DOCUMENTO CONCLUSIVO DELL’ASSEMBLEA DEGLI ASSOCIATI DEL 02.05.2007 L’AREA MARINA PROTETTA: L’AUTOGOVERNO, LE REGOLE PER LO SVILUPPO, I CONTENUTI DELLA GESTIONE La CNA – proprio per gli interessi imprenditoriali che rappresenta – ritiene che la costituzione dell’area marina protetta debba essere innanzitutto un fattore catalizzatore di ricadute economiche positive per l’intero arcipelago. Vogliamo contribuire a dare fisionomia alle condizioni perché ciò possa accadere. Innanzitutto, la costituzione dell’area marina protetta non può essere un mero fatto burocratico. Perché possa funzionare deve essere, semmai, un fatto di esercizio democratico, un progetto partecipato. La CNA stessa, scegliendo di consultare direttamente gli associati in assemblea su questo tema, ha imboccato questa strada. L’area protetta va fatta perché è utile. Gli aspetti di utilità sono più d’uno, rilevano su piani diversi e vanno tutti tradotti in modo che la futura gestione dell’area marina non vada a collidere con le esigenze quotidiane della comunità locale. In questa prospettiva si assesta per noi il valore della sostenibilità. · C’è una chiara ragione di tutela del nostro patrimonio ambientale. Una tutela che deve diventare ancor più un fatto oggettivo ed un impegno sentito dalla nostra comunità, una premessa ragionevole per la crescita sostenibile. Per questo, nel controllo del rispetto delle regole – e ancor prima nella loro elaborazione - devono essere coinvolti gli stessi operatori, come condizione di garanzia per tutti (e di maggiore efficacia dell’attività delle autorità!). · C’è un’occasione di autogoverno attraverso la determinazione dei contenuti del regolamento. E’ un’occasione che vogliamo mettere sullo stesso piano di rilevanza della tutela ambientale per la convinzione che abbiamo che lo sviluppo richiede regole condivise come fatto sociale di una comunità che esprime i medesimi valori. · C’è poi un’esigenza di razionale utilizzo delle risorse sia dal punto di vista turistico che produttivo. L’area marina non è la bacchetta magica per risolvere tutti i problemi, ma è uno strumento utile per la promozione turistica dell’arcipelago e per affermare la gestione attiva della comunità elbana anche sul mare. Per questo sosteniamo che sono opportune gestioni snelle, efficienti ed efficaci. Non ci interessano i carrozzoni e non ci interessano organi di gestione in più oltre a quelli che ci sono (nel PNAT) e che assicurano già la rappresentanza di tutti gli enti locali. Chiediamo, semmai, che gli stessi enti locali e il parco attivino – in questa fase istruttoria e successivamente – tutte le forme di consultazione che coinvolgano in maniera non occasionale le associazioni di categoria, tra l’altro, sulle modalità, sugli strumenti e sulle priorità della gestione. Se serve più tempo per ponderare maggiormente le decisioni che dobbiamo prendere, per approfondire gli aspetti scientifici, per portare a migliore sintesi interessi non immediatamente coincidenti, per valutare le esperienze altrui, è giusto che questo tempo ci sia. E’ un compito innanzitutto dei comuni e del parco ottenerlo e utilizzarlo al meglio. Ci aspettiamo che si attivino in tal senso e che tutti si facciano parte attiva del confronto. Le potenzialità del turismo ambientale, che non significa solo belle spiagge e bei tramonti, sono enormi. La presenza di un’area marina protetta - opportunamente valorizzata - può inserirci in un segmento di mercato turistico con valore aggiunto più elevato, con importanti ricadute per tutti. Vogliamo un’area protetta che ci consenta di cogliere anche queste opportunità. D’altra parte, non potremmo accettare un’area marina protetta che, per la sua conformazione e per il suo regime vincolistico, ostacolasse la crescita di un settore importante per tutta la provincia di Livorno come la nautica da diporto. Ma vivere sul mare - e di mare - significa anche non tollerare che qualche “corsaro” pretenda di fare sempre e comunque i comodi propri. L’area marina protetta serve anche per dire chiaramente quello che è lecito e quello che non si può fare perché danneggia tutti. Alcuni tipi di pesca, l’ancoraggio selvaggio, la tolleranza verso comportamenti pericolosi e incivili fanno male a tutti noi. Veniamo, quindi, alle condizioni del nostro “si” all’amp. Non pretendiamo di entrare nel dettaglio della perimetrazione. Però vogliamo dire la nostra sulle attività. L’assemblea degli associati si è espressa con chiarezza perché nell’arcipelago non siano contemplate zone di tipo “A”, che rischierebbero di impedire lo svolgimento anche delle attività ad impatto insignificante. Nell’area marina protetta che ci immaginiamo ci sono alcune zone “B” e un numero maggiore di zone “C”. Riteniamo che i contenuti del regolamento debbano essere specificati al fine di consentire: in tutte le zone B: · il transito di imbarcazioni e natanti da diporto a velocità contenuta e l’ormeggio in aree specificamente attrezzate; · la pesca dei residenti con mezzi e strumenti come lenze, canne, totanaie, polpaie, traine; · la piccola pesca artigianale professionale. In tutte le zone C · quanto consentito nelle zone B; e inoltre: · l’ancoraggio libero per imbarcazioni fino a 15 (quindici) metri; · la pesca dei residenti con nasse e palamiti (70 ami a persona o 200 ami a barca); · la pesca dei non residenti con lenze, canne, totanaie, polpaie, traine; · la pesca subacquea (valutando se si possono prevedere limitazioni per il prelievo di particolari specie). Nell’assecondare, con i modi e le condizioni chiariti, il processo costitutivo dell’area marina protetta non possiamo tacere, tuttavia, la perdurante mancanza di un articolato “Piano spiagge” che avvertiamo come indispensabile per dare indirizzi univoci e certezze normative agli imprenditori che svolgono attività attinenti al settore del turismo balneare o sportivo. E’ passato abbastanza tempo da quando sono stati presi impegni per redigerlo da parte dei comuni e della comunità montana, ma ciò nonostante le imprese dovranno superare un’altra stagione turistica senza poter avvalersi di questo strumento. La CNA, ormai da alcuni anni, sostiene che l’Isola d’Elba deve colmare la propria carenza di infrastrutture per la nautica da diporto. La nautica può rappresentare un fattore di crescita, di diversificazione e di ridistribuzione del reddito. Per poter essere meta appetibile per un tipologia di diportismo che possa lasciare ricchezza sull’Isola abbiamo bisogno di incrementare significativamente il numero di posti barca disponibili nei porti e la gamma dei servizi a disposizione di imbarcazioni ed equipaggi. Le attuali tecniche di progettazione e i moderni ritrovati della tecnologia - dei materiali e delle attrezzature - consentono di ottenere questi risultati riducendo al minimo l’impatto sull’ambiente marino. Per questo, la CNA ritiene che sia compatibile sostenere la realizzazione dell’area marina protetta con la richiesta di decidere rapidamente di incrementare i posti barca disponibili. Anzi riteniamo che una cosa abbia bisogno dell’altra, per creare un intreccio virtuoso tra urgenza della tutela ambientale e condizioni di esistenza dell’impresa. Sta alle amministrazioni recepire queste istanze nella complessità dell’azione del governo locale, aprendo un confronto con le categorie economiche che riguarda la amp ma che contiene sotto lo stesso titolo le prospettive della programmazione territoriale senza dicotomie tra terra e mare.
scoglietto sub fondale 1 Ancora