Il comunicato degli studenti dei licei è un segnale importante di vitalità in un panorama un po’ deprimente della nostra isola in versione autunnale, un sasso nello stagno di una società ansiosa del proprio presente ma fondamentalmente distratta dal proprio futuro. Ed è davvero importante che i nostri giovani siano capaci di rivolgere lo sguardo a quelli più giovani di loro –“non dobbiamo dimenticare che i ragazzi che ancora frequentano le elementari e le medie rappresentano il futuro della nostra società e nel 2004 non possiamo permetterci di offrire loro una struttura che ‘gode’ di precarie condizioni come questa”-, mentre le nostre generazioni di adulti non hanno avuto la stessa attenzione, concentrate come sono state sulla creazione di un benessere che è nulla se non si hanno strumenti culturali per “spenderlo”. L’intervento di Franco Cambi, che richiamava l’attenzione sulle felici possibilità offerte dall’uso dell’intera struttura ex Finanza come ‘campus’ scolastico, ha gettato un seme che sta germogliando. Non importa ora se la primogenitura dell’idea sia da attribuire piuttosto a Nurra (che effettivamente si era adoperato in quella direzione) o ad altri: è necessario concentrare ogni sforzo a ottenere subito un cambio di destinazione della struttura verso il progetto di polo scolastico-culturale, destinando –come suggerisce Tanelli nel suo intervento di oggi- gli edifici che si renderanno liberi con la nuova dislocazione delle scuole all’uso da parte degli Enti e dei soggetti che dovrebbero, nel disegno attuale, occupare una parte della ex Finanza: a cominciare dal Parco al Grigolo, che è la sede più bella del mondo; per proseguire con tutti gli altri, come meglio si riterrà. Maria Grazia Battaglini si è inserita col suo sogno nel solco aperto da Cambi, e Bramanti ci ha detto che quel sogno si può far divenire realtà. L’Amministrazione del più grande Comune elbano condivide la prospettiva. E difficilmente le altre potranno essere in disaccordo. Ora sappiamo anche di essere –noi tutti sognatori adulti- sulla stessa linea dei giovani studenti, e che parliamo delle stesse cose nello stesso modo. Non tutti e non di tutte, forse; ma può essere un buon inizio. Gli studenti si sono lamentati di essere stati trascurati dai loro insegnanti; e un Collegio di docenti di un istituto superiore avrebbe assunto una deliberazione, diciamo, impaziente nei confronti della manifestazione studentesca. Mi pare un peccato: in questi giorni, importanti commentatori –da Umberto Galimberti in un bellissimo articolo di domenica a Michele Serra in un articolo di oggi, su “Repubblica”- si soffermano a osservare il rapporto fra istituzione scolastica e studenti, mondo adulto e mondo giovanile, sottolineando il fatto che mondo adulto e istituzione sembrano incapaci di cogliere le sollecitazioni che vengono –in maniera disordinata o addirittura demenziale (come nel caso del liceo Parini di Milano)- dal mondo dei giovani, per ripiegarsi su di sé, pronti a prendere le distanze da fenomeni dei quali non saranno forse direttamente responsabili, ma che comunque si sono venuti formando sotto i loro occhi senza che se ne accorgessero. Probabilmente non è il nostro caso. Ma se qualcuno ha pensato che le manifestazioni odierne dei nostri studenti celassero una voglia di “vacanza straordinaria”, doveva coglier l’occasione per mostrare loro quanto delicato e costoso fosse il servizio al quale rinunciavano dopo averlo pagato, e quanto di conseguenza occorreva fosse impegnativa ogni attività che lo sostituisse. Doveva coglier l’occasione per parlare coi giovani utenti della “loro” scuola, dell’importanza che le attribuivano; e discutere a fondo nel caso che non gliene attribuissero quanto necessario o dovuto. Doveva coinvolgere i genitori, così inclini a delegare alla scuola l’assistenza al travaglio di crescita dei loro figli, per spiegare che la scuola è utile solo se si hanno forti motivazioni, e che le motivazioni sono ispirate dai modelli adulti. Doveva cogliere l’occasione per leggere i testi dei disegni di legge del ministro Moratti, per capire che forse il problema non è tanto o non è solo quello della penalizzazione della scuola pubblica rispetto alla privata, ma riguarda piuttosto quale scuola (pubblica o privata) il ministro e i suoi consulenti stiano preparando, e per quale società: lavorando nello specifico, con attenzione alle singole parti del testo, ai significati delle parole, alla filosofia e alla visione storica che esso trasmette, ai conti e ai numeri che vi sono contenuti; e allora l’autogestione studentesca poteva divenire ancor più una presa di coscienza dei problemi di tutta la scuola –oltre quelli gravissimi degli edifici-, fatta con gli strumenti della scuola –analisi testuale, sintattica, logica; storica, filosofica, matematica, ecc.-, per dimostrare che andare a scuola serve a capire e a capirsi, e quindi a prendere atto dei problemi e ad avviarne la soluzione. La scuola che parla di sé per tornare alla scuola che parla del mondo: forse davvero un’occasione di cui ringraziare gli studenti e da programmare come appuntamento fisso di ogni anno. Provo a immaginare una settimana di tal genere organizzata al ‘campus’ della ex Finanza, con i ragazzi di tutte le scuole di Portoferraio che ospitano i ragazzi e gli insegnanti delle scuole di tutta l’Elba, con il contributo di persone interessanti, a parlare di scuola e di giovani. Un altro sogno? Intanto, in questo scorcio di “autogestione”, non lasciamo cadere le sollecitazioni o le provocazioni che ci vengono dai nostri colleghi cittadini più giovani: a cominciare da chi è istituzionalmente coinvolto –insegnanti e dirigenti, amministratori- a chi è coinvolto come compartecipe, genitore o educatore. Parliamo, discutiamo, dibattiamo, fintanto che non ci sia più nessuno, da qualunque parte ci si voglia collocare, che possa pensare a questi giorni di scuola autogestiti come a una perdita di tempo.
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