e bacini idrografici, unitamente a comunità montane, province e comuni sono riusciti a portare a compimento o comunque a mettere su binari corretti anche al di fuori dei confini amministratiti; basti pensare che due dei tre parchi nazionali sono interregionali, ossia tosco-emiliani, o che il Magra ha un unico bacino interregionale ma diverse aree protette sulle due sponde tosco-liguri. Il PIT -e già prima la legge del 2005- hanno il torto non da poco di avere colpevolmente marginalizzato ruolo e finalità proprio di questi soggetti come i parchi che costituiscono uno dei vanti di questa regione che dovrebbe esserne orgogliosa. Su questo punto la legge prima e il PIT dopo sembrano essere stati ispirati da Tafazzi. Bene dunque che si sia tornati a parlarne a partire dalle consultazioni commissionate dalla giunta regionale alla Facoltà di Architettura di Firenze che ha già tenuto incontri a Firenze, Siena e Pisa e che ora sta lavorando per giungere ad una conclusione che sottoporrà alla regione. Per quello che ho potuto constatare nell’incontro pisano presente l’assessore Marson ma anche dai documenti discussi negli altri incontri, finalmente la mappatura del territorio regionale che va emergendo è senza omissis e non letteraria a base di collina, montagna, città, campagna ma ancorata a quella chiave di lettura che non ha la pretesa di rinserrare l’ambiente e le vicende economico –sociali in quei confini amministrativi- elettivi che rappresentano ormai un abito assolutamente inadeguato ora perché troppo stretto ora perché troppo largo. D’altronde i recenti disastri ambientali e non soltanto in Toscana hanno ampiamente confermato questa realtà di cui sarebbe colpevole non prendere finalmente atto come giustamente i documenti discussi nelle tre città sedi delle nostre università hanno bene evidenziato. Tutto ciò trova peraltro conferma in termini negativi nelle politiche nazionali che si sono abbattute e continuano a farlo pesantemente nei confronti dei parchi come dei bacini e dei beni culturali. L’avere messo in panchina questi soggetti prima con la legge del 2005 e poi con il PIT è stato un grave errore a cui ora bisogna rimediare presto e bene senza altri arzigogoli tipo quello in base al quale tutto si giocherebbe in un diverso equilibrio di ruoli tra regione e comuni dove i secondi si sarebbero approfittati della poca cavezza regionale. Questa lettura fasulla deve finalmente lasciare il passo ad una revisione in cui tutti i livelli di governo del territorio elettivi e non, possano in leale collaborazione come fissa da ben 9 anni il titolo V della Costituzione, senza che nessuno lo rispetti. Ecco perché può giovare a questa revisione mettersi subito al lavoro anche per quelle leggi prima ricordate ma finora ignorate come quella dei parchi. La legge del 2005 e il PIT ai parchi non hanno fatto un buon servizio come ora non glielo sta facendo il governo. Per questo ‘correggere’ il PIT non basta. In questo modo peraltro la nostra regione in una fase nazionale così delicata e allarmante può tornare ad assolvere ad un ruolo importante che ha avuto in altri momenti.


mappa toscana

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