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Lettera aperta agli studenti nel giorno dello sciopero

Scritto da : Elena Maestrini
Pubblicato in data : martedì, 16 novembre 2004

Carissimi studenti, o meglio alunni, come più frequentemente ci piace chiamarvi, un termine che suggerisce una sorta di dipendenza (colui che deve essere alimentato, dal nostro sapere) rispetto al più autonomo studente, vi scrivo nella giornata dello sciopero generale della scuola, rimpiangendo di non essere a Roma a manifestare. Ma rimpiangendo soprattutto di non essere riuscita, con i colleghi della mia scuola, ad unire la mia rabbia alla vostra, durante l’autogestione, come qualcuno di voi ha lamentato. Ho la sensazione amara di un’occasione mancata, un’occasione di comunicazione fra insegnanti e studenti. Io, come molti miei colleghi, non avevo nessuna intenzione di boicottarvi, ma certo non vi abbiamo appoggiato a sufficienza, o almeno questo è il messaggio che è passato. Anche questa volta, come troppo spesso accade, non ci siamo capiti. E’ difficile il dialogo fra noi. Eppure parliamo insieme tutti i giorni di amore, di politica, di guerra, del senso della vita attraverso le parole dei poeti o i fatti della storia. Che fine fanno i nostri discorsi se quando dobbiamo comunicare veramente non ci riusciamo? Nella vita quotidiana in classe sembra che ci prendiate sul serio solo quando parliamo di voti. Ma neppure noi insegnanti vi prendiamo sul serio, quando fate qualcosa da voi, e consideriamo l’autogestione come uno stanco rituale che si ripete ogni anno, che ci sia o non ci sia un motivo di protesta. Quest’anno ce n’erano di motivi ed anche noi avremmo potuto unire alla vostra la nostra protesta, come avviene nella giornata di oggi. Una giornata il cui significato viene sottolineato dalla notizia dell’ultima stangata sulla scuola, quella del taglio di 17.000 posti di lavoro, su cui la ministra Moratti dice di non sapere nulla. Come se la sua politica fino ad ora non avesse avuto, se non come fine, sicuramente come effetto, la diminuzione drastica dei lavoratori della scuola: i tagli al tempo pieno nella scuola dell’obbligo, la riduzione delle ore di sostegno, l’abolizione delle ore a disposizione nelle superiori (un dato: solo all’ITC Cerboni già l’anno scorso, con un numero di studenti ancora in aumento, sono sparite più di due cattedre solo di materie letterarie), per non parlare degli effetti che avrà la riforma del superiore, che prevede 24 ore settimanali di lezione anziché le attuali 30 o addirittura 36. Cose di cui noi insegnanti ci siamo accorti da un pezzo, ma che non siamo riusciti a dire in modo efficace, se il nostro ministro ancora può far finta di non sapere. Il lavoro dell’insegnante in Italia è sempre più bistrattato, non solo per la retribuzione (gli stipendi degli insegnanti francesi o tedeschi ci sembrano stipendi da sogno!), ma anche per l’organizzazione del lavoro: formazione di cattedre senza coerenza, pericolo di essere trasferiti al di là dal mare… Eppure chi lo fa difficilmente lo cambierebbe con un altro, perché in realtà è il più bel lavoro che esista. E il bello è proprio in voi, studenti, alunni, perché ognuno di voi è un mondo da scoprire, scavando dietro quel muro di schemi, di voti, di nozioni imparate a memoria, che ci divide. Cari studenti, d’ora in poi cerchiamo di dialogare meglio fra noi, di avere una maggiore fiducia reciproca e poi di mettere insieme le nostre voci, di farci sentire. Fra poco usciranno i decreti attuativi della riforma della scuola superiore. Non sappiamo ancora il loro contenuto, ma certo è che dovranno attuare una legge che sancisce una distinzione fra scuola dei ricchi e scuola dei poveri. Non perdiamo altre occasioni. A domani, in classe


studenti itcg sit in

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