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Marciana Marina: Continua la battaglia della Torre con una lunga nota di De Fusco "E' insostenibile - dice - che chi si appropria di un monumento non commetta un reato" "Cessi questo stucchevole gioco della parti tra Sindaco e Zecchini "

Scritto da : Sergio Rossi
Pubblicato in data : giovedì, 11 settembre 2008

Michelangelo Zecchini mi chiede una risposta per i lettori ai quesiti sulla Torre di Marciana Marina da lui sollevati in un intervento del 9 settembre sulle pagine dei giornali on-line. Nessun problema anche se a questo punto i lettori dei giornali (e i cittadini in generale) per non sentirsi presi in giro, avrebbero maggior bisogno di iniziative concrete delle istituzioni più che di parole nostre sui giornali. Ma visto che il Ministro dei Beni Culturali e il Sindaco di Marciana Marina non ritengono di dover in qualche modo intervenire continuiamo a parlare anche se le questioni poste sono tante e non è possibile essere brevi. La prima cosa che mi sorprende è che a Zecchini di tutta la vicenda della Torre dia fastidio “la superficialità e noncuranza con la quale si parla di reati”: gli danno fastidio le parole del gruppo consiliare Lista Civica per Marciana Marina e le iniziative di Legambiente, in particolare l’esposto in Procura avanzato dal Presidente nazionale dell’associazione ambientalista. Mi sarei immaginato che per Michelangelo Zecchini, archeologo di fama internazionale e marinese di natali e sentimenti, la cosa che non solo desse fastidio, ma destasse indignazione, fosse il fatto che un monumento pubblico come la Torre fosse indisponibile per la comunità, occupato abusivamente da un privato, nell’indifferenza delle istituzioni. Mi sarei aspettato di trovarmelo a fianco nel sostenere la richiesta del gruppo consiliare Lista Civica per Marciana Marina di definire un progetto condiviso per l’utilizzazione pubblica della Torre e di convocare una Conferenza dei Servizi per richiedere l’affidamento del monumento al Comune di Marciana Marina quale Ente più idoneo ad assicurare la valorizzazione e la fruibilità del monumento in base a quanto disposto dal nuovo Codice dei Beni Ambientali. Ma tant’è. Occupiamoci di cavilli. Nella sua lettera Zecchini afferma “se i giudici del Civile, durante le varie fasi processuali, avessero ravvisato fattispecie penali, avrebbero inviato gli atti alla Procura della Repubblica competente affinché procedesse con l’azione penale, di per sé obbligatoria”. Un vero ossimoro. In tutte le fasi processuali, fino a quando la sentenza del tribunale Civile non è divenuta esecutiva, gli eredi Brignetti avevano pieno titolo per mantenere il possesso della Torre in forza di un contratto di acquisto che manteneva la sua validità. L’occupazione è divenuta abusiva dopo l’esecutività della sentenza che ha annullato quel contratto, quando i giudici della Cassazione e del tribunale non avevano più da oltre un anno alcun titolo e motivo per occuparsi della questione. Zecchini afferma ancora che “chi ha fatto riferimento all’art. 176 per la questione della Torre, ha preso un granchio. O, più esattamente, l’ha citato a sproposito”. Per supportare questa affermazione si addentra in una analisi partendo dal testo di questo articolo che recita testualmente: "Chiunque si impossessa di beni culturali indicati nell'articolo 10 appartenenti allo Stato ai sensi dell'articolo 91 è punito con la reclusione fino a tre anni e con la multa da euro 31 a euro 516,50 (…) I beni culturali indicati dall’art. 10 sono (cito anch’io testualmente questa parte che Zecchini casualmente non ha considerato): le cose immobili e mobili appartenenti allo Stato, alle regioni, agli altri enti pubblici territoriali, nonché ad ogni altro ente ed istituto pubblico e a persone giuridiche private senza fine di lucro, ivi compresi gli enti ecclesiastici civilmente riconosciuti(*), che presentano interesse artistico, storico, archeologico o etnoantropologico. L’art. 91 è norma speciale che aggrega ai beni culturali di cui all’art. 10, la cui proprietà è certa, gli stessi beni in qualunque modo ritrovati nel sottosuolo o sui fondali marini che invece a norma dell’art. 932 del Codice Civile apparterrebbero o al proprietario del suolo o, in concorso, al proprietario del suolo e al ritrovatore. L’art. 176, che fa esplicito riferimento ai beni culturali di cui all’art. 10 richiama l’art. 91 per includere nelle ipotesi di reato i reperti archeologici ritrovati da chiunque e non può certo escludere dalla previsione normativa gli altri beni culturali indicati dall’art. 10. Escludere dall’ipotesi di reato l’impossessamento di un monumento nazionale per riservarla ai ritrovamenti nel sottosuolo o sul fondo del mare sarebbe un paradosso. Comunque se nonostante tutto si volesse seguire Michelangelo Zecchini nella sua interpretazione la sostanza della questione non cambierebbe. Infatti, in via generale, fra i delitti contro il patrimonio figura, sotto il titolo Invasione di terreni ed edifici l’art.633 che recita al primo comma: Chiunque invada arbitrariamente terreni o edifici altrui, pubblici o privati, al fine di occuparli o di trarne altrimenti profitto, è punito, a querela della persona offesa, con la reclusione fino a due anni o con la multa da 103 euro a 1.32 euro. Completa la previsione l’art.639-bis dal titolo Casi di esclusione della perseguibilità a querela: - Nei casi previsti dagli articoli 631, 632, 633 e 636 si procede di ufficio se si tratta di acque, terreni, fondi o edifici pubblici o destinati ad uso pubblico. La dottrina e la giurisprudenza hanno in merito precisato che ad integrare questo reato deve concorrere il dolo specifico e cioè quello di occupare in modo cosciente e al fine di trarne un vantaggio. E che a seguito della ipercitata sentenza definitiva del 2005 della Corte di Appello di Firenze in sede di rinvio della Corte di Cassazione del 2004 la ex proprietà dovesse essere consapevole di occupare abusivamente un bene pubblico non c’è dubbio, basta leggere le dichiarazioni che sono state rilasciate alla stampa dagli eredi Brignetti o osservare il puerile rituale, da antico castellano, di alzare una bandiera blu quando la Torre è occupata e di ammainarla quando gli occupanti se ne vanno. I dati di fatto dimostrano che il reato esiste ed è continuato e spetterà comunque al magistrato qualificarlo con questo o quell’articolo del Codice, a meno che Michelangelo Zecchini non volesse sostenere che chi si appropria di un bene demaniale non compreso tra quelli definiti dall’articolo 91 non commette alcun reato. Ma farei una offesa alla sua intelligenza se gli attribuissi la conclusione che chi si appropria di un anfora finita nelle reti commette un reato grave e chi si impossessa di un monumento fa una cosa di nessuna rilevanza penale. Infine l’argomento conclusivo: in cauda venenum. Avrei millantato il credito dell’avvocato Golini, legale del Comune per la vicenda della Torre. E solerte il Sindaco si associa indignato alle affermazioni di Zecchini in uno stucchevole gioco delle parti che va avanti da un po’ si tempo. Lo studio Golini fu da me incaricato nel lontano 1995, quale Sindaco pro-tempore, di avviare il procedimento presso il Tribunale di Firenze per il riconoscimento della proprietà pubblica della Torre. Iniziativa di cui sono orgoglioso e che rivendico come merito della mia Amministrazione, senza la quale oggi non sarebbe riconosciuta la proprietà pubblica del monumento. L’avvocato Golini ha correttamente risposto alle domande di Sindaco e Archeologo che nelle comunicazioni ufficiali con l’amministrazione di Marciana Marina sono riferiti unicamente gli aspetti amministrativi e non quelli penali perché lo Studio si occupa di diritto amministrativo ed ha avuto un incarico in questa forma. Questo non significa che in sede di discussione, nel periodo del mio mandato, non si sia affrontato nei rapporti Amministrazione-Studio Legale il problema di come recuperare il possesso della Torre con iniziative anche penali una volta concluso il procedimento civile. Siccome di queste discussioni sono stato attivo interlocutore posso rivendicare la correttezza delle mie affermazioni e chiamare a testimone l’avvocato Tarchi che era all’epoca consulente del Comune e tramite nei rapporti con lo Studio Golini. Il mio interesse per gli aspetti legali di questa vicenda si è riattivato in tempi recenti, da quando ho assunto la carica di Consigliere Comunale di Marciana Marina. In questa nuova fase, dopo la approvazione del nuovo Codice dei Beni Ambientali ho riallacciato i rapporti con lo studio Golini per il tramite dell’avvocato Tarchi per assumere informazioni in piena trasparenza nell’ambito del mio mandato di Consigliere Comunale ed è in questa forma che ho acquisito le convinzioni che ho espresso. Il Sindaco dice che non ci sono le carte? Io al suo posto o al posto del suo predecessore le avrei richieste allo Studio che patrocinava gli interessi del Comune per avere chiarimenti sugli aspetti amministrativi e penali della questione ma non mi sembra questo il nocciolo del problema. Tuttavia siccome verba volant e scripta manent e il Sindaco e Zecchini sollevano un problema di onestà intellettuale e di correttezza politica c’è un modo semplice per fare chiarezza: il Sindaco chieda ufficialmente allo Studio Golini, che è ancora su questa questione il consulente del Comune, un parere legale per sapere se l’attuale occupazione della Torre è ancora un problema ammistrativo o è divenuto un problema penale configurabile come violazione del Codice dei Beni Ambientali e soprattutto chieda quali iniziative concrete si possono assumere per ottenere la disponibilità pubblica della monumento. Così magari riportiamo la discussione sui problemi concreti lasciando da parte litigi e polemiche inutili.


marciana marina torre

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