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RITORNO A BABILONIA di David Malouf

Scritto da : Elena Maestrini
Pubblicato in data : martedì, 04 gennaio 2005

Era un bianco, anche se dall’aspetto nessuno avrebbe potuto dirlo. Era sciatto e malnutrito come un nero, e quando, con un grido perse la presa e franò ai loro piedi, mostrò di avere altresì l’odore di un nero, come quello delle acque morte della palude. E’ questa la percezione che hanno di lui, abbandonato sulla costa da una nave e riavvicinatosi al suo mondo dopo quindici anni di convivenza con gli aborigeni. Non rassicura la certezza che non sarà il primo, temuto attacco degli aborigeni, Gemmy è qualcosa di incontrollabile perché sconosciuto, un bianco diventato nero, l’inimmaginabile che compare a turbare una piccola comunità di emigrati europei, in Australia, alla metà dell’ottocento. Un microcosmo che cerca il suo equilibrio in una terra lontana, in cui i limiti della propria difesa dall’ignoto sono ben definiti. Ci si può aspettare l’ostilità degli indigeni, l’incontro con animali pericolosi, la furia di una tempesta, ma non Gemmy. Lui è l’imprevisto che nemmeno l’inconscio, forse, poteva prevedere. Non è più padrone della sua lingua, non è più capace di dormire chiuso in una stanza, e ogni tanto, la notte, deve allontanarsi dal suo nuovo vecchio mondo, per rincorrere l’unica certezza della sua vita, alla ricerca del magico conforto fra chi non lo accolse come un diverso, l’altro da temere e da fuggire. Proprio nel paradosso della sua vicenda si nascondono tutte le ansie di chi ora deve fare i conti con lui, con quello che rappresenta, o che si teme possa rappresentare. Il ricordo di due vite passate diventa angoscia dell’oggi, lo stesso colore della pelle la certezza del rifiuto. I pochi che non hanno dubbi sul fatto che in fondo debba trattarsi solo di un uomo, rischiano di pagare con un’emarginazione parallela alla sua. La quotidianità del villaggio, fatta di dure giornate di lavoro nei campi e di giochi di bambini, il sogno di un futuro più difficile di quanto ci si aspettasse per qualcuno sono il limite maggiore in un mondo così ostile e lontano. E forse Gemmy rappresenta proprio l’ identificazione della paura che nasce dal dubbio, dall’ignoto. Che cos’è, se non un luogo maledetto, quello che riesce a trasformare un uomo in una cosa? La notizia dell’accaduto aveva fatto il giro dei coloni. E una folla si era raccolta per vedere quell’esemplare di… di che cosa? Che cos’era quell’uomo? Solo la famiglia McIvor riesce a cogliere l’innocuità di questa persona, anzi, a percepirne la positività e la spiritualità tanto intense da sostenerli prima nella difesa del diverso, e dopo un epilogo tragicamente inevitabile, a vivere nella giusta dimensione il contatto con un nuovo continente. Qui il male che si temeva Gemmy incarnasse è invece lo strumento giusto per rapportarsi alla natura, agli altri, al tempo che passa. E anche se Gemmy non ci fosse più, vivrebbe in una pietra, in un animale, in un disegno di nubi nel cielo; l’uomo bianco diventato nero, che si esprimeva a gesti per farsi capire dai suoi che lo rifiutavano, non ha avuto bisogno di una parola per essere accettato dalla gente del Tempo del Sogno, che un giorno di quindici anni prima, non trovò un bianco su una spiaggia, ma (soltanto) un uomo bisognoso di aiuto. Oggi la bandiera della nazione aborigena è costituita da una banda rossa, il colore della terra australiana, e una nera, il popolo che l’ha abitata per primo, unite da un sole giallo, l’origine della vita. Il sole che per Gemmy, abbandonato e poi emarginato, ha brillato solo quando qualcuno non ebbe paura del colore della pelle, donandogli un popolo e una terra di cui potersi fidare, in cui essere solo un uomo. Michele Castelvecchi David Malouf RITORNO A BABILONIA Frassinelli Editore Euro 12,50


copertina ritorno a babilonia

copertina ritorno a babilonia

bandiera aborigena

bandiera aborigena