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La rassegna Le isole dentro e intorno a noi da Rossellini a Salvatores

Scritto da : Sergio Rossi
Pubblicato in data : domenica, 24 febbraio 2008

Giovedì 28 Febbraio ore 21.00 "TRAVOLTI DA UN INSOLITO DESTINO NELL'AZZURRO MARE DI AGOSTO" di Lina Wertmuller ( Italia 1974, col, 125') Giovedì 6 Marzo ore 21.00 "STROMBOLI TERRA DI DIO" di Roberto Rossellini (Italia 1949, b/n, 107') Giovedì 13 Marzo ore 21.00 "L'AVVENTURA" di Michelangelo Antonioni (Italia 1960, b/n, 140') Giovedì 20 Marzo ore 21.00 "MEDITERRANEO" di Gabriele Salvatores (Italia 1991, col,95') Giovedì 27 Marzo ore 21.00 "RESPIRO" di Emanuele Crialese (Italia/Francia 2002, col,90') Giovedì 3 Aprile ore 21.00 "PADRE PADRONE" di Paolo e Vittorio Taviani (Italia 1977, col, 117') Giovedì 10 Aprile ore 21.00 "IL POSTINO" di Michael Radford in collaborazione con Massimo Troisi (Italia 1994. col,113') Giovedì 17 Aprile ore 21.00 "L'ISOLA DI ARTURO" Di Damiano Damiani (Italia 1962,b/n,92') Giovedì 24 Aprile ore 21.00 "QUANDO SOFFIANO LE BALENE” documentario di Paolo Mercadini (Italia 2007, col, 60') La rassegna Le isole dentro e intorno a noi da Rossellini a Salvatores, affronta la tematica dell’insularità mediterranea e del Lrapporto tra l’uomo, il mare e il territorio dell’isola. I film proposti appartengono alla realtà del cinema italiano della seconda metà del ‘900, si va da Stromboli terra di Dio di Rossellini fino al Mediterraneo di Salvatores. L’italianità della selezione ci consente di restringere e delimitare un campo tematico altrimenti estremamente vasto ed eterogeneo. In questo modo possiamo individuare un filo conduttore comune che guarda almeno tre aspetti complementari: la rappresentazione che alcuni grandi registi italiani hanno restituito dell’esperienza umana dell’insularità e del rapporto tra uomo e ambiente mediterraneo, la riflessione che essi hanno sviluppato sulla relazione esistente tra l’uomo ed i confini, tra l’uomo e l’oltre (sia esso fisico, geografico, filosofico, culturale, etc.), la riproduzione filmica dello sguardo incantato e aperto che l’uomo lancia da sempre oltre gli orizzonti geografici. Nei film scelti la vita del e sull’isola costituisce un terreno rigoglioso e nutrito da cui i registi hanno raccolto spunti, idee, riflessioni intellettuali, suggestioni umane e spirituali estremamente diverse tra loro, anche contrastanti e opposte, ma che raccontano la dimensione isolana con uno sguardo affascinato e profondo. Nella cinematografia proposta l’isola assume vari aspetti, varie forme, differenti per contesti storici in cui film sono stati realizzati, diverse per periodi in cui i film sono ambientati, disparate anche per la collocazione geografica dei vari set : Procida, Sardegna, Sicilia, Eolie, Cicladi, etc.. Inoltre ogni autore ha scelto un aspetto particolare dell’insularità, vi ha ambientato storie completamente differenti, ha fatto emergere rapporti tra uomo/ambiente che sono frutto di considerazioni e riflessioni anche lontane. La rappresentazione dell’esperienza isolana, filtrata dallo spazio mediterraneo (anch’esso mutevole, completamente differente da film a film, a volte selvaggio, spietato e quasi tetro come in Stromboli terra di Dio di Rossellini (1949), altre consolante, meraviglioso e rappacificante come in Mediterraneo di Salvatores (1991), sembra oscillare, con un’articolazione di sfumature variegate, tra due poli opposti. Da un lato, la vita insulare, lo sguardo che l’uomo getta verso l’orizzonte si fa modello esemplare della spinta verso l’oltre e l’altrove, simbolo della continua attività umana di ricerca di un mondo altro, arcadico, emblema dell’incessante passione verso la conoscenza e l’esperienza del nuovo e del diverso. Qui l’isola è il territorio prediletto di questo tentativo, di questo sguardo fantasticante e di speranza, ma, nello stesso tempo, diviene anche la terra della delusione, lo spazio che, appunto lontano dal mondo e isolato, ingrandisce l’impossibilità dell’uomo, un’impossibilità quasi ontologica, di appagare la sete di sapere, di trovare stabilità e pacificazione esistenziale. Dall’altro lato, il punto cardinale di arrivo di alcuni film più recenti, ci consegna una rappresentazione della vita insulare esattamente opposta e contrastante. L’isola diviene addirittura un punto ed un luogo di arrivo, diviene esattamente la meta che l’uomo ha sognato da altri luoghi ed orizzonti, che ha immaginato e sperato. Un’isola alla Rosseau, un mondo mitico dove scoprire e mantenere una certo equilibrio, una certa stabilità, dove poter “essere felici”. Mediterraneo di Salvatores, un film generazionale (come è stato definito), si inserisce a pieno titolo dentro questa riflessione, anzi ne rappresenta il punto estremo: l’isola greca, i personaggi maschili che la scoprono e poi la abitano, uomini adulti che scelgono di trascorrere il resto della propria vita in quel mondo fiabesco in bianco e azzurro, incarna il sentire, appunto, di intere generazioni contemporanee, il loro bisogno di fuggire dalla post-modernità del capitalismo avanzato e approdare lontano, riappacificarsi con se stessi e con gli uomini, sperimentare una nuova relazione armonica con la natura, elaborare nuovi valori e stili di vita. Ed il loro immaginario è collocato nelle terre al di là dal mare, oltre l’orizzonte, nelle piccole realtà insulari che ricordano piccole nicchie di paradiso terrestre. Tra questi due cardini, Stromboli terra di Dio e Mediterraneo, si collocano le altre opere selezionate. Due che affrontano il tema della formazione: Padre padrone (1977) dei fratelli Taviani e L’isola di Arturo (1962) di Damiano Damiani. Nel primo la condizione sociale del protagonista Gavino Ledda, che lotta contro il padre per emanciparsi dal backgruond socio-economico della vita di pastore, si unisce con la rappresentazione della Sardegna come paesaggio aspro e duro, come dimensione insulare che si fa simbolo dell’impossibilità di cambiare status sociale. Nello steso tempo l’isola è anche il luogo di tutta una serie di fascinazioni di traduzioni culturali alle quali il protagonista è inevitabilmente legato. E che costituiranno il campo di studio della sua carriera professionale. Nel film di Damiani, tratto dall’omonimo romanzo di Elsa Morante, il territorio insulare di Procida diviene uno scenario suggestivo di formazione, momento idilliaco e naturale in cui Arturo cresce immerso in un immaginario mitico creato attorno alla figura paterna. Un luogo che produce leggenda e racconti eroici e che è destinato, con l’arrivo del padre accompagnato dalla seconda moglie, a farsi ambiente in cui le illusioni e le credenze infantili entrano in crisi, si disfano per sempre. Totalmente differente, e in una chiave leggera e comica come in Travolti da un insolito destino nell’azzurro mare di agosto di Lina Wermuller (1974), la dimensione insulare è guardata nelle sue caratteristiche di luogo lontano e isolato dove il ruolo sociale di ogni individuo è sospeso e cancellato. Qui l’isola offre la possibilità di allontanarsi e staccarsi dalle convenzioni e dall’appartenenza di classe del mondo reale e ricostruire sistemi di socializzazione e relazione diversi e nuovi. Un luogo dove mondi distanti, diversi e, in qualche modo, in conflitto, come quello del rude marinaio siciliano e comunista (Giannini) e quello della ricca crocerista milanese (Mariangela Melato), possono incontrarsi e integrarsi l’uno con l’altro. Infine, l’ultimo aspetto dell’insularità che questa rassegna vuole approfondire, è quello del carattere passionale e spirituale delle società umane del Sud d’Italia Nel film Respiro di Emanuele Crialese (2002), è rappresentato da un’isola senza coordinate geografiche precise e sospesa in un tempo senza storia. In un topico mondo meridionale, sperduto in mezzo al mare, staccato dalla civiltà e immerso nei retaggi religiosi, nella violenza di genere e generazionale, sopraffatto dalle passioni istintuali, Crialese crea un universo emblematico che emerge e pregna tutto il paesaggio dell’ambientazione (il film è girato a Lampedusa) di significati indefiniti, aperti e misteriosi. Sempre nell’indagine di un meridione arcaico e chiuso, terra di pescatori verghiani da anni ‘50, si muove Il postino di Michael Radford e Massimo Troisi (1994). Un film che trasforma il paesaggio suggestivo di un isola in paesaggio universale che si ispira e informa la poesia, vista come chiave alta e sublime per interpretare il mondo, rendere i suoi segreti arcani momenti di incanto. Il paesaggio insulare è trasformato in ambientazione poetica, bacino inesauribile d’ispirazione e mistero.