A Roma, in due elezioni contemporanee il laico Zingaretti vince, il clericale Rutelli perde malamente. Presupponendo che si sia governata una città in maniera decente (e Roma lo è stata), l'ABC del marketing elettorale, da che mondo è mondo, prevede che per prima cosa si ricompatti il proprio elettorato, che deve potersi riconoscere pienamente nelle proposte e nelle persone candidate; partendo da questo lavoro si può poi tentare di risultare credibili anche nella sempre più ampia area mobile del voto tra gli schieramenti classici destra-sinistra. Fa quindi un po’ pena il balbettio di chi rimuove questa ragione di fondo della sconfitta romana biascicando di "effetto sicurezza" (che, certo, andava affrontata con un po’ più di piglio); forse, che le decine di migliaia di romani che negli stessi cinque minuti hanno votato Zingaretti e non Rutelli lo hanno fatto perché il primo è fratello di Montalbano? Ci manca solo che ora si apra qualche bocca per dare la colpa anche di questa sconfitta alla -sinistra radicale- (che di errori ne ha fatti molti, a cominciare da una poco tattica propensione ai “no” invece che ai 'come' e dalla divisione gruppuscolare, ma non certo quello di aver scelto un candidato perdente) e la rimozione sarà completa, roba da psicanalisi. L’ errore di fondo - mi pare - è stato quello di non fare le primarie per scegliere il candidato del centrosinistra, scelta che, al di là di essere prevista nello statuto del PD (se non ora, quando?) avrebbe mobilitato l’elettorato di riferimento, trascinandolo magari a votare al limite per lo stesso Rutelli, se avesse prevalso nelle primarie (nonostante abbia lo stesso appeal di un mal di testa). La cosa buffa, c’è da scommetterci, è che anche in Vaticano più di uno avrebbe preferito come Sindaco della Città Eterna un laico rispettoso e socialmente sensibile (com’era Veltroni) e come sarebbero stati Bersani o lo stesso Zingaretti . “La storia insegna ma non ha scolari” - disse Antonio Gramsci: per dimostrare che non è sempre vero, si può ricominciare, partendo dai territori e riaprendo una riflessione complessiva che coinvolga tutte le componenti della sinistra di governo diventate, loro malgrado, extraparlamentari, coinvolgendo che sente la sinistra l'altra necessaria gamba di uno schieramento democratico-progressista troppo frettolosamente archiviato. Toccato il fondo sarà paradossalmente forse più semplice, anche se più difficile, aprire quel processo costituente unitario che cancelli una volta per sempre la diaspora tafazziana della sinistra.
Roma campidoglio