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Alcol sesso e depressione come humus dell'omicidio di Porto Azzurro

Scritto da : Sergio Rossi
Pubblicato in data : sabato, 27 agosto 2005

In carcere si sta male, anzi malissimo qualsiasi cosa dicano in argomento le chiacchiere da bar, da comare o da sezione della lega, basta troscorrere qualche ora oltre i cancelli chiusi con il cervello aperto per rendersene conto. Il tempo non scorre e per sopportare la sua apparente immobilità per dormire ci si "stona" con gli psicofarmaci che si riescono ad avere, con il vino in cartoni distribuito in modiche quantità, ma che diventa preziosissimo oggetto di scambio nell'economia del baratto del carcere, una droga legale per ottenere la quale chi sviluppa dipendenza può giungere a fornire prestazioni sessuali ad altri detenuti. Lo sa bene chiunque diriga un carcere, lo si sapeva anche a Porto Azzurro dove anche in relazione alla presenza si detenuti musulmani (ergo astemi) che commerciano le loro razioni, si stava pensando ad un giro di vite alcolico. Ed un contesto simile avrebbe prodotto una lite tra alcolizzati finita con quelle tragiche coltellate alla gola di un povero cristo di quarantasette anni vissuto male e morto peggio. C'è un indiziato: il francese trovato con i vestiti macchiati di sangue che resta tale finchè gli esami sulle tracce ematiche e le impronte digitali trovate sul taglierino artigianale abbandonato a poca distanza dal luogo del rinvenimento del morto, lo scagioneranno o aggraveranno la sua posizione. Ma ci sarebbe attenzione verso altri detenuti sospettati di essere coinvolti negli "scambi" perchè ancora si deve sapere chi materialmente ha tagliato la gola del salernitano e chi eventualmente ha fornito supporto a chi l'ha fatto.


carcere porto azzurro

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