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Controcopertina: Anche l'Elba nella mozione parlamentare bipartisan "Navi dei veleni"

Scritto da : Sergio Rossi
Pubblicato in data : martedì, 27 ottobre 2009

Una proposta di mozione parlamentare decisamente bipartisan che vede per primi firmatari l' On. Ermete Realacci PD, l'On. Fabio Granata PDL, l' On. Luca Barbareschi PDL e di altri ben 57 parlamentari dei gruppi PD, PDL, MISTO, IDV, UDC (tutti in pratica, fuorché la Lega), pone al Governo la necessità di agire concretamente per la individuazione e la successiva eliminazione dei carichi delle "Navi dei Veleni affondate volontariamente nei nostri mari. Sia nel corpo che nelle conclusioni della mozione si fa riferimento all'episodio della nave "Toscana" che gli ambientalisti tedeschi della Thales sorpresero mentre scaricava in mare davanti all'Elba del materiale ignoto. Ecco il testo della proposta di mozione: Mozione La Camera dei Deputati, premesso che: nelle scorse settimane, con il ritrovamento del relitto di un mercantile carico di fusti sospetti al largo di Cetraro (Cs), è tornata di attualità la vicenda delle cosiddette “navi dei veleni” che sarebbero state affondate nel Mediterraneo e, soprattutto, al largo delle coste italiane; da quanto emerso finora il relitto individuato sarebbe quello della Cunski, una delle navi che secondo le inchieste della magistratura e le testimonianze raccolte dalla Commissione parlamentare sul Ciclo dei rifiuti sarebbero state inabissate dai trafficanti internazionali di rifiuti tossici tra gli anni ottanta e la metà degli anni novanta; negli atti del Convegno “I crimini contro l’Ambiente e la lotta alle ecomafie”, tenutosi a Napoli il 26 febbraio 1999 e organizzato dalla Commissione Parlamentare d’inchiesta sul ciclo dei rifiuti, si legge la seguente dichiarazione dell’allora Procuratore di Reggio Calabria, dott. Antonio Catanese: “Gli elementi probatori acquisiti, salvo le opportune verifiche, consentono di ipotizzare che il principale indagato abbia potuto affondare nel mare Jonio e nel Mediterraneo in genere, con l’avallo delle cosche reggine, circa trentadue navi, la più importante delle quali, per i riscontri probatori ottenuti, è certamente la nave Rigel naufragata al largo di Capo Spartivento”; nel 2001 nella relazione finale della Commissione parlamentare d’inchiesta sul ciclo dei rifiuti e sulle attività illecite ad esso connesse della XIII legislatura si può leggere “emerge uno scenario davvero allarmante: il Mediterraneo, da est ad ovest, da nord a sud e viceversa, è attraversato da navi, spesso vere e proprie « carrette del mare », che trasportano di tutto, assoggettate a controlli casuali ed inconsistenti. L’affondamento, al largo delle coste italiane, di almeno 39 navi (le cosiddette « navi perdere »), nonostante la carenza di riscontri giudiziari definitivi, non costituisce mera ipotesi. Si tratta di fatti attendibili suffragati da indagini giudiziarie ed accertamenti effettuati dai Lloyds di Londra che hanno dovuto corrispondere ingenti indennizzi assicurativi”; sono numerose le navi che compaiono nelle inchieste svolte dalle Procure interessate e in particolare: la motonave Nicos 1, partita nel luglio 1985 dal porto di La Spezia e mai arrivata nel porto di Lomè in Togo; la nave Mikigan, partita dal porto di Marina di Carrara e affondata nel mar Tirreno calabrese nell’ottobre 1986; la Rigel naufragata nel settembre 1987 al largo del Capo Spartivento nello Ionio reggino; la Four Star 1, partita da Barcellona e diretta in Turchia, scomparsa nello Ionio nel dicembre del 1988; la motonave Anni affondata nell’alto Adriatico nel 1989; la Rosso, spiaggiata nel 1990 ad Amantea; la Alessandro 1, colata a picco nel 1991 al largo di Molfetta; la Marco Polo di cui si perdono le tracce nel Canale di Sicilia nel 1993; quasi tutte le regioni costiere del nostro paese possono essere compromesse. In particolare dai documenti raccolti in questi anni e dalle varie inchieste della magistratura gli affondamenti sembrano riguardare particolarmente sette regioni: Emilia Romagna, Liguria, Toscana, Calabria, Basilicata, Puglia e Sicilia; da almeno quindici anni le associazioni ambientaliste denunciano, attraverso la redazione di circostanziati dossier, l’esistenza di una vicenda dai contorni allarmanti, legata allo smaltimento illecito di rifiuti pericolosi, anche radioattivi, negli abissi marini attraverso l’affondamento dei vettori. Per chiedere che si faccia piena luce sulle cosiddette “navi a perdere”, nel 2007 Legambiente ha promosso il “Comitato per la verità sulle navi dei veleni”, costituito da magistrati, giornalisti, esponenti politici, familiari di vittime, ambientalisti; di questi traffici si sono occupati nel tempo molti uffici giudiziari (le procure di Reggio Calabria, di Paola, di Catanzaro, di Matera, di Potenza, di Padova, di La Spezia di Bari, e di Asti) che hanno individuato diversi filoni di indagini tutti riconducibili ad un network criminale dedito professionalmente allo smaltimento illegale di rifiuti tossici e radioattivi in mare, lungo le coste di paesi Africani (Somalia, Libia etc.) o nelle montagne dell’Aspromonte e della Basilicata. Tutte le indagini portano alle stesse persone e vedono il coinvolgimento di soggetti appartenenti al mondo imprenditoriale e delle professioni, armatori, esponenti di spicco di organizzazioni criminali di stampo mafioso, faccendieri e soggetti legati ai servizi segreti deviati e rappresentanti di governi di diversi Paesi; i procedimenti giudiziari avviati non hanno mai fatto piena chiarezza su una vicenda che in alcuni momenti ha avuto anche risvolti drammatici. Basti citare la misteriosa morte del Capitano di corvetta Natale De Grazia, avvenuta il 13 dicembre del 1995, che lavorava nel pool investigativo della Procura di Reggio Calabria impegnata a fare luce sulla vicenda della motonave Rosso. O ancora l’omicidio nel marzo del 1994 in Somalia dei giornalisti Rai Ilaria Alpi e Miran Hrovatin, che stavano tornando a Mogadiscio dall’area di Bosaso, vero e proprio epicentro di traffici illegali e mala-cooperazione; secondo le denunce lanciate da Legambiente e dagli ambientalisti tedeschi della nave Thales sembra che l’affondamento in mare di rifiuti tossici sia una pratica condotta ancora oggi. La denuncia si riferisce in particolare ad un fatto accaduto al largo dell’Isola d’Elba nel mese di luglio di quest’anno, giorno in cui la nave ambientalista Thales avrebbe avvistato circa 10 miglia al largo di Marciana Marina intorno alle 21 di sera, una portacontainer maltese la Toscana gettare dei container in mare. Gli ambientalisti hanno anche denunciato che nel momento in cui l’equipaggio della Toscana si è visto scoperto, ha cambiato rotta e ha tentato di speronare la nave degli ambientalisti. Il fatto è stato anche documentato con delle fotografie; tutta vicenda non può essere classificata come una mera questione di inquinamento ambientale. Dalle dichiarazioni del collaboratore di giustizia e dai riscontri delle inchieste avviate risulta evidente infatti che siamo di fronte a un vero e proprio intrigo internazionale di dimensioni inquietanti sul quale occorre fare luce prima possibile coinvolgendo gli altri Paesi e gli organismi sovranazionali competenti. Tutto ciò premesso, impegna il Governo a coordinare l’azione del Ministero dell’Interno, della Giustizia, degli Esteri, della Difesa, del Lavoro della Salute e delle Politiche Sociali e dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare in una task-force che possa mettere in campo le risorse, i mezzi e le tecnologie necessarie per far luce su questa gravissima vicenda; a tutelare la salute dei cittadini e dell’ecosistema marino attraverso un’attività di ricognizione sugli altri siti marini emersi in numerose inchieste della magistratura come luoghi di affondamento di navi con il loro carico di rifiuti tossici e radioattivi, a cominciare dal sito di affondamento della Rigel; ad assicurare il massimo sostegno alla DDA di Catanzaro e alla Procura di Paola impegnate nel difficile compito di fare chiarezza sulla vicenda della nave affondata al largo delle coste di Cetraro e del suo carico sospetto, nonché sulla presenza di materiale radioattivo nelle località di Serra d’Aiello e Aiello Calabro; ad assicurare una rapida e totale messa in sicurezza e bonifica dell’area interessata dall’interramento di rifiuti tossico-nocivi e radioattivi nella provincia di Cosenza; ad assicurare le risorse necessarie per un immediato piano operativo di recupero de relitto della Cunsky e del suo carico, avvalendosi delle più moderne tecnologie esistenti. Analogo sostegno il Governo deve assicurare a tutte le altre Procure ancora oggi impegnate – e a quelle che decideranno di riaprire le inchieste sulle cosiddette navi a perdere già archiviate – nel complesso compito di svelare le trame criminali che si sono celate dietro gli affondamenti sospetti; a chiedere l’intervento degli Organismi Internazionali, in particolare dell’Unione europea e delle Nazioni Unite, per provvedere al recupero delle “navi sospette” affondate, anche in acque internazionali; ad avviare le necessarie indagini per verificare se a tutt’oggi, organizzazioni criminali pratichino l’affondamento in mare di rifiuti tossici o radioattivi, come sembra degli ultimi accadimenti verificatisi al largo dell’Isola d’Elba; On. Ermete Realacci PD, On. Fabio Granata PDL, On. Luca Barbareschi PDL (seguono le firme di altri 57 parlamentari dei gruppi PD, PDL, MISTO, IDV, UDC)


Toscana portacontainer in scarico

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