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Escort e Trans, i nuovi mostri

Scritto da : Sergio Rossi
Pubblicato in data : domenica, 08 novembre 2009

Escort e Trans? Chi sono questi/queste Carneadi? Se non sono due noti modelli d’auto come si sostiene nel tam-tam di Internet, chi sono allora? I nuovi mostri? Più terra terra un’accompagnatrice tutto fare oppure un amore classico prezzolato? Un Giano bifronte dedito al culto di Dioniso o uno sventurato mezzo uomo e mezzo donna? Negli anni ‘53/’54 dello scorso secolo, all’epoca del supergiallo Montesi, un delitto che mise in ginocchio la DC, e del caso Sotgiu, annesso e connesso al primo (il presidente comunista della Provincia di Roma, moralista dalla doppia vita, costretto a sparire dalla circolazione), il mondo del sesso a pagamento di alto bordo, di qualsiasi natura fosse, produceva scalpore e sensazionalismo con linguaggio sobrio e contenuto per il clima dei tempi caratterizzato dal reato, oggi anacronistico, di offesa al pubblico pudore. Anche allora non era facile mettere la sordina sugli scandali, ma quasi sempre i panni sporchi si lavavano in famiglia difficilmente in pubblico. Tuttavia, l’amara lezione di quei giorni insegnò all’intera casta di stringere un tacito patto di pace per mettere i casi propri al riparo dagli scontri politici. La tregua si è rotta ormai da tempo e non soltanto per l’asprezza delle lotte intestine ai poteri, ma anche per la profonda mutazione dei costumi e per la svolta tecnologica nel campo della comunicazione. Nel “Corriere della Sera” del 31 ottobre, in piena odissea Marrazzo, il vicedirettore Pierluigi Battista raccoglie il grido di dolore di politici e dintorni sulla fine della loro riservatezza, scrivendo di “requiem” e di “funerali” per la vita privata “espugnata non dalla vecchia inquisizione, ma da un’inedita spietata dittatura tecno-pettegola”. Due giorni dopo, lo stesso direttore del giornale, Ferruccio De Bortoli, rincara la dose alludendo, fra l’altro, “a un’informazione che si disputa brandelli delle vite private dei rivali politici e non”. A parte ogni altra legittima considerazione sulla trasparenza della vita pubblica, gli autorevoli editorialisti sembrano non ricordare che i personaggi pubblici, nell’epoca delle apparenze e del virtuale, hanno imparato a gestire il gossip e il sensazionalismo per conquistarsi popolarità, simpatie e solidarietà a buon mercato. Da Narcisi del XXI secolo, si adoperano per mettere in piazza il meglio della propria sfera privata attraverso i mass-media fino a Youtube, raccontando di sé stessi senza pudori sentimenti, storielle, delusioni, desideri, fobie, smancerie e persino pettegolezzi. E allora non possono invocare le ragioni della riservatezza quando torna comodo o sono presi in castagna, e magari salire in cattedra quando i panni sporchi finiscono in pasto al pubblico. Il presidente francese Sarkozy digrigna i denti contro la stampa francese, perché ha osato occuparsi del figlio che aveva candidato, con una spintarella nepotista, a candidato di un’importante società pubblica (grazie alla campagna dei massa-media, ha dovuto fare marcia indietro!). Il presidente USA Obama scomunica come nemici politici le TV di Murdoch che parlano sempre male di lui. Il governatore della California, Schwarzenegger, inasprisce le pene contro i fotografi dopo che è stato ritratto a torso nudo rivelando al mondo che la sua supermuscolatora si è trasformata in una poltiglia gommosa. Da noi, Lui, il premier Berlusconi, potrà essere anche il nemico pubblico numero 1 della libertà di stampa, ma sicuramente rappresenta la punta dell’iceberg di un fenomeno sintomatico dei tempi che ambisce a liberarsi della mediazione giornalistica con il fai da te della comunicazione e con il controllo delle fonti. Da sempre si combatte contro la suggestione alla reticenza, all’uso distorto dei segreti, all’arbitraria regolazione del rubinetto dell’informazione. Insomma, cresce un’intolleranza senza precedenti nei confronti del mestiere di ficcanaso autorizzato e svolto da sempre nel nome del cittadino che ha diritto di essere compiutamente e correttamente informato su tutto quello che bolle in pentola. Oggi in più la potenza delle tecnologie elettroniche costringe a fare i conti con un’informazione precotta e narcotizzata anche da parte delle fonti ufficiali a scapito dell’informazione giornalistica di prima mano e della cronaca in presa diretta e colta dal vivo: dal dilagare dei comunicati/veline riprodotti con il “copia e incolla”, alla diffusione nelle tv di audiovisivi preconfezionati, dalla censura all’autocensura sotto la spada di Damocle delle querele facili alle prevaricazioni dei magistrati che incriminano i cronisti in cerca di notizie per proprio conto e alternative alle conferenze stampa. I monopoli e gli oligopoli dei poteri non solo soffiano sul fuoco delle leggi liberticide, ma controllano sempre più e sempre meglio la dinamica delle notizie, provocando frustrazione tra i colleghi, germinando una pletora di precari passacarte, e offrendo pretesti al disegno editoriale di ridimensionare drasticamente le redazioni, e di sbarazzarsi di generazioni di giornalisti, il meglio della professione, con pesanti ripercussioni sul sistema previdenziale. La natura, le responsabilità e il controllo delle fonti stanno diventando il problema dei problemi per il futuro del giornalismo, causa e origine di tutti i nostri mali, di tutti i bavagli, guinzagli, lacci e laccioli che mettono a repentaglio la coscienza critica collettiva e modelli culturali di pluralismo e di tenuta democratica.


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