Ieri il presidente della regione Toscana Claudio Martini gioiva per la sentenza della Corte Costituzionale che aveva respinto il ricorso del governo contro la legge regionale sulla pesca 66 del 2005, ma Lega Pesca butta acqua sul fuoco dell´entusiasmo. «Nessuna rivoluzione, come qualcuno ha detto – ci dice Ettore Ianì, presidente di Lega Pesca – Anzi, la sentenza rafforza il ruolo dello Stato come coordinatore delle politiche di indirizzo, nell´ambito della programmazione nazionale, alla regione viene dato un compito amministrativo». A conferma delle parole di Ianì Lega Pesca, Agci Agrital e Federcoopesca hanno emesso un comunicato ufficiale sulla questione nel quale si dice che «la sentenza della Corte non offre alcuna novità di rilievo, anzi conferma gli assetti istituzionali del settore ittico: un settore multilivello, in cui lo Stato coordina e detta i principi generali alla luce degli indirizzi comunitari e le Regioni effettuano attività legislativa di attuazione, gestione ed esercizio delle funzioni amministrative, ma sempre in un "quadro" nazionale di riferimento. Così le Associazioni del movimento cooperativo della pesca valutano i contenuti della sentenza 81/2007 della Corte costituzionale, che dichiara infondate le questioni di incostituzionalità sollevate dallo Stato su alcuni aspetti della legge della Regione Toscana (disciplina delle licenze, distretti ittici, etc.)». Per i presidenti delle tre grandi centrali cooperative della pesca Ettore Ianì, Giampaolo Buonfiglio e Massimo Coccia «Non si tratta di un giudizio soggettivo o politico ma di argomentazioni che si innescano direttamente nel solco già tracciato dalla giurisprudenza costituzionale con la sentenza 213/2006. Non vogliamo scavalcare nessuno, né ergerci a tutori della centralità dello Stato ma semplicemente contribuire a fare chiarezza sul complesso quadro di competenze da cui dipendono gli interessi del nostro settore». Per i pescatori in questo assetto istituzionale multilivello, la legge toscana, secondo la stessa Corte, «non confligge né con il riparto delle competenze in materia di licenza di pesca quale desumibile dal Titolo V della parte seconda della Costituzione, né con quanto indicato, quale norma interposta, dall´art. 12, comma 5, del decreto legislativo n. 154 del 2004, di modernizzazione del settore, secondo il quale «il controllo sulle misure di sostenibilità» nel settore della pesca (fondate principalmente sulla «regolamentazione dei sistemi di pesca, tempi di pesca, caratteristiche tecniche delle imbarcazioni e degli attrezzi di pesca, delle aree di pesca e dei quantitativi pescati») è esercitato dal Ministero delle politiche agricole». Quindi per le licenze di pesca allo Stato spetterà individuare il numero totale e il tipo delle licenze da concedere per una gestione razionale e unitaria delle risorse, mentre le Regioni, con il programma regionale, dovranno ripartire tra le Province questo numero in relazione ai diversi tipi di pesca e provvedere agli aspetti gestionali. «La Corte è tornata a ribadire con forza – sottolineano Buonfiglio, Coccia e Ianì – che nei rapporti fra lo Stato e le regioni devono essere previsti meccanismi idonei a dare attuazione al principio di leale collaborazione, specie in un settore, quale è quello ittico, caratterizzato da eterogeneità degli interessi e, quindi, delle competenze. In forza di queste considerazioni la sentenza 81/2007 della Corte costituzionale più che una novità rappresenta una conferma, che lascia invariati gli assetti istituzionali, e ribadisce e rafforza il dispositivo della programmazione nazionale di settore, quale definito nel già citato decreto legislativo 154/2007 di modernizzazione, che individua con precisione e chiarezza gli obiettivi della programmazione nazionale ed i soggetti attuatori. Come rappresentanti delle imprese cooperative di settore - concludono Buonfiglio, Coccia e Ianì - confidiamo nella capacità delle regioni di varare i relativi programmi regionali, per dare agli operatori le certezze che legittimamente attendono». www.greenreport.it
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