Caro Direttore, mi permetterai di intervenire nella disputa garbatissima delle omonimie fra due Mortula e un Rossi, dall’“alto” di un cognome che mi impone con una certa frequenza di dover precisare che non mi lega alcuna parentela al più famoso Achille, senatore e consigliere regionale di Alleanza Nazionale-PDL (che del resto farebbe analoga precisazione se solo sapesse che esisto). Io credo che il cognome Mortula non sia collegato a Martorella, come si legge nella tua nota, e quindi al simpatico animaletto tanto amato dai nostri paesani per la comune attenzione ai pollai. Mi sembrerebbe piuttosto da mettersi in relazione con il nobile arbusto dei nostri colli che chiamiamo Mortella (con la stessa oscillazione rilevabile fra “cartula” e “cartella”, “baculo” e “baccello”, “anulo” e “anello”, ecc., costante nel passaggio fra il latino e il volgare), che è poi quel Mirto cantato da tanti poeti nel corso dei secoli, e benefico dispensatore di canora letizia nella sua forma più apprezzata di liquore che la sapienza del popolo Sardo confeziona magistralmente. Naturalmente non ho alcuna certezza del fondamento della mia intuizione etimologica; ma mi piace di più accostare Giovanni alle virtù del Mirto, arbusto sacro ad Afrodite dea dell’amore, cantato già nel secolo VII a. C. da Archiloco come ornamento della Dea vittoriosa su Era e Atena nel giudizio di Paride, con tutto quello che ne seguì (la guerra di Troia, l’esilio di Enea, la nascita di Roma, la gloria italica e chi più ne ha più ne metta); celebrato poi da Ovidio, Baudelaire, D’Annunzio, Papini…; dipinto da Tiziano… E poi c’è il Mirto dei Sardi, e per gli accostamenti fai te. Non a quest’ultimo, tuttavia, ma a qualche crudelissimo amaretto nordico devono essersi abbeverati coloro che hanno elaborato la meravigliosa idea della riduzione sostanziale dell’obbligo scolastico, con la facoltà concessa di svolgere l’ultimo anno “anche” sotto forma di apprendistato professionale. Il ministro dell’Istruzione ha detto che già ora sono molti i giovani che abbandonano la scuola prima del compimento dell’obbligo, e che scandalizzarsi di un provvedimento “regolarizzatore” di quell’abbandono è ipocrisia. Il punto è capire se l’istruzione è necessaria, indifferente o dannosa per chi entra nel mondo del lavoro; e anche sapere quale è il parere su questo del Ministro dell’Istruzione e del Ministro del Lavoro (Welfare, come si dice oggi per farsi capire meglio). Che alcuni settori del mondo imprenditoriale giudichino l’iniziativa interessante o addirittura intelligente, come hanno fatto sapere, non fa meraviglia: questo nostro capitalismo empirico e scassato continua a vagheggiare manodopera a basso costo (e quindi poco “professionale”), senza neppure domandarsi se in un “sistema” come l’attuale questo non corrisponda all’uovo oggi senza mai più galline. Ma che politici di cultura sbandieratamente cristiana non si soffermino a considerare se la prospettiva ottimale per tanti giovani, in difficoltà forse momentanee nel mondo della scuola, sia un’attività lavorativa “suddita”, nella quale le scelte siano sempre esterne alla loro vita, difficilmente capaci di “far fruttare i talenti” che hanno nascosti dentro; questo mi pare davvero un’ipocrisia clamorosa. Quanto a noi, lieti cittadini di questa Repubblica, come si dice, chi è causa del suo mal… Luigi Totaro Hai ragione, così com'è prospettata la tua intuizione etimologica è più convincente della mia, vorrà dire che gli unici titolari di richiami martoreschi nel cognome saranno quelli della schiatta dei Martorella, che dovrebbe avere lo zoccolo duro in Capoliveri, benché come ben sai sono i cavesi ad essere definiti "mardolai" ma è un'altra storia e là non c'è mirto che tenga quanto all'alludere. Per l'obbligo scolastico non mi stupisce l'illuminazione di certi imprenditori, secondo i quali magari si potrebbe far anche di meglio, se la smettessimo ad esempio con questa fisima dello sfruttamento del lavoro minorile, oltre a risparmiare sugli insegnanti riusciremmo a disporre di manodopera a così basso costo da far concorrenza ai paesi del terzo mondo, si potrebbero far tornare produttive le solfatare sicule impiegando "carusi" da 8 anni in su, l'adidas ci manderebbe da cucire i suoi palloni, contrastando così efficacemente anche l'immigrazione, perchè la forza-lavoro minorile spaccherebbe il mercato. Si sbagliava Marco Bellocchio ad affermare nel titpòp del suo più noto film "la Cina è vicina", quello che s'avanza è il Bangla Desh
mirto sardo