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L'incontro con il nuovo dirigente degli Agenti di Custodia di Porto Azzurro

Scritto da : Sergio Rossi
Pubblicato in data : venerdì, 29 febbraio 2008

44 anni (i primissimi vissuti da capraiese) un lungo servizio al Ministero, una interessante parentesi in un istituto di pena “articolato” come quello di Pisa, dove ha conosciuto Sofri, Bompressi e Pietrostefani, un impegno a livello nazionale come sindacalista (ha siglato tre contratti). Vincenzo Pennetti il funzionario mandato a coordinare il lavoro delle teoriche 180 unità (in realtà in servizio effettivo sono una quarantina in meno) degli agenti di custodia operanti presso la Casa di Reclusione di Porto Azzurro si presenta con un curriculum rilevante. Il commissario è tra le mura di spagnole di Forte San Giacomo da tre mesi e si scusa quasi di presentarsi agli organi di informazione isolani dopo questo lasso di tempo, ma ha preferito farlo dopo aver studiato la situazione in cui dovrà operare, dopo aver memorizzato – dice – il nome di ogni singolo agente affidato alla sua direzione, e di ogni cittadino (sono 173: 62 stranieri e 111 italiani) ristretto a Porto Azzurro. Di numeri in conferenza stampa se ne scandiscono parecchi, ma Pennetti sembra preoccupato di sottolineare ad ogni passaggio che dietro il dato numerico c’è sempre una somma di problemi umani, una tensione professionale volta a conseguire un obbiettivo che sta scritto nella madre di tutte le leggi italiane, quella che impone che i luoghi di espiazione prima che a punire, prima che a proteggere dalle deviazioni comportamentali la società, debbano servire a restituire alla società dei cittadini migliorati rispetto al loro ingresso oltre le sbarre. Più del 10% dei detenuti di Porto Azzurro fruisce di benefici collegati all’impegno lavorativo esterno: 4 in regime di semilibertà 11 “ammessi all’Art. 21” . Certo potrebbero essere di più e il contributo degli Agenti di Custodia perché il processo si affermi, perché altri possano accedere al principale degli strumenti di reinserimento sociale, quello basato sul lavoro e il vigilare, il monitorare i detenuti da entrambi i lati del ponte gettato sul fossato che divide “l’ergastolo azzurro” dal resto dell’Isola e del mondo. Gli agenti, ora infatti, seguono i semiliberi e i lavoranti esterni, uscendo in divisa o più discretamente in borghese, sul luogo del loro impegno, studiano i singoli casi nel carcere, annotano i processi virtuosi che si instaurano nei percorsi di recupero. Pennetti ce la mette proprio tutta per far capire quanto la realtà del carcere e degli operatori del carcere sia distante dall'immaginario collettivo che è rimasto molto ma molto indietro, quanto si sta facendo e quanto c'è ancora da fare. Parla dell'indulto che ha rimescolato le carte e soprattutto ha determinato la presenza a Porto Azzurro (dove si arrivava solo con condanne per un numero rilevante di anni) di condannati a pene detentive di minore entità, con problematiche nuove. C'è una diffusa necessità di alfabetizzazione ad esempio, c'è la necessità di ricalibrare gli interventi educativo/scolastici: bene che ci siano opportunità di seguire ad esempio i corsi dei licei, ma occorrerebbero anche interventi più orientati verso il tecnico ed il professionale. Tutto deve essere collegato alle opportunità nuove a cominciare da una grande, grande come un'isola, quella di Pianosa, che attualmente assorbe solo qualche unità lavorativa (sia tra gli Agenti di custodia che tra i detenuti) ma che se si svilupperanno sinergie positive in particolare con l'Ente Parco che sovrintende alla salvaguardia ambientale dell'Isola Piatta potrebbe rivelarsi anche come un importante "giacimento lavorativo", così come le strutture espositivo-museali per le quali si sta lavorando con i comuni elbani, ed in particolare con quello di Porto Azzurro che ospita l'istituto. C'è il tempo per parlare degli sforzi dell'amministrazione, per umanizzare la detenzione dei reclusi e per alleviare le pene indotte ai loro congiunti, muovendosi nell'arco dei regolamenti che restando un punto fermo ed invalicabile più della cinta muraria, ma cercando di cogliere le opportunità consentite, a partire dall'accorpamento delle ore di colloquio con chi sconta la pena in un'isola non facilmente raggiungibile. Ma è significativo, dopo aver ragionato sul tanto che c'è ancora da fare all'interno delle mura spagnole, per iniziare sul miglioramento delle strutture, che l'incontro si chiuda, ragionando di aspettative, con il funzionario che introduve il concetto di "osmosi", lo scambio tra carcere e territorio che può e deve condurre ad un arricchimento reciproco. Perché l'umanità che si concentra nella parte più alta della collina che domina Porto Azzurro è anche una risorsa per quest'isola, e quest'isola può essere un luogo dove chi ha vissuto per vie traverse, inizi a riprendere la buona strada.


Vincenzo Pennetti

Vincenzo Pennetti