Caro Sergio, In questi giorni (un pò sospetti per le elezioni alle porte) è partita una raccolta di firme per una legge di iniziativa popolare per " la ripubblicizzazione dell'acqua", anche in Toscana. Fra i diversi promotori RC, Social Forum, ecc.... Un compagno, generoso quanto insospettabile di doppiogiochismo, mi ha argomentato questa necessità con le affermazioni seguenti: 1) esigenza di svincolare la gestione di un bene comune come l'acqua dalla sola valutazione economicista 2) affermare l'acqua come diritto inalienabile della persona (garantendo una fascia gratuita a prescindere) e, nel contempo attivare una tariffazione fortemente disincentivante gli sprechi (ad oggi il consumo medio pro capite è 220 l/gg) 3) Darsi l'obbiettivo del dimezzamento del consumo di acque dolci a usi non potabili entro il 2015 (anche attraverso reti duali, bioedilizia etc) 4) Introdurre elementi di democrazia partecipativa che riportino nei territori gli interlocutori della gestione del servizio idrico 5) Garantire manutenzione straordinaria e ordinaria, di fatto costi passivi per un privato a cui la risorsa ha costo zero e vede aumentare il proprio profitto in funzione della quantità distribuita. Salvo il punto 5), di cui si fa francamente fatica a cogliere il nesso fra "profitti per la distribuzione" e, presunto, non interesse alla manutenzione straordinaria e ordinaria delle reti, gli argomenti sono del tutto condivisibili. Infatti li condivido senz'altro! La domanda è: che c'entra con la Toscana? Ripubblicizzare, significa pubblicizzare ciò che è stato privatizzato. Dov'è in Toscana un solo esempio di privatizzazione? Non dico della proprietà delle reti, cosa assolutamente da evitare, ma anche della gestione: dov'è, in Toscana un solo esempio? Non dico a Livorno, dove quote azionarie di ASA sono state vendute a AMGA (pubblica anch'essa) ma anche, che sò, ad Arezzo. La Lionnaise des aux è infatti interamente pubblica. Oppure a Grosseto: Acea è a maggiroanza pubblica ed ha la minoranza delle azioni dell'azienda di Grosseto. Dunque? Che cosa c'è da ripubblicizzare in Toscana? Davvero nella nostra regione ( e nella nostra provincia) la priorità sarebbe quella di ri-tornare al.......passato? Di ri-tornare agli assetti prcedenti le vendite di quote azionarie ad altre aziende pubbliche? In Toscana non c'è, invece, da aziendalizzare le gestioni che fino ad oggi, benchè pubbliche, non hanno garantito nè efficienza, nè efficacia, nè economicità al servizio? Con gravissimo nocumento, fra l'altro, per le tasche dei cittadini che pagano due volte per un servizio scadente e per la stessa risorsa acqua. Dunque, a mio parere, o la sinistra si pone il tema dell'efficienza, dell'efficacia e della economicità delle "public utilities" ( a maggior ragione delle aziende di gestione di una risorsa preziosa come l'acqua) o continuerà ad avanzare a zig-zag. Nei giorni ( e con i partiti) dispari, tessendo le odi del privato e nei giorni ( e con i partiti) pari, abbaiando al privato e facendo pagare il pubblico. In tutte e due i casi evitando di misurarsi con il progetto e la pratica alternativi. Una sinistra matura per una alternativa di governo e di progetto deve sapere che, anche in questa precisa fase storica, economia di mercato non deve essere sinonimo di società di mercato, ma anche che è possibile e indispensabile (con il progetto) orientare il mercato a sostegno della società (soprattutto delle sue parti più deboli e delle risorse più scarse). Tertium non datur, avrebbe detto Natta. Questo è ciò che, in questa precisa fase storica, è possibile fare. Oscillare fra gli zig e gli zag, significa contribuire a mantenere il "pallino" in mano alle destre. Significa, comunque e dunque, rimanere nella subalternità. Culturale, politica, economica.
Poggio fosso della nevera