Anche quest'anno alle ore 11 di Domenica 1° Maggio a Portoferraio si ripeterà il semplice omaggio all'anarchico "pericoloso e gentile" Pietro Gori. Qualcuno si arrampicherà fin sotto la bella lapide in rilievo che lo ricorda e che ora domina la piazzetta del Comune, della democrazia portoferraiese che qualche anno fa proprio a Pietro Gori è stata intitolata. Qualcuno nel giorno che Gori definì "Dolce Pasqua dei lavoratori" guarnirà di un semplice mazzo di fiori rossi il marmo bianco. Quella candida pietra che prima guardava dalla facciata della antica Camera del Lavoro la Piazza Cavour, che il fascismo già morente osò rimuovere, ma che "l'iconoclasta mazzuolo fascista" come avrebbe scritto successivamente il Foresi, non ebbe il coraggio di frantumare. Un marmo che fu trafugato ed entrò in clandestinità durante l'occupazione nazista, e che ritornò con la Liberazione tra i cittadini a guardare una Portoferraio ancora ferita e piagata dalle bombe di una guerra che Gori avrebbe maledetto. Qualcuno domenica andrà a salutare un pezzo di storia intima e profonda dell'isola e di un mondo senza confini come vagheggiava Gori, quello dei marinai che cantavano: "Noi sugli abissi, tra le nazioni, di fratellanza ponti gettiam" lo farà obbedendo ad una precisa richiesta dell'Avvocato Anarchico: "Date fiori ai ribelli caduti - con la faccia rivolta all'aurora - al gagliardo che lotta e lavora - al veggente poeta che muor" Noi vorremmo sperare che ci sia qualcuno in più del solito a raccogliersi sotto quel monumento in reverente pensiero verso uno dei pochi veri grandi cittadini di questa piccola isola. E se qualcuno intonerà il Maggio goriano o l'Addio a Lugano nessuno si potrà arrogare il diritto di criticare o di storcere lo sdegnoso nasino berlusconiano. Perchè Gori è patrimonio universale è vero, ma la sua eredità morale va a quella composita parte dell'universo che ha sempre cantato: "Noi vogliamo l'uguaglianza - ci han chiamato malfattori"
Pietro Gori fiori 2004