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Un ricordo di guerra al Giglio

Scritto da : Sergio Rossi
Pubblicato in data : sabato, 27 novembre 2004

Riportiamo una interessante testimonianza del bombardamento di Monte Argentario nell’anno 1943 ricordata dal nostro compaesano Geom. Ivio Lubrani, stimato professionista, che ci parla anche le problematiche dei trasporti marittimi per l’Isola del Giglio di quel periodo. “Avevo undici anni – ci racconta Ivio Lubrani – ed ero partito il 23 novembre 1943 dal Giglio per un ricovero all’ospedale di Orbetello, affrontando una traversata terribile con la paranza di “Pela-Pela”. C’era un forte vento ed un mare grosso di levante che ci costrinse a navigare verso Giannutri per poi trovare un po’ di ridosso sotto l’Argentario. Per non stare all’intemperie, avendo la febbre alta, fui accettato gentilmente nella cabina di guida, ma ciò attenuò di poco la sofferenza ed il disagio della traversata, ad ogni ondata la prua della paranza si inabissava e l’acqua veniva scaraventata anche dentro la cabina che non era ben protetta, avendo i vetri per la maggior parte rotti. Dopo una settimana sono stato dimesso dall’ospedale ed ho preso alloggio insieme ai miei genitori nell’appartamento di mio zio Ivo Baffigi (maestro di musica) sito al 3° piano in un palazzo dietro il Monumento del Valle a Porto S.Stefano, in quel periodo lo zio Ivo era sfollato con la famiglia al Giglio. I collegamenti con il Giglio erano saltuari e sono stato costretto a rimanere a Porto S.Stefano sino alla mattina dell’otto dicembre. Il giorno precedente e precisamente nel pomeriggio, il porto del Valle si riempì fino all’inverosimile della flottiglia dei mezzi navali militari tedeschi. Ricordo che alla banchina del molo foraneo era ancorato un cacciatorpediniere che aveva in coperta, ai due lati, una serie di “coppe” dentro le quali erano state sistemate delle grosse mine (oltre un metro di diametro). C’erano una serie di zattere armate per la contraerea e diversi motosiluranti (i cosiddetti Mas) ed altri mezzi per un totale di oltre 50 natanti. Una tranquillità assoluta regnò nel porto sino alle ore 4 del giorno dopo, quando un rumore assordante mi svegliò di soprassalto. Quasi tutte le navi avevano acceso i motori e lasciarono nella mattinata il porto, tant’è che quando mi alzai, vidi pochi mezzi che vi erano rimasti. Erano circa le nove del mattino del giorno 8 dicembre 1943, una giornata meravigliosa, senza vento, con sole e temperatura quasi estiva ed il mare calmo piatto. Dopo oltre una settimana di sosta forzata a Porto S.Stefano per mancanza di collegamenti con l’Isola del Giglio, una persona venne ad avvisarci che il direttore della miniera di pirite del Campese di proprietà Montecatini aveva noleggiato una paranza per andare al Giglio ed avrebbe portato anche i gigliesi che si trovavano a Porto S.Stefano. Bisognava fare presto, e di corsa ci recammo dal Valle alla Pilarella da dove partì la paranza intorno a mezzogiorno. A qualche miglio fuori la punta Lividonia notammo verso Giannutri una squadriglia di fortezze volanti (forse una ventina) che si stavano avvicinando a noi ad una quota relativamente bassa. Dopo qualche minuto furono sulla nostra testa e ricordo che mio babbo mi suggerì di sdraiarmi per terra per paura di qualche attacco con mitragliamento. (Per coloro che non hanno vissuto in quel periodo è da ricordare che le fortezze volanti erano aerei quadrimotori, con quattro eliche, enormi e capaci di trasportare e lanciare tonnellate di bombe). Facevano rotta verso Grosseto e tutti pensammo che proprio questa città fosse l’obiettivo per un bombardamento, ma appena arrivate all’altezza di Talamone virarono verso Porto S.Stefano, proprio con una inversione di marcia, per meglio vedere l’obiettivo, e scaricarono tutte le bombe sul porto e sull’abitato di Porto S.Stefano e ritornarono verso Giannutri. Forti scoppi ed enormi colonne di fumo nero si levarono oltre il crinale dell’Argentario, mentre noi scioccati continuammo il viaggio verso l’Isola del Giglio. In pochi minuti si era consumata una tragedia, la più grande che abbia colpito la popolazione di Porto S.Stefano, ma fortunatamente attenuata dalla partenza anticipata di quasi tutta la flottiglia tedesca. Cosa sarebbe successo se le navi non fossero partite? Probabilmente tutti i mezzi che avevano trovato rifugio durante la notte nel porto sarebbero saltati in aria con tutto il loro carico di mine, siluri e munizioni con conseguenze che difficilmente si riesce ad immaginare. Lo spionaggio aveva funzionato per metà? Da quel giorno – conclude Ivio Lubrani nel suo racconto – ho sempre avuto un segno di rispetto e di riconoscenza per la Madonna per avermi fatto scampare da un pericolo che mi poteva costare la vita”.


torre del giglio porto

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