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Controcopertina: Il clima da fine dell’Impero Romano d’Oriente e l' attesa del Dopo

Scritto da : Sergio Rossi
Pubblicato in data : domenica, 22 novembre 2009

Si comincia davvero a non poterne più. Il clima che si respira è da fine dell’Impero Romano d’Oriente, con alcuni che si riposizionano per essere pronti al Dopo, e altri che aspettano per vedere come si mette. Nella coalizione di Maggioranza si procede alla spicciolata: i più, fedeli al Capo, si applicano con dedizione a conservarlo quanto più a lungo possibile. Gli altri, che guardano al dopo, vengono considerati congiurati e proposti alla pubblica esecrazione. Il Sovrano non nasconde il fastidio e l’irritazione per quelli che considera delitti di lesa maestà, e continua a recitare se stesso e una sicurezza che sembra sentire tanto meno quanto più vuole ostentarla. Il Delfino-competitore, protetto dal ruolo istituzionale, sembra ormai essersi divincolato dalla morsa della concentrazione sul presente e sui problemi del Capo, e volge il suo sguardo al futuro (la sua fondazione, del resto, si chiama “Farefuturo”), agli scenari di domani; e gli basta questo per essere apostrofato come “compagno” (con un riconoscimento che fa onore ai “compagni”, anche se non fanno niente per meritarlo). In realtà Fini, liberatosi con qualche fatica dal “suo” passato, cerca ora di uscire da un presente che non ha più niente da dire, per guardare avanti a un nuovo liberalismo, che lo renda interlocutore credibile “Dopo”. Berlusconi e i suoi fedelissimi profondono ogni energia per mantenersi quanto più a lungo al potere. Anzi per mantenere lui, perché il loro destino da quello deriva. Ormai non lo nascondono nemmeno più, facendo capire che è una questione personale, come questione personale è stata la “discesa in campo” e sostanzialmente tutta l’azione di governo. Anzi, sembrano aver rinunciato a governare, andando avanti per la strada infida de “è il Popolo che ce lo chiede, è la Gente che ce lo chiede”, ben sapendo che la Gente e il Popolo non esistono più, perché la cultura che si è imposta (con il loro poderoso contributo) negli ultimi decenni ha lasciato ormai solo degli Individui che vedono solo se stessi. Del resto, quand’anche fosse il Popolo che chiede, è dovere di chi governa scegliere e decidere: perché in nessun ospedale i pazienti hanno discrezione sulle cure, in nessuna Chiesa i fedeli stabiliscono la liturgia, e in nessuna repubblica il popolo fa le leggi: il potere lo esercita eleggendo i legislatori, mentre il Governo dà esecuzione alle leggi da questi licenziate. E poi, sembra che il Popolo sia tutto dentro il corpo degli elettori che hanno dato il voto a questa Maggioranza, quando è ben noto che meno della metà degli elettori le ha dato il suo consenso, e un po’ di ascolto dovrebbe essere prestato anche ai dissenzienti (che sono poi la maggioranza numerica reale). Ma gli uomini del Capo procedono per frasi fatte e collaudate nella loro semplicità e capacità comunicativa. Un notevole esempio è costituito dalla locuzione “da quando è sceso in campo ha subito centosei processi”. Giuseppe D’Avanzo, in un articolo pubblicato ieri su “Repubblica”, compie un attento esame che smentisce questa pseudo-verità di fede. La lettura dell’articolo è edificante. Ma per riassumere, la stessa Marina Berlusconi, in un’intervista al “Corriere della Sera”, ha parlato di ventisei processi in tutto, considerando anche quelli in cui il padre è stato chiamato a comparire senza essere indagato. D’Avanzo, poi, li enumera dettagliatamente, e sembrerebbero solo sedici;e non è vero che Berlusconi è stato assolto in tutti, ma lo è stato solo in tre, mentre negli altri –quattro dei quali ancora in corso- semplicemente “non è stato condannato”, con motivazioni diverse. Dice che l’attività della Magistratura si è rivolta a lui ben prima che ‘scendesse in campo’(1994), e precisamente dal 1983, per proseguire in modo rilevante fino al tramonto di Craxi. In ogni caso, sedici o ventisei volte non sono un buon motivo per voler sapere se il Capo del Governo della mia Repubblica è un perseguitato o un furfante incallito (o un po’ e un po’)? L’altra storiella che la Magistratura vuole sovvertire la volontà popolare significa forse che si possono fare processi e pronunciare assoluzioni per via elettorale? E che senso ha l’idea che un Eletto, per il solo fatto di esserlo stato, deve poter governare anche se è un corruttore di magistrati e di testimoni, un malversatore, un evasore fiscale? O non è meglio accertare preliminarmente che non lo è? O dobbiamo davvero aver paura della Magistratura comunista, che è un roba da sbellicarsi dalle risate conoscendo i magistrati? E per quali interessi, per quali intendimenti? Tanto più che i “comunisti” politici (quelli del PD, per spiegarsi, e ce n’è bisogno), appaiono infinitamente più mansueti dei magistrati, a meno di non voler parlare anche di Di Pietro come di un “comunista”, che allora si può davvero chiudere. Ma già, è “comunista” anche Fini, e forse un po’ anche Tremonti! Poi c’è la Lega. A loro interessa il Federalismo fiscale (il Popolo glie lo chiede, come dice l’on. Cota ogni cinque minuti), e per ottenerlo sono disposti a vendere anche la mamma. E anche Berlusconi, se volesse andare a elezioni anticipate, e rompere il giochino. Per ora fanno i pompieri a tempo pieno, e ingoiano rospi esagerati: ma è il Popolo che glie lo chiede. Sarebbe interessante che qualcuno approfittasse di questi lunghi momenti di narcosi istituzionale per dedicarsi, anche separatamente da Fini e dai suoi, a progettare il futuro. Il difficoltoso parto del PD (eppure la Sinistra non è neanche primipara) si è finalmente concluso; e oltre le elezioni regionali, che sono sempre “presente”, c’è da immaginare il dopo, anzi il Dopo. E considerando che quello comincerà con un vuoto micidiale, vogliamo aspettare che quel vuoto sia riempito da ospiti più o meno graditi, più o meno gradevoli? Non voglio invocare –dio me ne guardi- un Governo-ombra. Ma è troppo chiedere almeno un pensiero ombra?


Luigi totaro

Luigi totaro