Le cronache di questi giorni, i dettagliati resoconti giornalistici sulle vicende di criminalità organizzata, ci consegnano un quadro preoccupante per Portoferraio e l’Elba. Ci vuole più coraggio, più attenzione e più attivismo. Minimizzare, appellarsi all’elbanità, dire che i fenomeni sono esterni alla nostra realtà, serve a poco; può essere utile a raccogliere consenso, può strappare qualche applauso, ma alla fine rischia addirittura di essere dannoso: nelle realtà dove si verificano fenomeni mafiosi non c’è niente di più sbagliato che dire che quei fenomeni non ci sono, non esistono, non ci riguardano. Per decenni in Sicilia la mafia non è esistita e comunque, se esisteva, non se ne poteva parlare. La cultura del silenzio, della tolleranza, della passività è una cultura socialmente perdente. Serve al contrario una cultura del coraggio, della risposta ferma e democratica e, persino, come dice Don Ciotti, della rabbia: quella rabbia sana, positiva, che è ribellione morale, personale e politica insieme; quella rabbia che non ti fa accettare che sul tuo territorio, dove da sempre si dorme con la porta aperta, si possano instaurare fenomeni di questo tipo. Dalla sottovalutazione dei fenomeni nasce l’assuefazione; dall’assuefazione il silenzio, l’indifferenza; da questi fenomeni l’omertà. Per la criminalità organizzata, per la lotta ad essa, si potrebbe citare un refrain di una canzone di Guccini: “sempre l’ignoranza fa paura, ma il silenzio è uguale a morte”. Hanno fatto bene, pertanto, Rifondazione, i Democratici di Sinistra, la Sinistra Giovanile e il Presidente della Comunità Montana ad esprimere documenti duri e fermi, di forte richiamo civile. Per quanto già il quadro attuale lasci pochi dubbi, possiamo comunque cercare di capire meglio, grazie all’operato della magistratura e delle forze dell’ordine, la portata dei fenomeni; capire cioè fino in fondo quanti erano i presunti soggetti criminali, quanti servivano anche indirettamente la causa, quanti collateralismi vi erano (se vi erano) nella realtà sociale, economica, politica, quante erano le vittime di questo sistema. In queste cose è necessario tempo. Nel frattempo non possiamo restare con le mani in mano. Nonostante sia difficile fornire “ricette” rispetto a questioni sulle quali le istituzioni non hanno ancora maturato significative esperienze, ritengo che alcune iniziative, piuttosto semplici, possano essere assunte a breve: - nuove campagne di sensibilizzazione nei confronti delle famiglie, del mondo imprenditoriale e del lavoro, della scuola, sul tema della legalità; - creazione di un osservatorio comune che veda coinvolte le istituzioni locali, la Prefettura e le forze dell’ordine, le rappresentanze imprenditoriali e del mondo del lavoro, per favorire il monitoraggio costante dei fenomeni, l’analisi degli stessi, la prevenzione ed il contrasto sociale; - la nascita di percorsi di collaborazione e “messa in rete” col sistema col sistema creditizio e bancario per sostenere l’imprenditoria giovanile ed il mondo del lavoro sano. Rispetto a questi impegni -e ad ogni altro utile percorso che potrà essere individuato- le istituzioni dovranno essere rapidamente il prima linea. Per comprendere l’importanza di un simile impegno mi piace ricordare, in conclusione, una frase di Giovanni Falcone: "La mafia non è affatto invincibile, è un fatto umano e come tutti i fatti umani ha un inizio e avrà anche una fine. Piuttosto bisogna rendersi conto che è un fenomeno terribilmente serio e molto grave e che si può vincere non pretendendo eroismo da inermi cittadini ma impegnando in questa battaglia tutte le forze migliori delle istituzioni".
don ciotti peria