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REGIME

Scritto da : Elena Maestrini
Pubblicato in data : martedì, 14 dicembre 2004

Peter Gomez Marco Travaglio (Postfazione di Beppe Grillo) C’è un uomo che non accontentandosi dell’immortalità dell’anima, trascorre tutta l’esistenza a sforzarsi di lasciare una traccia del proprio passaggio nel mondo, e per il quale il proprio io è diventato una così devastante ossessione che ogni pensiero, ogni gesto, ogni parola hanno l’unico scopo di imporre se stesso non solo come il centro dell’universo, ma addirittura il fulcro della storia. Anzi, quanto più nella storia si colgono passaggi e testimonianze di grandi uomini, tanto più affannosa e delirante sarà la ricerca di un senso logico alla fine della propria vita, maledicendo chi non ha inventato ancora un filtro magico dell’immortalità che mai vorrebbe commerciabile a colpi di spot televisivi, ma da tenere invece ben nascosto, come il compasso, la squadra e la tessera numero 625 della Loggia Propaganda. Eppure c’è qualcuno che non riesce a comprenderne la grandezza, che ancora lo tratta come un corruttore incallito, alla stregua di un qualsiasi boss della cupola, mentre dovrebbe avere intuito che Lui per cupola intende forse una macchina miracolosa per ibernare i grandi, gli assoluti che meritano di attraversare lo spazio e il tempo in attesa che tutti capiscano e apprezzino con dedizione incondizionata il loro agire. Perché Lui non è come gli altri, Lui è il mortale che vorrebbe l’immortalità, ma non potendo, per una soluzione, fare affidamento sugli amici, deve allora contare solo sulle sue “misere” forze e puntare a quelli che sono i modelli del passato. Chi, fra decine di faraoni egiziani, si sarebbe ricordato di Cheope se non si fosse fatto costruire la piramide più alta? E non è forse vero che due imperatori romani sono un po’ più vicini a noi quando passiamo accanto alla torre Traiana o sotto l’arco di Tito? E’ inutile quindi andare a ricercare soltanto ingarbugliati intrecci fra politica e malaffare, o addirittura provare a vedere una effettiva utilità sociale in un’opera che dovrà essere invece solo celebrativa, esattamente come una piramide o un arco di trionfo. Il ponte sullo stretto di Messina sarà il nostro Circo Massimo: la consacrazione di un uomo che non potendo essere immortale avrà voluto lasciare all’umanità, anche a quella parte “cattiva” che non lo capisce, il segno del suo passaggio fra noi che abbiamo potuto beneficiare della luce fra il buio che lo ha preceduto e che lo seguirà. Tanto che solo gli eletti potranno accompagnarlo nell’ultimo viaggio attraverso le tenebre per giungere alla destra di suo padre Luigi e alla sinistra del Padre Nostro. Solo la famiglia e chi avrà avuto Fede in Lui godrà della gioia eterna di riposare in uno dei loculi del corridoio che porta al Sarcofago del Sacrario di Arcore, dove, emulo di Tutankhamon, potrà farsi inumare non appena il governo avrà varato una legge che permetterà a ogni italiano di farsi un Santo Sepolcro in giardino: basta che il giardino sia grande come il parco dei Monza, ma soprattutto che si trovi una schiera di cortigiani servili, anche di fronte alla morte. Lui ce l’ha. Il Mausoleo di Silvio il Grande già da una decina d’anni attende le future spoglie sue e dei vari Dell’Utri, Confalonieri, Galliani, Previti, eretto nei pressi del maniero del Cavaliere Templare che siede a Palazzo Chigi . Il “Mausoleo di Arcore” esiste davvero, non reca nessun simbolo cristiano ma strane forme dal forte richiamo esoterico. Le foto sono pubblicate su un catalogo dedicato al maestro Pietro Cascella, lo scultore che lo ha realizzato, edito da Mondadori. E questo è il vero dramma, perché se si trattasse di un riccone impazzito che crede di essere Gilgamesh e si fa fare trapianti di capelli scambiandoli per un elisir di lunga vita, forse sarebbe anche simpatico. Il problema è che non si chiama Gilgamesh, si chiama Silvio Berlusconi, ex tessera P2 numero 625 (la 626 era di Maurizio Costanzo), e alla guida del governo italiano non sembra nascondere più di tanto il fatto che, invece di seguire il programma del suo partito, sia piuttosto interessato a realizzare il Piano di Rinascita Democratica. Per avere un’idea di che cosa stia realmente accadendo in Italia, anche a causa di una opposizione politica tutt’altro che efficace, è necessario rivolgersi al lavoro di quei giornalisti che ancora hanno il coraggio di dire fino in fondo la verità, che possono pubblicare articoli o libri nei pochi spazi disponibili nella sempre più monopolistica gestione della stampa da parte di chi ha il potere. Non farneticazioni o deliri di faziosi cronisti, ma precisi documenti a cui è difficile replicare, e che quindi si preferisce relegare in ambiti sempre più ristretti e molto poco visibili. Accade così che un dibattito sul regime mediatico in Italia, presenti Massimo Fini, Marco Travaglio e Sabina Guzzanti, fra gli ospiti Carlo Freccero e Ferruccio de Bortoli, sia trasmesso da Teleregione, mentre Berlusconi elargisce monologhi e patti con gli Italiani, senza contraddittorio, a Porta a Porta. Marco Travaglio, immediatamente dopo la pubblicazione di “Montanelli e il Cavaliere – Storia di un grande e di un piccolo uomo” (Garzanti, euro 14,50) torna in libreria con un volume con cui, insieme a Peter Gomez, continua la sua denuncia contro le epurazioni di direttori di giornali e telegiornali, presentatori televisivi e comici. Operazioni di annientamento della libera informazione, aventi l’obiettivo di impedire alla gente di scegliere se condividere o meno le opinioni di Biagi o gradire o no la satira di Luttazzi. Impedire alla gente di pensare. Un altro libro difficile da leggere fino all’ultima pagina tale è la rabbia e l’amarezza che suscita. Ma poi basta immaginarsi la faccia stizzita dell’omino di Arcore ed ecco che le parole scorrono come gli spot pubblicitari su Retequattro. Michele Castelvecchi REGIME Peter Gomez, Marco Travaglio BUR Futuropassato Euro 9,50


cascella mausoleo arcore

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regime marco travaglio

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