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Una riflessione sulla grazia a Sofri

Scritto da : Elena Maestrini
Pubblicato in data : martedì, 22 luglio 2003

Quattro domande: 1) Sofri è colpevole o innocente? 2) la prima domanda può o deve avere rilevanza per un eventuale provvedimento di grazia? 3) la prima e la seconda domanda hanno a che fare con l'amministrazione della giustizia in uno stato di diritto o solo con la politica e con la storia? 4) La prima, la seconda, e la terza domanda hanno a che fare solo con la politica e con la storia o anche con la vita civile, con la sicurezza, con l'oggi (oppure se incappi nella pallottola della Lioce di turno sono cazzi tuoi....). Il Ministro Castelli afferma che le carceri sono piene di detenuti coinvolti direttamente o indirettamente in omicidi. Se si desidera intervenire sulla pena, come opera appunto il provvedimento di grazia, Sofri allora è uno come gli altri, o almeno lo è dal punto di vista del reato pertanto le valutazioni di opportunità vanno compiute su altri piani. Se invece si discute proprio il reato, è ovvio che l'amnistia sia la strada maestra. Mi sembra un ragionamento che si dispiega sulla ratio delle norme del nostro ordinamento. Quanto poi all'opportunità dell'amnistia, ritengo che non sia con un atto dimostrativo che si chiude un'epoca, soprattutto in un momento in cui il terrorismo si è riorganizzato e sta agendo come tutti sappiamo. Poi se vogliamo distrarci riducendo la questione ai "serenissimi" .....beh, facciamo pure, ma ricordiamoci che stavamo parlando di terrorismo, di morti, di stragi, di paura!!! Le istituzioni, la giustizia, la certezza del diritto sono il baluardo più rassicurante di fronte a questi pericoli: non rischiamo di minarli per scelte populiste che propongono un etica del "volemosebbene" cui non siamo ancora pronti. Qualcuno spiegò una volta: “Il nostro, come disse Sciascia, è un paese senza memoria e verità, ed io per questo cerco di non dimenticare”........era Paolo Borsellino. P.S.: Si badi che chi scrive non è un giustizialista, e addirittura ha idee sulla detenzione che sfiorano posizioni utopistiche. Questo sia per considerazioni di carattere "filosofico" o forse addirittura religioso (confido nell'unica vera giustizia che è quella di Dio), che per Euna "simpatia" (nel significato etimologico del termine) nei confronti della popolazione detenuta, derivante da una "frequentazione", a diverso titolo (come formatore e come collaboratore di una Cooperativa sociale) di molti carcerati. ancora si badi che non ho inteso affrontare il caso Sofri con logiche "di parte", conscio, anche per esperienze familiari, della pari spaventosità delle azioni del terrorismo nero (con esperienze familiari intendo l'attentato dinamitardo del '72 all'abitazione di un mio cugino, esponente del MSI, ad opera del terrorista nero Vinciguerra, che lo riteneva un "molle").


Sofri

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