Caro Sergio, cerco di ricomporre i cocci di quel mio miserando scritto di alcuni giorni fa. Per quel che riguarda l’amico Mazzei voglio tranquillizzarlo: non credo che la scienza sia inaffidabile, solo la cialtroneria; i miei, poi, non sono giudizi “sparati a mo’ di insulto” ma ho semplicemente riportato un articolo della Stampa, nel quale, un pregevole opinionista, esprimeva giustappunto, un’opinione: certo non azzardata come la sua, là dove afferma che negli anni settanta non esistevano satelliti e/o computer che dessero più ragionevoli indicazioni. Certo venti anni sono lunghi, quando ancora non si riesce a fare una decente previsione del tempo per il giorno dopo, quindi in caso di pioggia non rimane che, con le tasche piene di soldi, andare al cinema e gustarsi, per puro amore della (fanta) scienza “The day after”, assai esemplificativo per il nostro futuro. Certo, è una mia lacuna assai grave, non apprezzo Al Gore, come meriterebbe, e certo lo meriterebbe, se non altro per la rapida eclissi che la sua immagine, uscito di scena il primo attore (Clinton), ha dovuto sopportare. Per quel che riguarda i “protocolli”, li ho sempre vissuti con un certo senso di disagio, a partire dal IV° Protocollo, un film assai mediocre, a quello celeberrimo dei “Savi di Sion”, un’atroce nefandezza sulla quale non vale il dilungarsi. Se poi parliamo di maremoti, allora rimane inoppugnabile la tesi elaborata a Chamonix, sull’innalzamento degli oceani in genere, pur in assenza di computer o satelliti, come dice l’amico Mazzei, rimane la scomparsa di intere civiltà: se parliamo di Atlantide, chissà perché insofferente di sciamani o stregoni che fossero, rimane tuttora un mistero che l’acuto Peter Colosimo sta sviscerando in tutte le sue, pur complesse, manifestazioni: jungle, ahimè, impenetrabili e deserti, come non potrebbero esserlo, infuocati. Una serie di importanti lavori apparsi sulla letteratura scientifica internazionale ha provato in modo molto convincente che, a fronte di una sempre crescente disponibilità di nuovi dati, rimane purtroppo ancora aperto il problema della affidabilità e dell’omogeneità degli stessi. Ciò costituisce un grave problema, in quanto l’analisi critica dell’omogeneità dei dati è un passo fondamentale che deve essere eseguito preliminarmente ad ogni studio sull’evoluzione del clima, in quanto le analisi climatiche a lungo termine, specialmente quelle volte a rilevare eventuali mutazioni del clima, richiedono l’utilizzo di dati omogenei. Una serie cronologica di un parametro climatico si definisce omogenea se le sue variazioni sono dovute unicamente alle modificazioni del tempo meteorologico e/o del clima. Come tutte le definizioni di principio, essa rappresenta una condizione ideale, raramente realizzata nelle serie storiche di dati metereologici con cui si lavora in pratica. Infatti è molto raro, se non impossibile, trovare serie secolari che siano tatalmente esenti da disomogeneità. ecc. ecc. (tratto da: Analisi climatiche e scenari futuri: Responsabile non anonimo della ricerca, dott. Maurizio Maugeri; Enti partecipanti: 1. Istituto di Fisica generale Applicata; 2. Osservatorio Astronomico di Brera; 3. Ufficio Centrale di Ecologia Agraria; 4. Istituto Scienze Atmosfera e Clima - CNR Questo è preoccupante, più delle astruse previsioni, più dei film o dei catastrofismi a buon mercato, più dei guru dell’ambientalismo nostrano, sempre con il colpo in canna, anche se spesso a salve. Nessuna visione d’insieme, soprattutto per quest’isola che, presto, grazie anche al contributo di lungo corso di coloro che operano nel settore, diventerà una discarica a cielo aperto, pur se “comprensoriale”. Il nostro, modesto, “day after” sarà senza ritorno, un polo globale della spazzatura, con gioia, presumo, di tutti gli animali, randagi e no, che scorrazzano allegramente per i nostri sentieri e paesi. Cari Saluti
Sir Isac Newton