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Scuola: tutti i numeri di uno scempio annunciato

Scritto da : Sergio Rossi
Pubblicato in data : mercoledì, 17 settembre 2008

87mila cattedre in meno in soli 3 anni. Il progetto dei ministri Gelmini e Tremonti per migliorare la scuola prevede per i prossimi tre anni (2009-2011), un taglio dell'organico docente di 87mila cattedre, con una manovra che quintuplica di fatto i tagli effettuati dai vari governi (Moratti, Tremonti, Padoa Schioppa), negli ultimi sette anni. Eppure, già dal periodo 2001/2002 al 2007/2008, a fronte di un aumento di 143.379 alunni e di 2.648 classi si è assistito alla soppressione di 18.314 cattedre con risultati niente affatto che positivi. "Se in 7 anni si è riuscito a tagliare 18.314 posti di lavoro e la scuola continua a non migliorare, cosa succederà con i tagli promessi? La tesi portata avanti dai ministri Gelmini e Tremonti – ha dichiarato Vanessa Pallucchi, presidente Legambiente Scuola e formazione – parte da un presupposto sbagliato. Come dimostrato dai tagli effettuati dai precedenti governi, non c'è affatto corrispondenza tra tagli alla spesa pubblica e miglioramento della preparazione scolastica. Anzi, gli effetti sono solo peggiorativi. Come non convince l'analisi del problema che attribuisce alla sola preparazione scolastica la capacità di formare competenze". "Quello che colpisce nella discussione di queste settimane – ha aggiunto il presidente nazionale di Legambiente Vittorio Cogliati Dezza - è che si sostiene che gli insegnanti sono troppi, e nessuno si chiede 'per fare cosa?'. Certamente è possibile fare razionalizzazioni per una maggior efficienza, a cominciare dalla proliferazione di indirizzi professionali ormai desueti, ma perché, per esempio, non ci si chiede anche che resa hanno avuto i finanziamenti alla scuola privata, che si sono moltiplicati negli ultimi anni senza nessun effetto positivo sul sistema?" Sono molte le questioni aperte e i punti irrisolti per Legambiente: Per la scuola superiore, già nell'occhio del ciclone per i problemi di gestione degli studenti (comportamento, bullismo) e basse performance (solo al 37° posto nell'indagine Ocse-Pisa per competenze scientifico-matematiche degli alunni quindicenni), questo taglio pari al 40,16% delle cattedre soppresse comporta un ulteriore peggioramento della situazione a causa delle classi ancora più numerose, con conseguente abbassamento della qualità d'insegnamento e della possibilità di intervenire sul fenomeno dell'abbandono scolastico che riguarda oggi circa 300mila ragazzi nei primi due anni delle scuole superiori. Effetti ancor più drammatici potranno verificarsi nelle scuole elementari, dove a causa della sottrazione di risorse umane, si va a modificare l'organizzazione e la didattica di quel pezzo fondamentale della nostra offerta formativa che oggi è l'unico che registra performance degli studenti al di sopra delle media dei Paesi Ocse. L'istituzione del maestro unico e la messa a rischio della scuola a tempo pieno infatti, avrà come conseguenza un impoverimento didattico e culturale a danno di quello che ora è un riconosciuto modello di successo. In generale, questi tagli presuppongono un incontrollato aumento del precariato chiamato a sostituire il personale docente, con conseguente effetto negativo sul processo che invece sarebbe utilissimo avviare per ridare dignità alla professione dell'insegnante, puntando sul merito e su un congruo aumento della retribuzione. In sette anni la scuola italiana ha perso 32.888 docenti di ruolo. Nello scorso anno scolastico i docenti precari sono stati 141.735 (il 16,82 % del totale), il 5,20% in più rispetto all'anno scolastico 2001/02. Ovviamente, un docente precario costa molto meno allo Stato anche perché lo si assume per il tempo strettamente necessario. Dei 141.735 docenti precari in servizio nell'anno scolastico 2007/08 infatti, ben 119.687 sono stati licenziati al termine dell'attività didattica, con un notevole abbassamento della qualità dell'insegnamento, sempre più nozionistico e meno orientato alla cura dello sviluppo complessivo. In questo panorama le scuole più piccole rappresentano solo un costo e diventano quindi le principali vittime del processo di razionalizzazione della rete scolastica. La scuola primaria perderà 314 sedi a fronte di un considerevole aumento di alunni: 45.729 in più dall'anno scolastico 2001/02. Questo, tendenzialmente, a danno delle scuole delle aree più marginali del Paese, che presentano indici numerici non in linea con i criteri di razionalizzazione. In assenza di criteri specifici per queste realtà si rischia quindi la chiusura di migliaia di plessi scolastici, situati soprattutto nei piccoli comini al di sotto dei 5000 abitanti, con conseguente aumento del disagio sia per le famiglie a causa del pendolarismo degli alunni anche molto piccoli, sia per gli enti locali che dovranno sostituirsi allo Stato per garantire il diritto allo studio nelle realtà colpite da questi provvedimenti. Gli effetti più pesanti della manovra si abbatteranno sui più deboli: il numero degli studenti disabili che lo scorso anno hanno usufruito del sostegno sono 174.404, un numero già assai limitato e che il ministro Fioroni aveva cominciato ad implementare, e che invece rischia ora di subire ulteriori e drammatici tagli. Stesso problema per l'integrazione degli alunni di cittadinanza e lingua non italiana a cui andrebbe garantito un sostegno individuale per facilitare l'inserimento, che in sette anni sono più che triplicati (passando dal 2,16% al 7,40% del totale) mentre i fondi relativi sono rimasti invariati. "Nelle dichiarazioni del ministro Gelmini – ha affermato Vittorio Cogliati Dezza – la responsabilità della più modesta preparazione degli studenti del Sud rispetto a quelli del Nord, viene imputata alla sola scuola, mentre il divario Nord-Sud costituisce un problema strutturale del nostro Paese, come evidenzia anche lo studio di Bankitalia sulla preparazione degli studenti: sono le opportunità date dal territorio e il livello socio economico delle famiglie a fare la differenza nella formazione dei ragazzi". Il ministero dell'Istruzione non sembra però nemmeno investire su quelle strutture territoriali finalizzate all'integrazione degli immigrati e al recupero delle nuove sacche di analfabetismo: dal 2001 al 2007, c'è, infatti, un progressivo taglio alla formazione per gli adulti, con una variazione in negativo del 60,06%. Dato grave in un Paese in cui 11 milioni di persone hanno solo la licenza elementare ed il 40% della forza lavoro ha solo il titolo di licenza media. "Se le opportunità di accesso alla cultura e alla qualità della vita sono scarse sui territori – ha sottolineato Cogliati Dezza - la scuola non può fare molto. Non a caso la forbice fra Nord e Sud del Paese emerge in molte delle indagini di Legambiente che si occupano della qualità territoriale". Altro tema caldo, quello delle proposte fatte sul tema dell'educazione civica: il Decreto 137 del 2008, Cittadinanza e Costituzione, prevede di reintrodurre nelle scuole lo studio dell'educazione civica per formare cittadini con un maggior senso civico. Ma ben poco si potrà fare se a pagare le spese dei tagli saranno i modelli organizzativi e didattici basati sulla trasversalità disciplinare e la cooperazione tra più docenti, il lavoro per progetti, il rapporto con il territorio. Dopo anni di sperimentazione didattica nel campo della cittadinanza attiva, si ritornerà così ad un'ora settimanale (33 ore l'anno) di specifico insegnamento, necessariamente più nozionistico. Secondo l'indagine di Legambiente "Ecosistema Scuola 2008" poi, il 23,62% degli edifici scolastici necessita d'interventi di manutenzione urgente e solo poco più del 50% ha il certificato di agibilità statica e il certificato di prevenzione incendi. Con il taglio delle classi e una media di alunni a classe destinato ad aumentare, si avranno classi molto numerose che non potranno essere ospitare in aule troppo piccole o che difficilmente garantiranno idonei standard di sicurezza e qualità della convivenza. "Eppure – conclude Vanessa Pallucchi – qui registriamo un dato positivo, perché rispetto al passato si è avviato un percorso mirato al risanamento e alla messa in sicurezza dei 41mila edifici scolastici italiani, con 1.300 milioni di euro stanziati per il triennio 2007-2009. Ci auspichiamo quindi che questo Governo sappia positivamente valutare e sostenere questa importante opportunità per le scuole di migliorare non solo la propria sicurezza, ma anche la propria sostenibilità, attraverso la possibilità di divenire produttrici di energia pulita con l'adozione di impianti ad energie rinnovabili, con un valore aggiunto di tipo economico e di utilità pubblica".


studenti manifestazione moratti

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