Aderisco all’invito, molto opportuno, di Carlo Rizzoli, di pronunciarsi sull’incontro del 5 aprile, anche se temo che un dibattito limitato a chi frequenta la rete non sia esaustivo. Non siamo tanto abituati a vedere una sala piena di persone diverse fra loro e appassionate ad un progetto che si spera comune. E’ stato bello vedere riuniti chi lotta contro la guerra e chi lotta contro una strada che deturperebbe le colline dietro casa mia, perché sono entrambe un’offesa all’umanità. Vi prego, non dimenticate questo dato nelle varie discussioni on line. Non cancellate questo prezioso momento dietro una discussione serpentina nata intorno a tre parole. Non voglio sminuire il significato dell’intervento dell’avvocatessa Sangalli, che so benissimo esprimere un valore centrale per il gruppo che rappresentava e non solo, ma vi prego, non usatelo come elemento di divisione. I modi di fare politica nella storia della democrazia sono stati molti ed oggi si sente il bisogno di costruirne uno nuovo. Fino ad ora i metodi dei partiti e quelli dei movimenti hanno avuto i loro aspetti positivi e negativi. Gli uni hanno cercato regole democratiche, a volte, è vero, piegabili alle esigenze di pochi dirigenti, ma pur sempre una garanzia, gli altri, esprimendo i bisogni più urgenti, hanno raccolto gli entusiasmi di molte persone, la loro partecipazione attiva, ma spesso, al calare dell’entusiasmo generale, si sono tradotti in piccoli gruppi raccolti intorno ad una bella idea senza più agganci con la realtà. Non voglio fare analisi epocali né tantomeno dare ricette, tanto più difficili in una società dove l’informazione e la circolazione delle idee e dei modelli è così complessa, esprimo solo riflessioni dettate da esperienze dirette. In una discussione in classe, alla domanda “Perché secondo voi nella storia del 900 le sinistre tendono a dividersi più delle destre?” una ragazza ha risposto “Perché le destre sono più ciniche”, e un compagno l’ha corretta dicendo “le destre sono più concrete, le sinistre sono più legate agli ideali”. Nel cambiamento dovremmo cercare di riunire idealismo e pragmatismo, in un ossimoro rivoluzionario.
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