“Grazie”, monologo di Pennac, interpretato da Roberto Marini, con la collaborazione dei partecipanti del “Corso Biblico” è stato portato in scena sabato scorso presso il teatrino della Casa di Reclusione di Porto Azzurro. L’assistente volontaria Cinzia, che ha diretto tutta l’opera, ha invitato alcune personalità elbane, i volontari dell’Associazione Dialogo e una ragazza di Pisa che svolge attività di volontariato, per l’associazione Don Bosco, nella sua città. Lo spettacolo aveva come tema i ringraziamenti che tutti noi facciamo quotidianamente, e metteva l’accento su quei “grazie” ipocriti che svioliniamo al fine di ingraziarci qualcuno, sottolineando quell’effimera patina di educazione che dobbiamo avere nei confronti degli altri, come ci hanno insegnato i nostri genitori: “..come si dice?”. All’evento ha partecipato un pubblico composto da elbani e non, quattro agenti della Polizia Penitenziaria e otto detenuti, oltre a coloro che facevano parte del cast. Otto reclusi su trecentoquaranta. Non che radio carcere non abbia funzionato a dovere, ma per presenziare alla rappresentazione bisognava presentare una domandina sulla quale bisognava firmare una liberatoria per le riprese filmate. Cosa non ha funzionato? perché poca affluenza ad un evento nel quale ci sarebbe satto un contatto con il mondo libero? Perché il recluso ha preferito starsene nella propria cella evitando il contatto esterno? Forse perché l’avviso in bacheca è giunto il giorno prima, dando poca pubblicità all’evento? Forse perché lo spazio del “teatro” carcerario è così ridotto che si dovuto fare una selezione mirata? Forse perché meno contatti ci sono meglio è? Perché? Si potrebbe, alla pari di Pennac, scrivere un monologo sui “perché no” in carcere, solo che non avrebbe successo come il “Grazie” di Pennac. Si potrebbe cominciare a chiedersi il perché nel ristretto spazio, i “civili” erano in prima fila e i detenuti in quarta fila, lasciando un vuoto che pareva il muro di Berlino. Perché questa suddivisione? in ultimo è stato detto che c’era una telecamera e quindi la separazione serviva a proteggere la privacy dei detenuti, per questo si è evitato il contatto tra reclusi e liberi. “Grazie” di aver preservato la privacy di persone che vogliono farsi conoscere.
Porto Azzurro carcere forte san Giacomo