Carissimo Rossi, alcune note sulle lettere del sindaco Martini, di Alberto De Fusco, di Elbareport, della signora Madioni; ma non nel merito dei fatti, quanto riguardo a un costume che si è affermato ormai nella nostra società, e che trovo preoccupante. Il dott. Martini ha voluto fare un commosso saluto a un amico che non c’è più, a una persona con la quale ha collaborato, che aveva tutta la sua stima. Lo ha fatto da sindaco, perché proprio come sindaco ha stretto il suo rapporto d’amicizia. Credo che sia da apprezzare un gesto così commosso e così disinteressato, e anche coraggioso, poiché coinvolge il suo sentimento in un caso in cui la ragionevolezza condurrebbe a un cauto silenzio. Poi, nella comprensibile commozione, Martini si spinge a una non necessaria difesa di carattere processuale –con tutte le distinzioni dovute–, e ingenera l’impressione che il sentimento d’amicizia in qualche modo dipenda dalla presunzione d’innocenza, quasi che l’eventuale colpevolezza lo potesse destabilizzare o attenuare. Ma soprattutto intraprende una strada che lo conduce ad affermazioni che non gli pertengono né come uomo, né come sindaco, né come medico, ma tutt’al più come “persona informata dei fatti”, che pertanto deve riferire alla magistratura e conseguentemente mantenere il segreto. Di qui la contestazione di De Fusco, e di Elbareport: e la risposta del dott. Martini che, per quel che interessa il mio ragionamento, introduce una considerazione che io riconduco a quel costume di cui dicevo all’inizio: “Ma, dice bene, Direttore, anche loro sono uomini e donne, che possono, come tutti gli umani, sbagliare (in buona fede, ci mancherebbe altro), che possono avere opinioni od interpretazioni diverse, che portano ad atti e risultati spesso opposti tra di loro, come dimostrano i diversi gradi di giudizio di una qualsiasi causa o il diverso utilizzo della carcerazione preventiva in casi simili”. Se è certo che i magistrati sono uomini fallibili, non è altrettanto certo che pertanto il loro parere, il loro decidere e il loro agire sia equivalente a quello di tutti gli altri uomini fallibili; perché a noi non interessa la loro umana fallibilità –ne abbiamo per conto nostro da vendere– ma la loro competenza, la loro professionalità, la loro obiettività: questa è la garanzia per la nostra vita sociale,e su questo si fonda l’affermazione di “fiducia nella magistratura” così diffusamente proclamata naturalmente proprio quando si sta facendo, sul piano “umano”, l’affermazione contraria. Voglio dire che noi dobbiamo essere certi che il magistrato opera secondo le leggi e secondo la giustizia: se sbaglia, il nostro ordinamento permette di rimediare all’errore con i diversi gradi di giudizio; e se l’errore è doloso –come in casi oggi all’attenzione della pubblica opinione– si ha la possibilità di portare il magistrato in giudizio: non si ha invece il diritto di processarlo per direttissima, né nel foro della pubblica opinione né in quello più subdolo della propria opinione. Nel caso di specie, il magistrato avrà applicato leggi vigenti –altrimenti il Tribunale della libertà si sarebbe pronunciato contro la decisione, su istanza dei legali degli inquisiti, che hanno il dovere di ricorrervi–, e non agito ad arbitrio: dunque è certo che le imputazioni prevedevano i provvedimenti assunti. Se questi appaiono severi oltre misura, il Parlamento potrà modificare la legge che li prevede: ma solo il Parlamento, non il singolo magistrato, né tanto meno questo o quel cittadino. Gli organi di opinione possono richiamare l’attenzione del Parlamento su eventuali storture delle leggi, e lo fanno, e lo hanno fatto sempre, anche ottenendo importanti risultati: ma fino a che la legge è vigente, il magistrato è tenuto a rispettarla e a farla rispettare. Per questo, con tutta la simpatia per la signora Madioni –che non conosco– vedo con qualche preoccupazione ripreso nella sua lettera il tema introdotto dal dott. Martini: “Non si vuole –dice la signora– con questo giudicare l’operato di Magistrati e Forze dell’ordine, ma ricordiamoci che anche loro sono persone come noi con le stesse probabilità di errare, ed io quel giorno pensai che era stato adottato un sistema eccessivo e clamoroso di procedere contro tutti quei Signori che erano accusati di qualcosa ma giuro non ho mai capito cosa, ed anche chi ha il dovere di informare mi ha profondamente delusa perché ha dato la notizia degli arresti con paginate gigantesche gridando allo scandalo, ma siete mai andati da questi Signori a chiedergli cosa era accaduto?”. Fin qui il ragionamento riproduce le osservazioni del Sindaco; ma poi si spinge oltre: “Credo comunque che quel Magistrato se ha un cuore ed ha avuto la notizia della morte del Sig. Tantini non possa essere tranquillo con la propria coscienza, perché in Italia non si usano certi sistemi nemmeno con gli stupratori, quanti genitori indignati, a cui sono stati strappati i figli, e vedono gli assassini liberi col sorriso beffardo della spavalderia, non pentiti e contriti”. Non è vero. Gli stupratori vengono sempre arrestati, quando sono identificati. E i genitori vedono liberi quelli che credevano gli assassini dei loro sventurati figli, ma non lo erano; oppure li vedono liberati dopo un congruo tempo perché le leggi –fondate sulla speranza della riabilitazione– stabiliscono la possibilità che, soddisfatte certe condizioni, i condannati anche per reati gravissimi possano riacquistare la libertà. Ammesso che sia una valutazione sbagliata, non è colpa dei magistrati che applicano la legge, ma dei legislatori. Ma noi siamo poi sicuri che vorremmo vivere in uno Stato in cui un nostro figlio, che pure ha violato gravemente le leggi della convivenza civile, sia abbandonato senza speranza alla morte civile o fisica? Ma la signora Madioni va ancora avanti: “Però i soldi dei contribuenti si usano per andare a prendere un signore qualunque che non ha mai fatto neanche le ferie all’estero oltre che a Capraia il giorno del primo maggio di sabato. Di che cosa avevano paura che scappasse? Qualcuno della stampa ha chiesto a quel Magistrato quanti soldi dei contribuenti a speso in questo modo, con queste missioni pericolosissime degne di rambo!”. Sarebbe troppo facile rispondere alla signora che una esibizione delle Frecce tricolori costa quanto far funzionare per un anno i pullman dell’ATL all’Elba, o semplicemente che il costo dei fuochi d’artificio per le varie feste patronali è almeno dieci volte superiore al sostegno che le amministrazioni comunali danno all’attività didattica delle loro scuole, e via dicendo di G8, ricevimenti di capi di Stato nelle residenze private di capi di Governo ecc. Potremmo tirar fuori gli stipendi dei parlamentari e dei manager di Stato o privati, fino ai ferrovieri che viaggiano gratis in treno. Non è responsabilità della signora Madioni se il discorso finisce sempre lì. E’ che la televisione ci ha convinto che ormai tutti si può parlare di tutto, e che il parere di ognuno è equivalente al parere di ciascun altro, al di là di competenze diverse e di diverse professionalità. E ci ha convinto che questa è la libertà di opinione alla quale è correlato il diritto di parola. Non è vero, è un inganno del quale i talk show portano intera la responsabilità, e che trova la sua massima espressione nel tristissimo spettacolo di uomini investiti di alte responsabilità politiche e amministrative che rispondono e conversano con un simpatico pupazzo rosso, divenuto l’autentico rappresentante del popolo. Non nascondiamoci, dunque, sulla rituale attestazione di fiducia agli organi dello Stato, per assumere il ruolo gratuito di esperti di tutto. Facciamolo, se vogliamo, col calcio; ma non con le Istituzioni. E al sentimento dell’amicizia lasciamo la nobile purezza che fa durare per sempre la convinzione di innocenza, magari anche oltre ogni prova contraria.
Marciana Marina - Piazza di Chiesa