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Controcopertina: Lettera a Sarkozy da un venditore di aquiloni

Scritto da : Sergio Rossi
Pubblicato in data : mercoledì, 05 dicembre 2007

Caro Presidente Sarkozy , Ho letto il Suo discorso, tenuto in Cina la scorsa domenica, e pubblicato il 28 Novembre in Italia dal quotidiano “La Repubblica”. Lei inizia dicendo che “la Cina è impegnata nella più grande impresa di modernizzazione della storia dell’umanità”. Nel nostro piccolo e nella nostra minuscola e antica bottega di costruttori di aquiloni, (proprio il contrario di una moderna bottega), abbiamo sempre provato a crearci un’immagine concreta della parola globalizzazione, e abbiamo iniziato ad intenderla come qualcosa che succede alla porta accanto, nella bottega accanto alla nostra. In questo caso, nella “bottega del Cinese”, che vende aquiloni accanto a noi. Immaginare che i Cinesi stiano nella bottega accanto non è uno sport né un gioco. La loro è una presenza assolutamente reale, con cui fare i conti tutti i giorni, in modo drammatico. Abbiamo quindi analizzato alcune differenze tra la nostra bottega e la loro, per capire bene la loro modernità e la nostra vecchiezza. Farò quindi alcuni esempi. Ce ne sarebbero tanti altri, ma questi basteranno. Noi che siamo antichi paghiamo il nostro operaio Giuseppe l’Italiano 18 euro per ora, mentre il loro moderno operaio Giuseppe il Cinese viene pagato 0,20 euro l’ora. Il nostro antico operaio Giuseppe ha una assicurazione sugli incidenti da lavoro, il loro moderno operaio Giuseppe non ha alcuna assicurazione. Il nostro vetusto operaio Giuseppe fa parte di un movimento sindacale che lo difende, il loro operaio Giuseppe non ha alcuna difesa. Il nostro obsoleto operaio Giuseppe ha diritto alla parola ed alla critica, può votare i suoi rappresentanti ed esserlo a sua volta. Qualsiasi giornale è libero di riprendere le sue critiche ed amplificarle. Il loro operaio Giuseppe non può. La nostra decrepita bottega è in regola con le leggi sull’inquinamento, con le leggi sulla sicurezza sul lavoro, con le leggi sugli smaltimenti, ed in generale con tutto ciò che regola le relazioni tra le cose, le loro lavorazioni, l’ambiente e la sicurezza. Il loro operaio Giuseppe non crede ai suoi occhi quando gli parliamo di queste cose. Nella sua bottega queste cose non hanno neanche un nome. Il risultato di questa modernizzazione è che i nostri clienti passano ormai davanti alla nostra antica bottega, ci salutano gentilmente e poi vanno a comprare dal moderno Cinese. Abbiamo provato ad introdurre alcune modifiche nella nostra bottega, per stare al passo con la concorrenza, per modernizzarci anche noi. Abbiamo provato a diminuire le distanze reciproche, a concorrere in modo equo. Ma, sfortunatamente, il nostro operaio Giuseppe non vuol saperne di prendere 0,20 euro l’ora, di rinunciare all’assicurazione, alle rappresentanze, alle garanzie, ad un ambiente pulito, a tante altre cose conquistate in duecento anni di storia delle relazioni di lavoro. Allora abbiamo provato con l’operaio Giuseppe il Cinese, e gli abbiamo proposto di tornare indietro nei tempi, di tornare all’antico come noi, senza tanta modernità. E Giuseppe il Cinese ha incredibilmente risposto di essere ben disposto ad accettare 18 euro all’ora, la sicurezza sul lavoro, e tutte le altre antichità di cui soffre il nostro operaio. Come vede dal nostro esempio, sembra che alcuni operai Cinesi non siano affatto disposti a modernizzarsi ma siano invece ben disposti a tornare indietro, a lavorare alle nostre barbariche antiche ed incivili condizioni. Probabilmente abbiamo sbagliato da qualche parte, noi e i due Giuseppe. Ma non riusciamo a capire dove. cordialità Guido Accascina (Costruttore di aquiloni) P.S. Pochi minuti fa, nella bottega del Cinese, c’è stata una visita dell’Ispettorato del Lavoro. Il titolare dell’impresa è stato arrestato con accuse gravissime che comportano condanne penali. Ma per fortuna la modernità spazzerà via queste inutili cianfrusaglie


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