Nino Martino direttore del Parco Nazionale Dolomiti Bellunesi presidente di AIDAP (Unione per i Parchi e la Natura d'Italia) A proposito della riflessione di Renzo Moschini e della replica di Salvatore Sanna sul ddl 1820 a firma del sen. D'Alì, occorre precisare che AIDAP (associazione italiana direttori e funzionari aree protette) non ha condiviso il testo presentato, avendo partecipato ad una sola riunione. Non voglio entrare nel merito del disegno di legge, ritengo solo di dover sottolineare la forte necessità che le aree marine protette, parte fondamentale di un sistema di aree protette in un Paese di mare come l'Italia, hanno tutto il diritto di entrare a pieno titolo nel sistema nazionale (da costruire!) di parchi e riserve, sia di terra sia di mare. Quindi è più importante che si abroghi la legge 979 di "difesa del mare" e con l'occasione di qualche necessario miglioramento a quell'ottima legge che è la 394/91, si inserisca finalmente il mare a pieno titolo tra le azioni di conservazione e di valorizzazione della nostra natura e del nostro territorio. Credo che vada dato atto al se. D'Alì dell'impegno manifestato per concludere alcune spiacevoli vicende che riguardano i consorzi delle aree marine protette, ma credo che l'unico modo efficace non possa che essere di superare l'esperienza dei consorzi e di giungere a veri e propri organismi di gestione, autonomi, efficienti, ma pienamente inseriti nella politica di conservazione dell'Italia. Sperando che questa "politica" sappia avere un sospiro di orgoglio e ci aiuti a giungere a testa alta al 20° compleanno della legge quadro sulle aree naturali protette e, ancor più importante, al 150° compleanno dell'Italia. Luigi Bertone già direttore di Federparchi Per una volta non sono d'accordo con Renzo Moschini. E non sulle singole affermazioni che fa circa la situazione delle aree marine e che, prese una per una, sono molto vicine al mio pensiero (e, credo, alla realtà delle cose). Non sono d'accordo sulla conclusione un po' alla Bartali - "è tutto sbagliato, è tutto da rifare" applicato all'avvenuto avvio di un iter parlamentare di riforma del comparto marino delle aree protette - e sulla strategia: "fermiamo tutte le macchine, anche quella della possibile riforma delle aree marine, facciamo la terza conferenza delle aree protette" A parte che hai voglia di aspettare la conferenza - le aree protette e la loro associazione non hanno la forza di imporla, il ministero non ha la capacità e il desiderio nemmeno di immaginarla, le Regioni pensano ad altro (ora con le elezioni, poi...) - non si capisce perché si dovrebbe chiudere l'unico canale di comunicazione del mondo istituzionale nazionale che sembra essersi aperto per affrontare le esigenze dei parchi e delle riserve marine. In quel canale ci sono dei limiti? Sì, ci sono, e sono anche più di quelli che sottolinea Moschini, e sono stati tutti ricordati ai senatori D'Alì e Della Seta in una conferenza organizzata dalla Federparchi a Bari, durante Mediterre. Ma ci sono anche linee di lavoro (cancellazione della separatezza istituzionale, uniformità e logica nell'affidamento della gestione, coinvolgimento degli enti locali, programmazione, finanziamenti, semplificazione) per le quali ci si sta battendo da anni e che finalmente vengono raccolte. Non sono ancora sviluppate come si potrebbe e c'è, è vero, la grave e assolutamente da colmare lacuna dell'esclusione dei parchi regionali dai soggetti affidatari di gestione, ma c'è molto del resto. Lo sostiene Salvatore Sanna, che prima di essere vicepresidente della Federparchi e presidente dell'area marina protetta di Capo Carbonara è sindaco e autonomista di cui fidarsi. Ma lo dicono altri amministratori e dirigenti e direttori di aree marine che hanno lavorato a lungo - nonostante le drammatiche difficoltà gestionali in cui si trovavano e si trovano - prima per alzare lo sguardo dai loro guai contingenti, poi per farsi ascoltare e infine per farsi capire e dialogare. Moschini è stato, tra le altre cose, un bravo parlamentare e sa benissimo che in certi casi l'importante è partire. Questo, a mio avviso, è uno di quei casi e me lo fa credere proprio il totale disinteresse di altri settori istituzionali (che, sia detto di passaggio, già staranno pensando per loro conto a come fermare la legge, senza che gli si dia noi una mano). Moschini sa anche che i percorsi legislativi sono tortuosi e che nel fare una legge non si arriva mai come si è partiti. Anche per questo, per una volta, non sono d'accordo: perché c'è da lavorare a migliorare, non a fermare. On. Renzo Moschini Salvatore Sanna non ritiene sia giusto fermare la legge attualmente in discussione al Senato sulle aree protette marine. Si tratta, infatti, di ‘soluzioni praticabili a basso costo’ che non possono che far bene ad un comparto così malridotto. E poi c’è un accordo molto ampio come confermerebbe l’elenco di associazioni varie che lo sostengono. Unico assente –scrive Sanna- è il ministero. Che questa assenza del tutto ingiustificata e piuttosto vistosa non preoccupi più di tanto è già di per se piuttosto strano. Ma lo è anche di più che non sia menzionata quella delle regioni e degli enti locali. Che manchino all’appello perché neppure coinvolte è davvero sconcertante specie di questi tempi. Che ci sia accordo, infine, anche con l’opposizione non aiuta certo a capire di cosa stiamo parlando e semmai aumenta solo lo sconcerto perché conferma la confusione sull’oggetto del contendere. Dice Sanna che oggi è richiesta a gran voce una soluzione per le aree protette marine ed è bene non creare falsi problemi. Giusto. Ma le aree protette marine non sono malmesse perche la legge sul mare e la 394 impediscono una gestione più adeguata ed efficace ed anche sostenuta da finanziamenti meno ridicoli. I guai delle aree protette marine specie dal 91 derivano principalmente per non dire unicamente dall’ostinata resistenza del ministero a considerarle alla stessa stregua delle altre e perciò gestite con gli stessi criteri istituzionali ossia con la partecipazione e il coinvolgimento paritario di stato, regioni ed enti locali. Ma a partire da Ronchi il ministero dell’ambiente ha battuto altre strade di cui Sanna conosce e dovrebbe ricordare anche vicende grottesche che hanno riguardato la sua regione. Il ministero incaricò infatti un funzionario ministeriale di occuparsi di un’area protetta marina sarda il quale scrive se stesso per chiedere come vanno le cose. Non sappiamo se poi si rispose pure magari per dire che le cose andavano alla grande. Insomma malgrado tutti i pretesti accampati dal ministero a partire da quello che le aree marine non potevano essere date in gestione ai parchi regionali ma solo a quelli nazionali che la Corte dei conti –perché dimenticarlo?- disse che era una balla, quello che è innegabile è che a tutto si è pensato tranne che gestire le aree protette marine in maniera integrata come prevede la legge e tanti protocolli e provvedimenti comunitari. La Sardegna sotto questo profilo offre una campionario di situazioni ormai noto a cui si può aggiungere la situazione del Santuario dei cetacei per il quale non mi risulta che il ministero stia cercando di coinvolgere le aree protette marine interessate. In compenso all’Asinara il tutto ruota intorno alla nomina e successione di commissari. Per cambiar musica non è necessario cambiar legge quindi ma politica. Ma se si decide di farlo allora bisogna rendere più ancor più chiari ed espliciti quelle finalità, quei criteri di fondo finora ignorali ed elusi che erano e sono validi e da salvaguardare. E’ questo che si propone il testo in discussione? Sanna non risponde su questo punto. Lo faccio ancora una volta io ricordando che il testo estromette definitivamente le regioni da qualsiasi partecipazione alla gestione del mare e della costa per quanto attiene alla tutela. Altro che soluzioni praticabili e a buon mercato, sono soluzioni impudenti e sfacciate e lo sono anche di più per il fatto che le si persegua ignorando la Conferenza stato-regioni-enti locali. Calderoli abrogava i parchi regionali, questo testo abroga il ruolo delle regioni; evviva il federalismo. Ecco perché era necessaria –e lo resta- la Terza Conferenza nazionale dei parchi che era stata richiesta da Federparchi. Quella è la sede per capire cosa bisogna fare senza trucchi e senza inganni. Voglio qui ricordare cosa rappresentò allora per i parchi la prima conferenza nazionale di Roma con il messaggio tutt’altro che formale del Presidente della repubblica, l’intervento del presidente del Consiglio e del mondo delle istituzioni e dell’associazionismo. Ecco, oggi c’è bisogno di un appuntamento impegnativo di quel tipo e non di una dibattito che alla chetichella sta manomettendo una legge importante come era già accaduto con la 183 e il paesaggio.
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Pino Nave Mare