“Con l’assoluzione di Amina Lawal ha vinto la buona ragione, ha vinto il diritto e ha vinto la gente: hanno vinto i tanti che hanno firmato perché la donna nigeriana condannata a morte per adulterio non fosse giustiziata. La Toscana ha contribuito a questo risultato grazie anche alle 1500 e-mail in favore di Amina spedite attraverso il nostro sito all’ambasciata nigeriana”. E’ contento il presidente della Toscana Claudio Martini per l’assoluzione della donna. “Ma la battaglia continua” aggiunge. Proprio oggi è stata annunciata sempre in Nigeria la condanna a morte di un giovane ventenne riconosciuto colpevole di aver avuto rapporti con tre ragazzi. La Toscana è contraria alla pena di morte. Ma è ancora più inconcebile che una sentenza si possa fondare su discriminazioni sessuali, che la Toscana ha deciso di mettere fuori legge”. La giunta toscana, prima in Italia, ha infatti elaborato a maggio una proposta di legge contro le discriminazioni sessuali. Amina, trentunenne disoccupata ed analfabeta, era stata condannata a morte per lapidazione a marzo dell’anno scorso da una corte della provincia di Katsina in Nigeria, che in base alla sharia l’aveva riconosciuta colpevole di adulterio per aver concepito una figlia dopo il divorzio. Allora le era stata concessa una sospensione della pena per poter allattare la piccola fino all’età di due anni: poi il ricorso in appello, l’assicurazione del presidente nigeriano Olusegun Obasanyo che non sarebbe stata lapidata ed il rinvio per ben tre volte della sentenza, fino a ieri mattina. Per Amina la Regione Toscana aveva organizzato una raccolta di firme: come per Rocco Barnabei e per Safiya, altra donna nigeriana che era stata condannata per lapidazione. Contro la pena di morte nel 2003 la Toscana ha organizzato inoltre un articolato progetto per riflettere e far riflettere, a cominciare dai più giovani e dalle scuole. Ultimo appuntamento il 10 ottobre, con una serata di teatro con Amanda Sandrelli ed un dibattito al Teatro della Compagnia di Firenze a cui parteciperanno esponenti della “Coalizione mondiale contro la pena di morte” che ha sede a Parigi.
Amina Lawal