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Goletta Verde: blitz al Cavo contro un albergo al posto delle tramogge

Scritto da : Elena Maestrini
Pubblicato in data : domenica, 09 agosto 2009

Un grande striscione con la scritta: “Giù le mani dalla costa!”. È il grido d’allarme che Goletta Verde ha lanciato questa mattina dalla costa di Cavo, in località le Paffe, a Rio Marina . Così, dopo aver denunciato il pericolo nucleare in Toscana, l’imbarcazione ambientalista accende i riflettori sulla minaccia del cemento “vista-mare”. Quello che rischia di consumarsi a Le Paffe, infatti, è un caso eclatante di speculazione edilizia lungo costa. Genealogia di una speculazione edilizia. A marzo 2008 si è diffusa la notizia di una richiesta di acquisto con finalità di edificazione per i terreni che si trovano in località Le Paffe, e già da allora Legambiente ha denunciato gli appetiti speculativi malcelati dietro l’affare. Protagonisti della trattativa, infatti, sono i terreni che si trovano sotto l’antica cava di calcare, a soli trenta metri dal mare, con ancora gli scheletri dei vecchi pontili di carico, in un’area costiera di grande pregio paesaggistico. Non a caso il complesso de Le Paffe si trova abbastanza vicino alla “Costa dei Barbari”, il complesso edilizio costiero al centro del processo di “Elbopoli” insieme all’ecomostro di Procchio. Importante testimonianza di archeologia industriale, per la presenza di strutture e tremogge che ricordano l’epoca delle estrazioni di calcare, dai primi anni del’900 fino al dopoguerra, Le Paffe è diventata una zona particolarmente appetibile per gli speculatori. Sebbene in evidente dissesto idrogeologico, infatti, rappresenta una piccola enclave ritagliata subito all’esterno del Parco nazionale dell’Arcipelago Toscano. Tutt’intorno a Le Paffe, inoltre, si estende la Zona di protezione speciale (Zps) “Elba Orientale”, ragione per cui ogni progetto che insiste sul territorio di questa località deve essere sottoposto a valutazione di incidenza. Ebbene, il 28 novembre scorso il consiglio comunale di Rio Marina ha approvato, con i voti bipartisan di centro-destra e centro-sinistra, il Piano di recupero d’iniziativa privata e riconversione ai fini ricettivi delle tramogge. A proporre la trasformazione in albergo delle tramogge, progetto che implica il cambio di destinazione d’uso dei manufatti esistenti, è stata la So.Co.Ma. Da parte loro Regione Toscana, Provincia di Livorno e Soprintendenza per i Beni Paesaggistici hanno dato il via libera al progetto con una Conferenza servizi. Incredibilmente né la Regione, né la Provincia, né la Soprintendenza considerano le tramogge dell’ex cava di calcare un sito di archeologia industriale, tantomeno una testimonianza di rilevante valore storico, culturale e architettonico. E così nessuna delle istituzioni competenti si è fatta scrupolo di dare il semaforo verde al progetto di “recupero” delle tramogge, che preveda una nuova destinazione d’uso e la trasformazione delle antiche strutture minerarie in un alberghetto. Aprendo così la strada a speculazioni su più vasta scala. Come il Villaggio Paese di Vigneria, Paese rimesso all’asta con lo sconto da Demanio per 8 milioni di euro e di quella alberghiera di Cala Seregola. Almeno a Le Paffe, però, ci sono degli evidenti vizi nel procedimento autorizzativo dell’intervento di cosiddetto recupero, che, se impugnati, potrebbero salvare l’ex impianto minerario dalla speculazione edilizia. “Il progetto approvato dal Consiglio Comunale di Rio Marina – spiega infatti Umberto Mazzantini, portavoce Legambiente Arcipelago Toscano – secondo noi è in contrasto con gli strumenti urbanistici ancora vigenti in attesa dell’approvazione dei nuovi strumenti urbanistici ancora in itinere. Per essere più espliciti, l’edificabilità nella zona delle Paffe era subordinata alla realizzazione del Porto Turistico di Cavo da centinaia di posti barca, ma la prevista realizzazione del nuovo porto, grazie anche alle battaglie degli ambientalisti, è stata esclusa dai Piani della Regione Toscana e quindi dagli strumenti urbanistici comunali. Nonostante questo si vogliono “riconvertire” strutture interessate che non hanno mai avuto usi abitativi e tantomeno turistici, perimetri murari, strutture di deposito completamente prive di copertura, cioè semplici contenitori per immagazzinare calcare e non si capisce come si possa parlare di recupero. Che il progetto implicherà pesanti interventi sulle volumetrie esistenti e modifiche paesaggistiche, per altro, lo ammette la stessa Soprintendenza chiedendo misure di mitigazione degli impatti ambientali. Come se non bastasse, il progetto avrebbe dovuto essere sottoposto alle stesse procedure valutazione di incidenza ambientale richieste per le Zona a protezione speciale, ma non esistono tracce di Valutazione di incidenza per le tramogge di Le Paffe”.


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