L’8 marzo del 2006, intorno a questa data simbolica e storicamente importante, si sono aggregate all’Elba (soprattutto a Portoferraio), tante donne che, alla De Laugier, hanno costruito - nell’ambito di diversi saperi e competenze – una bella giornata aperta a tutte e a tutti. Una giornata importante, frutto di un comune percorso di scambi e relazione, a cui però è mancato un seguito ugualmente pieno e soddisfacente. Tanti sono stati i progetti messi in campo: da un concorso di scrittura femminile all’intitolazione di una strada (pensati entrambi nel nome di Annarita Buttafuoco, donna elbana di grande rilievo sia nel pensiero delle donne che in ambito storiografico), dalla messa in atto di percorsi di formazione inerenti il corpo alla promozione di cultura femminile. E tante sono state le nostre proposte che, però, avrebbero avuto bisogno, per procedere con pienezza, di un sostegno istituzionale: sostegno che è venuto a mancare, nonostante l’impegno profuso da Cosetta Pellegrini, assessore alle Politiche Sociali del Comune di Portoferraio (unica donna presente, vale la pena di sottolinearlo, sia in Giunta che in Consiglio Comunale). Abbiamo detto che il Luogo di relazioni da noi e fra noi creato poteva essere il primo nucleo di un Forum di donne all’Elba. Una ipotesi certamente ottimistica, ma che abbiamo sentito tutte dentro come nostra. Un Forum, “il nostro”, inteso come Luogo, oltre che di relazione, di incontro e di proposte progettuali: nel tempo (prima e dopo l’8 marzo), ferme restando le nostre differenti provenienze (politiche, culturali, sociali, geografiche…) ci siamo ritrovate, a cadenze fisse, senza però mai avere, nonostante la nostra pressante richiesta, una sede di riferimento. Una sede importante e fondamentale non solo per noi, ma anche e soprattutto per le altre “oltre” noi, una sede in grado di contenere e di riportare all’esterno gli scambi e le proposte. Nel tempo, in quest’anno trascorso, abbiamo registrato che la mancanza di una sede dove ritrovarsi è stata, ed è, motivo di grande difficoltà: pur consapevoli che il nostro è un processo “in divenire” a cui tante donne, tutte quelle che ne hanno voglia, sono chiamate a partecipare e a contribuire, non avere un luogo fisico – ma anche simbolico – cui fare riferimento costituisce un oggettivo elemento frenante. Non si tratta solo di “muri”: senza nasconderci che si tratta di un percorso aggregativo estremamente difficile (non solo per le donne), i “muri” potrebbero permettere una visibilità, che a tutt’oggi ancora ci manca. Per questo in questo “nostro” secondo 8 marzo, pur partecipando per quanto possibile ai diversi appuntamenti che le differenti istituzioni locali si sono date, registriamo un disagio e un rammarico che non possiamo nasconderci. Crediamo nella nostra forza, crediamo che una società civile non possa non essere rappresentata in modo paritario, ci fidiamo le une delle altre, stiamo bene insieme, ma continuiamo a fare tanta fatica a formalizzarci, a presenziare, a definirci: la fatica di sapere che fatto questo non potremo e potremmo più essere a “disposizione” di quanti hanno sempre bisogno di noi (figli, compagni, genitori…) E’ certo un problema nostro, ma è anche un problema della società. Una società la nostra italiana particolarmente arretrata, in cui le donne non hanno visibilità (salvo le “belle donne”)e rappresentanza politica e sociale (a differenza di quasi tutti gli altri paesi europei e non solo). I numeri della discriminazione sono sotto gli occhi di tutti: fra i paesi dell’Unione Europea, l’Italia è il Paese con la minore percentuale di donne che siedono sui banchi del Parlamento Europeo. E non è solo la mancata rappresentanza: vale la pena di ricordare che viviamo in un paese, in cui, come emerso da una recente indagine Istat, 14 milioni di donne hanno subito violenze fisiche e/o psicologiche e più della metà da partner o ex. E le ragazze e le adolescenti finanche le bambine, sono sempre di più considerate oggetti di piaceri a disposizione di giovani e vecchi maschi predatori. E forse questa nostro comunicato muoverà il riso: ma vale la pena di sottolineare che è, appunto, un riso e uno scherno tutto italiano che non ha riscontro negli altri paesi (europei e non solo). In questo quadro di difficoltà c’è davvero bisogno – a livello nazionale e a livello locale – di “azioni positive”, che avrebbero una funzione importante nel promuovere ai diversi livelli ed in differenti ambiti la presenza delle donne, modificando nel tempo e nella collettività situazioni sociali e familiari. Abbiamo la convinzione – che qualcuno chiamerà presunzione – che le donne siano una grande risorsa per il vivere sociale. La capacità o meno di raccogliere l’istanza di partecipazione e di cambiamento è cartina di tornasole ovunque oggi in Italia. Anche all’Elba.
le donne di algeri picasso dipinto