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A sciambere lungo e brodoso

Scritto da : Sergio Rossi
Pubblicato in data : domenica, 20 luglio 2008

Ci è venuto da riflettere su quanto questo numero domenicale sia al tempo stesso scarno e pesante , da un pezzo all’altro si ragiona di bracconaggio marittimo, di usura, di uso disinvolto del territorio. Se è vero che la cronaca fa riferimento a diverse forze dell’ordine dimostratesi efficienti nella repressione di reati (conclamati o ipotizzati che siano) , è vero pure che il quadro è poco consolante tenuto conto che per quanto si faccia resta la distanza (fisiologica) tra reati compiuti e reati scoperti e successivamente puniti resta alta. In momenti come questi troviamo particolarmente fuori luogo la stucchevole favola del nostrovecchismo, dell’elbanità, e le colate di melassa di chi vuole fare il cazzo che gli pare (leggi i propri suini comodi) e impastato tutto ciò con una buona dose di ignoranza delle vigenti normative confeziona una polpetta avvelenata fritta nell’esausto olio dell’isoletta verde e blu piena dei selvaggi nativi, dei “veri elbani” dal cipiglio fiero e dal modo brusco ma dal grande cuore e dalla adamantina onestà. Chi si è preoccupato di studiare un po’ di storia degli eventi locali, ma anche solo chi pone un occhio attento alle tradizioni popolari sa che “la cultura originale elbana” non esiste, è qualcosa di assolutamente indefinibile, poiché pochi posti nel mondo hanno, per incidente storico, visto accumularsi un tale pazzesco numero di stratificazioni culturali e correnti immigratorie. Senza offese per nessuno una razza più imbastardita di quella elbana ce ne vuole a trovarla. Facciamo allora che elbano è chi all’Isola “hic et nunc” opera, vive, senza curarci della inflessione padana o sarda, appenninica o ponzese, senza badare se si chiama Muller o Rodriguez, se arriva dal Canton Turgau o dal Monte Amiata e morta lì. Ma, tagliata la testa al topo, va anche detto che questa mescolanza, questo “malting pot” in salsa salmastra , non sta dando risultati proprio positivi; nonostante le enormi potenzialità (extra-antropiche) che questo posto avrebbe, l’Elba soffre un tale stato di depressione culturale che verrebbe voglia di far pompare Prozac in luogo dell’acqua nella condotta sottomarina. Cari elbani, la natura ci ha regalato un’isola irripetibile, la comunità regionale e quella nazionale ci hanno riempito di soldi (fin quando abbiamo continuato a far finta di essere “economicamente depressi”) quella europea a continuato a darceli, crisi o non crisi qui arriva un mare di gente, parecchi di noi fanno una vita agiata, molti pure troppo, ma se proviamo a guardare i parametri di alcuni servizi strategici a partire da quella che una volta si chiamava “nettezza urbana” fino ai trasporti ci viene voglia di mutare la denominazione di elbani in quella di elbanesi . Ma atteso che solo un razzista potrebbe affermare che così è perché gli elbani sono più tonti del resto del mondo una causa va trovata per capire la distanza che c’è tra le potenzialità di questa terra e quanto (poco) in qualità della vita dei cittadini si riesce a raccogliere . Il punto nodale per noi sta nella politica, ovvero nell’assenza di una coscienza politica diffusa, e soprattutto nell’assenza di quel rigore formativo nella costruzioni delle classi dirigenti che la politica dei tanto vituperati partiti assicurava (anche all’Elba) fino a qualche decennio fa. E’ innegabile che l’Isola di quaranta e pure passa anni fa, assai meno scolarizzata e meno ricca tendeva a selezionare i migliori, i più brillanti e i più creativi dei suoi cittadini come amministratori, oggi col disincanto dei sessant’anni appena compiuti ci ritroviamo sempre più spesso a constatare che larga parte del potere (mettendo dentro non solo gli enti locali ma tutte le istanze che contribuiscono alle scelte) sia in mano a furbi interessati o ambiziosi sciocchi, talvolta persino a degli sciocchi interessati che giungono agli onori per la totale deficienza dei meccanismi selettivi. E peggio andrà quando (policamente) moriranno gli ultimi patriarchi, non perché non sarebbe l’ora di pensionarli, ma perché dietro di loro (e pure per colpa loro), non vediamo nulla di consistente. Ci sentiamo molto bartaliani, in questo momento ci pare che sia “tutto sbagliato, tutto da rifare”, occorre ricominciare a costruire una vera classe dirigente per quest’isola cominciando se non dalle aste dall’ABC, creando soggetti che per prima cosa, prima di aprire bocca per sparare cazzate determinate dall’umore o dall’interesse personale, studino i problemi, le leggi, gli ambiti specifici. Quest’isola la può salvare solo l’intelligenza, la cultura ed il talento di chi ci sta, a patto che intelligenze culture e talenti si coltivino, e si dia loro spazio.


Brodo

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