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A sciambere della cardata

Scritto da : Sergio Rossi
Pubblicato in data : martedì, 31 gennaio 2006

Certe volte, specie nel lessico familiare, usiamo delle parole, delle espressioni figurate di cui non conosciamo il significato originale. Facciamo un esempio quando un elbano dice ".. a quello bisognerebbe dargli una cardata .." significa che individua una persona che sta ad esempio indulgendo in atteggiamenti reprensibili a cui va data una lezione. Ma se chiedete alla stessa persona perchè ha usato il termine "cardata" almeno in 9 casi su 10 vi risponderà tirando in ballo la trasformazione fonetica dialettale di "caldo" in "cardo" e a testimonianza di ciò potrebbe citare l'erroneo derivato "dare una scaldata" di pari significato, immaginando che la scaldata derivi dall'atrito provocato alla pelle del punito dalle mani punenti. Ma il caldo in realtà non c'entra un piffero, quello che invece è relativo al modo di dire originario è la "carda" ovverosia "..macchina costituita da un cilindro rivestito di chiodi d'acciaio ricurvi che raddrizzano e distendono le fibre tessili". Tali macchine, nella loro povera versione manovrabile a mano con superficie chiodata ad arco di cerchio basculante, erano diffuse e visibili un tempo nelle botteghe dei tappezzieri-materassai. In quei tempi meno spreconi, chi aveva la fortuna di possedere un materasso di lana, di tanto in tanto lo faceva "rifare". Lì entrava in ballo la carda che districando le fibre ridava morbidezza e volume alla lana che poi dopo essere stata battuta e messa al sole (non si sapeva cosa erano gli acari ma così si levavano dai coglioni) veniva reinserita in un nuovo sacco che cucito e impunturato diventava un materasso "come nuovo" soffice e confortevole. I lettori avranno capito quindi che "dare una cardata" ha un significato quasi da supplizio medieovale cosi come l'apparentemente innocuo parallelo "dare una pettinata" o la minaccia "ti pettino io .." perchè sempre alla stessa operazione di riferisce (pettinare la lana) e con lo stesso attrezzo irto di chiodi. Cambiamo discorso: Il Comune di Rio Marina da qualche tempo produce documenti sempre più magnificatori dell'opra indefessa del grande duca pistoriese e dei suoi palafrenieri facendoci financo vagheggiare i tempi d'oro dell'araldo biscottiero che cantava le gesta impareggiabili di quel Titano amministrativo che fu l'Assessore Fratti ed altri suoi pari. Mirabile l'attacco di quello dato alle stampe oggi: "Di pari passo con l’ingente lavoro di messa in sicurezza e ripristino ambientale del territorio comunale, prosegue l’intenso programma di opere finalizzate a garantire nuova fruibilità e decoro ai centri abitati di Rio Marina e Cavo, impegno che ha qualificato tutto il mandato amministrativo". "Minchia!" Sfuggirebbe da siculo seno, sembra il bollettino della vittoria di Armando Diaz, ci mancano solo le truppe scompaginate e sparse dell'opposizione che risalgono la Valle dei Mulini che avevano disceso con tanta baldanzosa sicurezza...quasi uguale preciso. Ma cosa avrà mai fatto Zio Senatoron dei Senatoroni, croscio di sudore per l'ingente lavoro, per giustificare una cotale strombettata? Un po' di senso della misura no, eh? Poi si lamentano se uno, ogni tanto, gli dà una cardata.