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Le case dei pastori all'Isola del Giglio

Scritto da : Sergio Rossi
Pubblicato in data : sabato, 11 dicembre 2004

Vogliamo riproporvi un altro scritto di Biagio detto "Bugia" sempre in tema di territorio e di ricordi legati alla coltivazione della terra ed all'allevamento della pastorizia. Sono testimonianze scritte in modo molto semplice che però dimostrano l'amore e l'attaccamento al proprio territorio. A.A. "Ci sono, sull'isola, cinque case a due piani, che furono costruite subito dopo il Castello; due di queste si trovano in località Finocchio, una allo Scoglio Nero, l'altra nella Valle di Sant'Antonio e una al Centopelle (località Corvo). Quasi tutte si trovano nella stessa zona, alla distanza di poche centinaia di metri l'una dall'altra. Il motivo si capisce bene perché, non essendoci state vigne ne grano, dato che il terreno non era molto adatto, veniva usato per la pastorizia e per questa attività erano state costruite le abitazioni. Sono case quadrate a due piani, grandi una decina di metri quadri e fatte tutte a lastre di pietra di granito; non hanno nessuna finestra e il tetto è a volta, con piccole lastre messe a spina di pesce, murate con argilla e infine uno strato di calce e sassi tritati per non farci piovere. Tutte di fianco hanno un recinto costruito con grosse lastre di granito, alte minimo tre metri. Queste servivano la sera per chiudere le capre e le pecore; qualcuna è anche divisa all'interno da un muro e si formava un altro locale che serviva per i maiali e le galline. Ci sono ancora delle vasche di granito scalpellato dove veniva messa dell'acqua o del foraggio. Nelle abitazioni, ormai in rovina, si notano ancora delle scaffalature fatte di stipiti di granito che servivano per poggiare il formaggio quando veniva messo ad asciugare e il camino basso a piano terra dove veniva bollito il latte per poi lavorarlo. Il piano superiore, invece, serviva per dormire, infatti nel muro ci sono ancora oggi delle buche dove venivano poggiati dei travi di legno da una parete all'altra e veniva fatto una specie di palco con delle tavole di traverso e della paglia sopra per renderlo più morbido. Li dormivano anche una decina di persone. La cosa più importante era l'acqua e visto che ne serviva molta anche per abbeverare le bestie, le case avevano tutte di fianco un deposito scavato nel masso, tipo una cisterna e questa veniva adoperata soprattutto durante il periodo estivo quando le valli della Vena e di Sant'Antonio non buttavano più per via della siccità. Nella campagna dell'isola ci sono decine e decine di palmenti: ogni proprietario di vigna ne aveva uno o addirittura due. Quelli più importanti per quanto riguarda la struttura e la capacità di contenere più vino delle altre, sono quelli della Valle del Corvo, del Dobbiarello e delle Secche. Si tratta di vasche scavate nel granito e fatte al tempo del Granducato di Toscana e si dice che per fare questa opera ai contadini veniva dato anche un contributo. Le tine venivano fatte in uno scoglio quasi sempre in discesa di modo che si potesse creare una vasca più alta e l'altra più bassa per dividere il vino dalle vinacce per mezzo di un buco scavato al centro. Queste strutture erano state realizzate degli stessi contadini per ridurre il lavoro: in quel modo portavano nelle cantine del Castello soltanto il liquido e invece di fare dieci viaggi di uva ne facevano solamente quattro di vino risparmiando tempo e fatica; il vino veniva trasportato con l'asino in otri di pelle di pecora o capra. Quando in seguito le stagioni cambiarono e in settembre le piogge davano fastidio, i contadini pensarono di costruire sopra la tina un palmento, cioè un capannello, fatto di sassi e calcina e con la volta di mattoni tritati, impastati sempre con la calcina della fornace del Franco. Sono anche murate alcune tine perché, quando venivano scavate, il masso non era compatto e sul fondo si trovavano delle venature, perciò, non essendo stagne, venivano stuccate con la stessa calcina".


capre epoca

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