Caro Sergio, ho tentato (invano) di rimanere estranea alla controversia “crocifisso si o no?” fino all’ultimo; questa scelta nasceva per una mia incapacità di trovare una soluzione che mettesse d’accordo tre principi fondamentali per quanto riguarda la mia persona: la fede cristiana, la laicità dello Stato, il diritto di ogni persona al mantenimento e la tutela della propria identità culturale, una triade che in svariate occasioni mi ha fatto meritare l’appellativo di fascio-catto-comunista da parte di amici e parenti vari. Premesso ciò, ho sento la necessità di darmi una risposta, l’ho sentita come madre e come insegnante, perché si sa, i bambini fanno sempre le domande giuste al momento sbagliato, ed io non volevo farmi cogliere impreparata. Forte dell’ esigenza di chiarirmi le idee, mi sono armata di coraggio e, con fare inquisitorio, ho messo mio figlio a tavolino. “Cosa ne pensi del crocifisso in classe?” mi guarda esitante “Niente, non penso niente”. Come prima risposta è deludente, forse ho sbagliato metodo e domanda, cosa avrebbe dovuto rispondere un bambino che convive con il crocifisso e varie immagini sacre in casa e all’asilo da ben 6 anni, ovvero da quando è nato? . Gli do una Galatina e riformulo la domanda: “Secondo te il crocifisso dovrebbe esserci in una scuola? Cioè se lo togliessero ti dispiacerebbe?” “Sì, mi dispiacerebbe, perché Gesù mi protegge”. Ottima risposta per una credente. “E da cosa ti protegge?” “Per esempio se la maestra apre la finestra e entra un ape…. Gesù la manda via!” Mh…le api…. interessante come teoria (devo ricordarmi di fare un salto all’asilo delle Suore, per ringraziare le maestre di questo originale e moderno indottrinamento; io ho dei ricordi terribili del primo anno di religione alle elementari, tant’è che mia madre, dopo le mie nottate a fare incubi sulla morte, decise di farmi fare l’ora di alternativa). Rotto il ghiaccio, proseguo con l’interrogatorio: “Tu lo sai che ci sono dei bambini che non credono in Gesù, che credono in un altro Dio?” “No, non lo sapevo… e come si chiama?” Seguono due ore di ricerca su internet, durante le quali abbiamo analizzato insieme il significato del crocifisso (e mio figlio si è rimproverato di aver sempre disegnato Gesù sulla croce che ride…. “mamma, mi sa che non c’è tanto da ridere a morire dissanguati!”), parlando della pluralità di religioni presenti nel mondo, dei vari “Dii”. Ho appreso più nozioni in una serata passata al Pc con mio figlio che in 13 anni di scuola; ho scoperto che le donne musulmane possono camminare davanti agli uomini e che Buddha non è un ciccione obeso, che in Italia stanno aumentando i Protestanti e che il Corano parla di pace: insomma ho scoperto di essere ignorante. La risposta sull’opportunità della presenza del crocifisso in aula è venuta da mio figlio Leonardo, che dall’alto dei suoi 6 anni ha dimostrato di avere le idee molto chiare: il crocifisso può stare in aula, a patto che ogni bambino abbia la possibilità di vedere rappresentato il proprio Dio, o come direbbe lui “quello che ci protegge”. Faccio l’avvocato del diavolo: “E se un bambino non crede in nessun Dio?” “Dai mamma, non è possibile!” insisto: “Ci sono dei bimbi che non lo sanno che esiste Dio, oppure non ci credono che esiste!” “Allora glielo diciamo noi!”mio figlio adesso è agguerrito. “E se ancora non ci credono?” “Deh, allora vorrà dire che sul muro ci attaccano la foto della loro mamma!” questo paragone mi lusinga, le api tra l’altro non mi sono particolarmente simpatiche, ma ammetto che mi da una certa soddisfazione.
ape